Solo un’ Impresa Sociale profit o non profit può soddisfare alcune caratteristiche della Generazione Z (Gen Z) o quantomeno ha il potenziale e la dinamicità creativa per essere considerata l’habitat imprenditoriale dove si può ‘essere’ e non solo ‘esistere’.
Ad ogni generazione (una generazione succede ad un’altra su un arco temporale di 25 anni, il tempo medio dalla nascita di un genitore alla nascita del figlio) il mondo economico ha imposto un certo tipo di impresa e questo potrebbe essere il paradigma tradizionale che si attaglia ai vari segmenti di popolazione.
Con la Gen Z il paradigma si inverte: sono i giovani che scelgono il tipo di azienda le cui caratteristiche siano attive, percepite e performanti secondo il loro profilo culturale.
La Gen Z, con un’età tra gli 11 e i 25 anni, rappresenta una coorte di oltre 10 milioni di giovani cittadini italiani che comunque, e velocemente, influenza le strategie delle imprese. Sono i cittadini che contribuiscono a creare e gestire il futuro del nostro Paese. Pur in presenza di un debito pubblico inarrestabile e di una pandemia-sindemia-endemia, la Gen Z si assume il rischio di cambiare e di diventare ‘disruptive’.
Le ricerche sociologiche, economiche ed antropologiche sottolineano una forza di cambiamento delle Gen Z per questi motivi:
- E’ una generazione nativa digitale che cresce con il cellulare in mano ed è ‘mobile first’ (il 97% ha uno Smartphone). L’impresa deve imparare velocemente ed approfonditamente il digitale per avere almeno un terreno comune di comunicazione e di marketing attivo per mantenere e sviluppare questo 15% della popolazione italiana che ha una progressione di cambiamento molto alta;
- E’ una generazione che ‘condivide e che si connette sempre’ con i propri pari e prevale un senso sociale ed altruistico. Se il sistema Paese non si adegua si sviluppano barriere ed incomunicabilità fra i segmenti di popolazione;
- E’ connessa per circa 3h40’ al giorno e il cellulare è per 7 su 10 il modo migliore per ‘stare in rete’.
- E’ generazione che non investe più di 8 secondi per interpretare; quindi orientata all’immagine ed a Youtube.
- Il post gender ed il post race sono la normalità apprezzata. L’impresa sociale deve impegnare le persone con un lavoro che ha senso e con un modello organizzativo che ha in sé la fiducia reciproca e dove i giovani non si sentono ‘sbagliati’. La pandemia ha accelerato questa visione e la formazione (sia ‘learning by doing’ sia ‘on line’) è la chiave di mantenimento e di sviluppo del senso e dello scopo della vita.
- E’ il ‘purpose’ personale che determina il ‘purpose aziendale’.
Il purpose deve irradiarsi da noi: aiuta a sbloccare il tuo pieno potenziale ed entrare nel cosiddetto flow. Secondo lo psicologo Mihaly Csikszentmihalyi, il flow è lo stato che ogni essere umano è in grado di raggiungere quando è impegnato in qualcosa che lo appassiona e lo motiva nel profondo.
Il purpose personale, in
Una ricerca ha evidenziato il PYD (Positive Youth Development) dove la dimensione del caring è la più gettonata e sentita come propria (4.2 su scala 0-5). Confidence, character,
Funziona sempre meno la partecipazione religiosa e la fede, come nelle generazioni precedenti, uscendo da ciò che non convince e che non si basa su esperienza (‘ontologia continua’?) .
Le imprese dovranno sviluppare una habitat aziendale a prova di Nerd (smanettone del computer, ama le scienze, porta gli occhiali e veste sempre casual). Non è più il secchione appassionato di nuove tecnologie; ha soft skills interpretate in chiave anche tecnologica ed è un intreccio di intelligenza, senso etico e creatività.
Le imprese ‘Gen Z oriented’ devono usare Snapchat, Instagram, Youtube, TikTok, Twitter, Facebook e strutturare relazioni di conversazione che ti danno e dimostrano sicurezza e sono attenti alle narrazioni manipolanti. Essi basano i propri sogni su una realtà sedimentata. Il portfolio prodotti servizi delle imprese deve trasmettere valore sia economico sia di soddisfazione.
La popolazione italiana è composta dalle seguenti generazioni: 1) Generazione dei Boomer (1945-1965); 2) Generazione della Transizione, la Gen X (1965-80); 3) la Generazione del Millennio e delle Reti, i Millennials (1980-96); 4) la Generazione ‘I’, la Gen Z (1996-2010) e infine 5) la Generazione Alfa (2010-25).
Alcune imprese trascurano la Gen Z perché giovane e economicamente insignificante. In realtà, questa coorte di cittadini è già in grado di influenzare culturalmente, tecnologicamente ed economicamente la nostra società; essa esprime impegno sociale, è responsabile e valuta gli acquisti ricercando la simmetria comunicativa (si ridimensiona la ‘asimmetria informativa’).
Le pari opportunità non sono solo quelle di genere, ma anche quelle generazionali.
Nel PNRR, il raccordo con i giovani, infatti, è tema trasversale in quasi tutte le 6 missioni del piano. Le pari opportunità generazionali devono colmare il deficit occupazionale dei giovani in era COVID-19.
Le PMI (94% ca.delle imprese italiane) saranno il vero campo di sperimentazione per applicare le azioni PNRR utili a recuperare il potenziale della Gen Z. I dipendenti sono il vero asset della PMI, ma è palese quanto la ricerca e l’attrazione di giovani lavoratori qualificati risulti una difficoltà soprattutto per le organizzazioni minori.
Bisogna adottare una serie di misure: la ricerca di un equilibrio tra lavoro, famiglia e tempo libero, la responsabilizzazione del personale, il facilitare le assunzioni di persone appartenenti a categorie particolari (giovani donne, minoranze etniche) e il miglioramento dell’istruzione e della formazione in modo che sia facilitato il passaggio dei giovani al mondo del lavoro che ha una nuova agenda di settori e di opportunità.
Per esempio la Missione 5 del PNRR sviluppa proposte di istruzione e formazione (apprendistato duale che è una tipologia di contratto a causa mista che prevede la concomitanza di istruzione e formazione professionale) e di ‘Servizio Civile Universale’.
Tutte queste Missioni si concretizzano in ‘riforme abilitanti’ che offrono al sistema il loro ruolo trasformativo e ad ‘effetto leva’. C’è poi un acronimo che genera curiosità: NEET (Not in
Per esempio, a Milano il COVID-19 ha aumentato il numero dei NEET; sono circa 50mila (prevalentemente giovani), scoraggiati e demotivati e non cercano lavoro (alcuni colpiti da burn-out di ricerca di lavoro). Tante porte chiuse e limiti di mercato. Il tasso di disoccupazione alla fine 2020, per i giovani 15-24 anni, era del 22,0%. Questo cluster è tutto dentro nella Generazione Z (Gen Z) ed è necessario trovare azioni efficaci (politiche attive del lavoro,di incentivo a studiare?) per sviluppare una propensione a lavorare, a studiare ed a fare formazione.
E’ comunque un tema che non coinvolge solo la passività dei giovani, ma anche il ruolo attivo delle imprese che devono, nella loro responsabilità sociale, sviluppare un tipo di impresa dove i giovani non si sentono ‘sbagliati’ e dove possono realizzarsi. Commitment e compliance con la Gen Z nell’impresa sociale.