mercoledì, 22 Marzo
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La Palestina manifesta per Yarmouk

Manifestazione per Yarmouk a Gaza CIty (Foto: Emma Mancini)
Manifestazione per Yarmouk a Gaza CIty (Foto: Emma Mancini)

Gaza City – La guerra civile siriana contagia il mondo arabo: la centralità che Damasco ha sempre rivestito negli equilibri politici mediorientali non può che riverberarsi sui Paesi vicini. Tra questi la Palestina che in questi giorni è scesa in piazza in solidarietà con il campo profughi palestinese di Yarmouk, nella capitale siriana. Da Betlemme a Gaza City, forze politiche palestinesi e gruppi di giovani attivisti manifestano e emettono dichiarazioni ufficiali per chiedere ai propri leader e alle Nazioni Unite di intervenire a favore dei migliaia di rifugiati palestinesi ostaggi sia dei ribelli che delle truppe del regime di Bashar al-Assad.

La portata del dramma che sta vivendo il campo – ormai da mesi al centro del conflitto tra opposizioni armate e governo –  sta nei numeri: almeno 41 palestinesi sono morti di fame a Yarmouk. Morti di malnutrizione per l’impossibilità di reperire cibo e aiuti umanitari. In solidarietà con Yarmouk in questi giorni sono scesi in piazza tanti palestinesi del mondo arabo: a Gaza, Haifa, Ramallah, Amman, Beirut e il campo profughi di Ei nel-Hilweh. Le radio palestinesi e le televisioni in Cisgiordania hanno dedicato spazio nella programmazione per trattare la crisi del campo in Siria. A Gerusalemme giovani palestinesi hanno lanciato un sit-in di fronte alla sede della Croce Rossa, nel quartiere di Sheikh Jarrah.

A Gaza il neonato gruppo Intifada Youth Coalition è scesa in piazza martedì pomeriggio: hanno marciato cantando slogan e sventolando delle pagnotte, simbolo della fame che sta attanagliando i profughi palestinesi a Damasco. Hanno sfilato verso la sede di Fatah a Gaza, dove hanno consegnato il pane simbolo della lotta, e poi verso il Parlamento dove hanno incontrato il vicepresidente del Palestinian Legislative Council.

In tutta la Palestina sono state indette azioni per rivendicare la necessità di un intervento – ci spiega uno degli organizzatori, Majed Abu SalamaSiamo stanchi, non siamo più disposti ad aspettare ancora. Questa marcia non è autorizzata, la polizia ci ha rilasciato il permesso solo per un sit-in, ma oggi marceremo verso il Parlamento per dire ai nostri leader che il silenzio non è più accettabile”. “Avremmo voluto che in piazza oggi scendessero centinaia di persone – aggiunge Majed – Si tratta di Yarmouk. Ma i gazawi sono stanchi, mostrano solidarietà ma a distanza, perché presi da tanti problemi quotidiani, dall’elettricità al carburante, dall’acqua all’embargo”.

Tra i manifestanti in marcia, ci sono anche alcuni profughi di Yarmouk. Rifugiati due volte: con l’intensificarsi del conflitto in Siria, decine di migliaia di profughi palestinesi hanno deciso di abbandonare le proprie case nei campi siriani per cercare protezione all’estero. Così, se prima dello scoppio della guerra civile a Yarmouk vivevano 250mila palestinesi, oggi se ne contano solo 18mila. Alcuni sono finiti a Gaza. Tra loro Mohammed, poco più di 20 anni: “Sono qui con i miei due fratelli – ci racconta – Il resto della mia famiglia, i miei genitori e le mie sorelle sono ancora a Yarmouk, sotto assedio. Siamo riusciti a parlare con loro, la situazione è disastrosa. Sono intrappolati dentro il campo, senza alcun aiuto esterno”.

Martedì l’Organizzazione per la Liberazione della Palestina (OLP) ha tentato di entrare a Yarmouk, ma un gruppo di miliziani islamisti ha aperto il fuoco contro il convoglio di aiuti. A riportarlo è il capo della delegazione dell’OLP a Damasco, Ahmad Al-Majdalani. Gli fa eco Adnan Ibrahim, leader di Fatah in Siria: i camion con tonnellate di cibo e medicinali sono stati costretti alla ritirata dopo che i guerriglieri, che controllano gran parte di Yarmouk, hanno sparato contro il convoglio. Secondo altri testimoni, i ribelli avrebbe anche impedito ad alcuni anziani di lasciare il campo per ricevere cure mediche.

E se dentro il campo a dettare legge sono i ribelli – per lo più legati ad Al Qaeda e al laico Esercito Libero Siriano – che tengono sotto controllo gran parte dell’area da dicembre 2012, fuori l’assedio è cinto dall’esercito di Assad. Un conflitto nel conflitto: la popolazione palestinese paga lo scotto del sostegno garantito dalle brigate del campo al presidente siriano. Seppure in passato alcuni giovani palestinesi abbiano deciso di unirsi alle file delle opposizioni, la maggior parte delle formazioni politiche presenti a Yarmouk e negli altri campi profughi in Siria sono rimaste fedeli al regime alawita.

Estremamente preoccupate le Nazioni Unite: il portavoce dell’UNRWA (agenzia Onu per i rifugiati palestinesi), Chris Gunness, ha parlato di «una profonda sofferenza civile a Yarmouk con un aumento della malnutrizione e l’assenza di cure mediche, in particolare per coloro che hanno riportato ferite negli scontri e per le donne in procinto di partorire». «Sottolineo la necessità immediata – ha aggiunto Gunness – che le autorità siriane e le altre parti permettano e facilitino un accesso umanitario per garantirci di assistere i civili intrappolati». Mancano acqua e elettricità, ma soprattutto cibo: drammatiche le prospettive se l’assedio dovesse proseguire a lungo.

In vista della conferenza di pace di Ginevra 2, sponsorizzata da Mosca e Washington per far sedere allo stesso tavolo regime e opposizioni, lunedì il segretario di Stato statunitense Kerry e il ministro degli Esteri russo Lavrov hanno trattato la questione dell’apertura di un corridoio umanitario in alcune aree del Paese, al fine di permettere l’ingresso degli aiuti. Un cessate il fuoco localizzato che interesserà solo determinate zone, le più colpite dagli scontri tra esercito e miliziani. Il governo di Damasco ha accolto l’appello, dicendosi pronto a discuterne. Silenzio, per ora, dalle opposizioni impegnate in una dura faida interna: da una parte fazioni laiche – la Coalizione Nazionale e l’Esercito Libero Siriano – e dall’altra il gruppo qaedista dello Stato Islamico dell’Iraq e del Levante (ISIL), che in pochi mesi ha assunto il controllo di molte comunità a Nord. Negli ultimi giorni, la spaccatura si è allargata: altri gruppi islamisti, come il Fronte al-Nusra, vicino ad Al Qaeda, hanno denunciato le violazioni dell’ISIL, lanciandosi in battaglie intestine che stanno provocando altri morti tra i civili siriani.

 

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