La Piramide Cestia fa parte dell’immaginario di Roma da tempo e forse proprio per questo ha suscitato l’interesse del giapponese Yuzo Yagi, ricco imprenditore tessile della Tsusho Limited e distributore nel suo Paese della Moncler, che ha donato, per la seconda volta, al Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo un milione di euro per il restyling del monumento.
Esso fu probabilmente costruito tra il 18 e il 12 a.C., come attesta l’iscrizione visibile sul lato occidentale, per Gaio Cestio Epulone, che annoverava nella sua carriera la nomina a pretore nel 44 a.C., quella di tribuno della plebe e di membro del collegio dei Septemviri Epulones, sacerdoti preposti all’organizzazione dei banchetti tenuti in occasione di feste religiose. Una seconda iscrizione in caratteri più piccoli, posta sul lato orientale del sepolcro, afferma che l’opera venne realizzata dai suoi eredi, per disposizione testamentaria, in meno di 330 giorni. Non fu invece possibile esaudire un’altra volontà del defunto, ovvero deporre nella tomba i preziosi arazzi pergameni (attalica) di sua proprietà, a causa di una legge che mirava a limitare l’ostentazione del lusso, emanata nel 18 a.C. Con i profitti della vendita di questi arazzi furono così realizzate due statue in bronzo raffiguranti il defunto, collocate sul lato occidentale del mausoleo. Di esse restano solo le basi iscritte (ora conservate ai Musei Capitolini), in cui sono menzionati alcuni degli eredi e beneficiari del testamento, tra i quali Lucio Cestio, fratello del defunto, e Marco Agrippa, cui si deve l’erezione del Pantheon a Roma.
Eretta lungo la Via Ostiense, strada di grande traffico che provenendo dal Foro Boario conduceva all’antico porto di Roma, la Piramide costituisce attualmente l’unico esemplare superstite di una serie di monumenti costruiti a Roma nel I sec. a.C. ed ispirati a modelli egiziani, di età tolemaica più che faraonica, espressioni di quella ‘moda egizia’ diffusasi nel 30 a.C., dopo la conquista dell’Egitto ad opera di Augusto.
La Piramide è costituita da blocchi di marmo su una struttura in opera cementizia. Sul lato ovest una piccola porta (aperta nel Seicento dopo un tentativo di accesso attraverso un cunicolo scavato ad opera dei cercatori di tesori in un momento imprecisato del Medioevo, nel quale fu asportata l’urna con le ceneri del defunto e sfondata la volta per cercare altri ambienti) conduce, attraverso un lungo corridoio, all’unica cella funeraria coperta da una volta a botte, la cui cubatura costituisce poco più dell’1% del volume complessivo del monumento. Il rivestimento delle pareti in mattoni è tra i primi esempi databili di utilizzo del laterizio in Roma.
Le pareti, intonacate, erano state decorate con affreschi riferibili al cosiddetto ‘terzo stile’ pompeiano: pannelli con candelabri che inquadravano donne in piedi e sedute, in gran parte oggi scomparse, mentre quattro vittorie con corone decoravano gli angoli del soffitto, segnalando il centro della volta, dove era probabilmente dipinta l’apoteosi di Gaio Cestio. Ai quattro angoli del monumento in esterno vi erano altrettante colonne poste su alte basi: soltanto due di esse furono rinvenute e ricollocate nella loro posizione originaria nel 1663, durante il restauro effettuato per volontà di papa Alessandro VII, ricordato da una terza iscrizione incisa sul monumento.
La Piramide Cestia deve la sua sopravvivenza al fatto di essere stata inglobata nella cinta muraria, iniziata nel 272 d.C. dall’imperatore Aureliano, che utilizzò in notevole misura anche altre costruzioni preesistenti e situate lungo il percorso. Nel Medioevo, insieme a Porta San Paolo, detta all’epoca Porta Ostiensis, faceva parte del sistema difensivo cittadino e fu segnalata come Meta Remi, ovvero tomba di Remo in rapporto con la tomba di Romolo situata in Vaticano e demolita nel 1499 da papa Alessandro VI Borgia per costruire la via Alessandrina, più tardi chiamata Borgo Nuovo.
Gli attuali lavori di restauro, eseguiti dai tecnici della Soprintendenza Speciale per i Beni Archeologici di Roma e dell’Istituto Superiore Centrale per il Restauro, si sono concentrati in due fasi e hanno essenzialmente provveduto mediante una sostanza biocida alla rimozione delle piante che erano cresciute negli interstizi tra i blocchi marmorei di rivestimento, al trattamento delle patine presenti sui blocchi con l’applicazione di prodotti appositi in rapporto all’intensità dell’alterazione e all’effetto riscontrato, al consolidamento delle strutture, alla rimozione delle stuccature non più funzionali e alla stabilizzazione dei perni o staffe già utilizzate negli altri restauri effettuati. È stato inoltre realizzato un rilievo a scansione laser dell’intera struttura e l’installazione all’apice di un antenna anti fulmine oltre a quattro micro- perni che consentiranno il periodico restauro e controllo dell’edificio ad arrampicatori specializzati.
Abbiamo intervistato Rita Paris, funzionario archeologo della Soprintendenza Speciale per i Beni Archeologici di Roma preposto alla zona e direttore del Museo Nazionale Romano a Palazzo Massimo, su questo argomento.
Mi illustra la figura di questo magnate giapponese?
Circa tre anni fa questo Yuzo Yaghi è venuto in Italia per donare un milione di euro con la finalità di restaurare un monumento. Egli è un imprenditore di una nota industria tessile in Giappone, che ha anche una sede a Milano e presidente della Yaghi Tsusho Limited. Gli abbiamo fatto visitare la Piramide di G. Cestio, che aveva bisogno di interventi. Egli ha visto il monumento, ed è anche entrato nella camera funeraria constatando il degrado e lo sporco delle superfici esterne ed interne. Poi è tornato in Giappone, ha riflettuto dopo aver ricevuto tutta la documentazione scientifica e tecnica sul monumento e su quale sarebbe stato il programma dei lavori da effettuare. In seguito egli ci ha comunicato che aveva deciso di donare questo milione per restaurare la Piramide; naturalmente gli abbiamo fatto presente che un milione era sufficiente soltanto per un primo stralcio dei lavori, in quanto il costo vero e proprio dell’intero restauro della Piramide era molto di più.
Come la Soprintendenza Speciale per i Beni Archeologici di Roma è entrata in contatto con questo personaggio che ha sovvenzionato il restauro?
A noi è arrivato tramite il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, tramite la Direzione Generale alle Antichità dello stesso. Probabilmente il personaggio ha avuto contatti sia col Comune di Roma che con le direzioni generali del Ministero, poi ha optato per questo monumento che appartiene allo Stato ed è in consegna alla nostra Soprintendenza.
Come è configurata l’erogazione liberale da un punto di vista normativo?
Per quanto riguarda l’accordo della donazione, vi è stato un contratto con la consulenza dell’ufficio legislativo del Ministero e con il procuratore e l’avvocato della società del magnate giapponese, e si è potuta redigere nella forma dell’erogazione liberale. Non si tratta di una sponsorizzazione, che deve rispondere a delle regole di trasparenza (deve essere fatto un bando pubblico in cui la Soprintendenza dichiara di voler ricorrere a sponsorizzazioni per eseguire alcuni lavori). In questo caso, trattandosi di un’erogazione liberale, non è stato necessario fare questo bando, perché il donatore non chiede nulla in cambio se non quello previsto come di norma, ovvero il pubblico ringraziamento, e la citazione del suo nome.
Come avete proceduto nel restauro del monumento?
Quando il magnate giapponese ha donato questo milione noi abbiamo iniziato i lavori nel marzo del 2013, dopo la sua visita al cantiere; l’avvio dei lavori è seguito ad una gara di appalto. Il progetto è d’eccellenza, e progettista e direttore dei lavori è l’architetto Maria Grazia Filetici della Soprintendenza. Abbiamo chiesto e ottenuto la consulenza dell’Istituto Superiore Centrale per il Restauro che fa parte del Ministero. Sono state messe in campo le tecniche più avanzate sia per il restauro della pietra, sia per il necessario consolidamento dei blocchi: la Piramide è stata infatti realizzata con i marmi di rivestimento posati a secco sul conglomerato cementizio di base, e costruita in 333 giorni. Ci si è concentrati non sulla camera interna già restaurata in precedenza, ma sugli interventi di ripulitura e conservazione, e sul consolidamento statico dei blocchi esterni della Piramide. Abbiamo lavorato montando un ponteggio su tutti e quattro i lati dell’edificio: si è partiti dalla punta e si è scesi fino all’ottavo livello di pietre di rivestimento dall’alto. Completati questi lavori con vari giorni di anticipo sul programma, abbiamo informato il donatore di aver completato solo un terzo del lavoro (avevamo aperto anche una pagina web dedicata a questo restauro sul sito della Soprintendenza come era negli accordi, ma anche per tenere sempre informati sia i cittadini che il nostro donatore) e lo abbiamo invitato a visitare il cantiere (cosa che egli ha fatto il 10 ottobre scorso) e a considerare la possibilità di una seconda donazione.
Inoltre sono state adottate delle precauzioni dal punto di vista della protezione della superficie restaurata, (oggi questo è possibile perché naturalmente i prodotti che sono stati usati e gli studi tecnico- scientifici sono andati avanti), il che permetterà di mantenere un livello elevato di pulizia dei blocchi di marmo, anche per il futuro, per evitare che il lavoro fatto venga neutralizzato dagli agenti atmosferici e dallo smog. Per poter procedere anche a dei controlli e a nuovi trattamenti, sono stati inseriti in vari punti della Piramide dei perni di acciaio che permetteranno a rocciatori specializzati di intervenire, ovvero non sarà più necessario realizzare nuovi ponteggi per salire, ma si potrà procedere a controlli mediante una scalata grazie a questi ganci posizionati sulle facciate. Un’altra novità realizzata dalla Soprintendenza è l’accesso secondo le norme di sicurezza: infatti prima alla Piramide si accedeva grazie ad una rampa che non era a norma, non solo per i diversamente abili, ma anche per le persone normali. Vi erano scalini molto ripidi e quindi bisognava ovviare a questo problema: è stata così realizzata una rampa sul lato di via Persichetti, sfruttando l’interro che abbiamo indagato con un vero scavo archeologico, per verificare che non vi fossero delle stratigrafie di qualche interesse.
Questo porterà cambiamenti alla viabilità locale? Ho letto di una possibile chiusura di via Persichetti.
Di suo questo lavoro non porta cambiamenti alla viabilità, perché si può accedere a questa rampa e l’ingresso alla Piramide sarà comunque da quel lato. Quello che noi abbiamo chiesto e chiederemo al Comune di Roma è di eliminare il traffico in quel breve tratto di strada che crea innanzitutto una forte limitazione alla accessibilità del monumento, dato che si trova proprio dove passano i veicoli. Il marciapiede è stretto, quindi è pericoloso e non utile che si entri in un monumento mentre le macchine vi sfrecciano accanto. Inoltre il passaggio delle macchine risulta pericoloso soprattutto per l’inquinamento e per l’effetto dei gas di scarico sul monumento.
Quali sono state le tempistiche di questo primo lotto di restauro?
Rispetto ad un primo intervento di restauro che era stato fatto intorno al 2000 ed aveva riguardato solo una parte della parete, stavolta i lavori sono stati più estesi: pensavamo addirittura di finire nel marzo 2014, invece abbiamo terminato con 150 giorni di anticipo.
Ho letto che avete scoperto che l’acustica della sala interna della Piramide è particolare: me ne può parlare meglio?
Si è registrato che all’interno della Piramide vi è un’acustica particolare che amplifica i suoni all’interno, ma permette anche di avere una buona acustica di quanto avviene all’esterno e questo è sicuramente determinato dalla tecnica costruttiva, ossia dal fatto che questi blocchi sono posati a secco. La camera interna era già stata oggetto di restauri da parte della Soprintendenza nel 2000, che hanno fatto emergere affreschi del cosiddetto ‘terzo stile’, raro per Roma perché qui affreschi di tale tipologia ne sono conservati pochissimi.
Quando sarà resa praticabile al pubblico la Piramide?
Il magnate ha deciso di donare un altro milione. Questo, con delle piccole integrazioni dovute ai nostri finanziamenti, ci permetterà di completare il restauro su tutti i lati del monumento e arrivare fino alle quote più in basso verso le fondamenta, ottimizzando il ponteggio già allestito che ha avuto un costo molto consistente: sarebbe stato un peccato doversi fermare, smontare tutto e poi doverlo riallestire in un momento successivo. Grazie a questa seconda donazione noi saremo in grado, entro la fine del 2014 ,di completare l’intero restauro, consolidamento, pulitura di tutti e quattro i lati della Piramide.
La Piramide entrerà in un circuito di visita con altri monumenti?
La Piramide era inserita nelle Mura Aureliane che sono state tagliate, come in altre parti della città, anche lì. Se ne vedono le parti ancora attaccate al monumento stesso, che fu inglobato in questa cinta essendo molto più antico di essa. Subito accanto abbiamo il Museo della Via Ostiense, realizzato nell’edificio di Porta San Paolo, che è un bellissimo spazio museale, oggi poco valorizzato. Il programma è quello di mettere insieme e valorizzare questo complesso costituito dalle mura, dalla Porta San Paolo e dalla Piramide.
Che rapporto c’è tra la scoperta del sepolcreto avvenuta di recente nei pressi di via Ostiense per lavori di impiantistica e questo monumento?
Non c’è un rapporto tra questi ritrovamenti avvenuti negli ultimi anni. Una scoperta, dovuta a lavori per la sostituzione dei binari del tram, riguardava un sepolcreto proprio nel Piazzale Ostiense. Immediatamente sotto i binari abbiamo trovato tante sepolture: è stato interessante perché ci ha confermato l’usanza di seppellire a ridosso o subito fuori delle Mura. Ancora più importante un ritrovamento a seguito di uno scavo proprio davanti alla Piramide, nel quale abbiamo trovato, negli strati più recenti, forse degli inizi del Novecento, tante scarpe, tantissime scarpe usate, ma ben conservate, di bambini, di donne e di uomini. Tutto è ancora allo studio per capire quale episodio storico abbia una relazione con questa scoperta. Inoltre probabilmente è stato trovato il tratto di un grande portico coperto che collegava Piazzale Ostiense, cioè la Porta nelle Mura, alla Basilica di San Paolo. Portico di cui eravamo a conoscenza, ma di cui non era mai stata finora trovata alcuna traccia archeologica. Ma non vi è nessuna relazione con la Piramide di Gaio Cestio, monumento singolare creato in quel momento particolare a Roma (il I secolo a.C.) in cui la moda era orientata verso queste costruzioni di ispirazione egiziana. Dopo la conquista dell’Egitto questa moda penetra in città e la Piramide è uno di questi monumenti, voluti da un personaggio affascinato da questa tendenza.
Mi può parlare della figura di Gaio Cestio, committente-destinatario del sepolcro?
Questo personaggio ha fatto costruire la Piramide, imponendo anche i tempi per la sua realizzazione, come monumento funerario ispirato alle Piramidi dell’Egitto soltanto nella forma e non nella tecnica costruttiva, che è tutta romana, ossia con un nucleo cementizio rivestito da blocchi marmorei, come tanti altri. Rientra nella volontà di certi personaggi di rango l’affermare il proprio status attraverso la realizzazione di questi monumenti funerari, un po’ come quello di Cecilia Metella, per conservare la memoria di sè. Tutto quello che conosciamo della Piramide è noto dalla sua iscrizione. Gaio Cestio è stato pretore intorno al 44 a.C. a Roma e fu un personaggio pubblico, preposto all’organizzazione dei banchetti in occasione di feste religiose. Il defunto, ossia Gaio Cestio, avrebbe voluto arricchire l’interno della tomba con arazzi preziosi provenienti dall’Oriente, ma ciò non fu possibile per la legge che limitava il lusso all’interno delle sepolture e quindi al posto di tale decorazione vennero realizzate due statue di bronzo che raffiguravano il defunto, perdute, come molte delle opere in metallo dell’antichità. Ne rimangono le basi iscritte, conservate nei Musei Capitolini, attraverso le quali restava testimonianza iconografica di questo personaggio.