Nei giorni scorsi, il Senato francese ha approvato un disegno di legge che vincola le società operanti nel settore dell’alta tecnologia a pagare un’imposta corrispondente al 3% del fatturato. La tassa prenderà di mira alcune decine di grandi imprese tecnologiche di tutto il mondo, a partire da quelle statunitensi. Google-Alphabet, Amazon, Apple e primis, ma anche la cinese Alibaba e la stessa piattaforma pubblicitaria francese Critero, oltre ad aziende tedesche, spagnole, britanniche, ecc.
L’imposta, che secondo le stime formulate dagli specialisti del Ministero dell’Economia francese dovrebbe garantire all’erario di Parigi non meno di 500 milioni di euro di entrate ogni anno, fa seguito alle reiterate accuse mosse da gran parte dei governi europei e dalle istituzioni comunitarie contro le grandi piattaforme digitali quali Facebook e Amazon, tacciate di ricorrere alle strutture fiscali vigenti a Paesi a bassa tassazione quali Olanda e Irlanda con lo scopo deliberato di evitare il pagamento delle tasse nei singoli Paesi in cui operano e dai quali macinano grossi ricavi – nella sola Francia, si parla di 25 milioni di euro all’anno. Nello specifico, la Commissione Europea ha calcolato che grazie a queste pratiche discutibili le grandi imprese hi-tech paghino una percentuale di tasse effettiva inferiore al 10%, a fronte del 23% versato dalle aziende operanti nei settori tipici della Old Economy quali quelli industriali.
Naturalmente, il provvedimento francese ha suscitato la dura reazione dell’amministrazione Trump, a detta della quale la tassazione appena introdotta va a penalizzare indebitamente l’export statunitense dell’alta tecnologica. Il rappresentante al Commercio Robert Lighthizer, dal canto suo, ha annunciato l’imminente apertura di un’indagine rivolta ad acclarare se l’imposta costituisca un atto discriminatorio nei confronti degli Usa, risfoderando di fatto lo stesso meccanismo impiegato mesi fa per imporre dazi contro le merci cinesi e contro-tariffe contro l’Unione Europea per le sovvenzioni statali erogate a beneficio di Airbus, in merito alle quali è previsto un pronunciamento definitivo da parte dell’Organizzazione Mondiale del Commercio entro il prossimo settembre.
Invocando l’articolo 301 del Trade Act del 1974, il presidente Donald Trump potrebbe verosimilmente introdurre nuovi dazi nei confronti dell’Unione Europea in generale e contro la Francia in particolare – specie per quanto concerne l’export di vino e automobili – come rappresaglia per la mossa di Parigi, nonostante il ministro dell’Economia francese Bruno Le Maire abbia rimarcato che «la Francia è uno Stato sovrano. Prende decisioni sovrane in materia fiscale e continuerà a prenderle», e che «tra alleati, possiamo e dobbiamo risolvere le nostre controversie senza ricorrere a minacce».