mercoledì, 29 Marzo
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La bolla immobiliare neozelandese

Anche in Nuova Zelanda, così come in Australia, prosegue il dibattito inerente il ruolo delle recenti speculazioni nel settore immobiliare del Paese, un fenomeno in costante crescita che impone delle domande circa il ruolo del mattone nell’economia nazionale e che ha portato a chiedersi in che modo di possa contrastare la bolla immobiliare che si sta sviluppando.

La Nuova Zelanda, grazie a politiche economiche e fiscali adeguate, complice la tenuta delle esportazioni, ha una crescita stimata per il 2015 del 3,2% su base annuale, superiore al 2,9% del 2014, al 2,2% del 2013 ed al 2,4% del 2012. Il sistema economico nazionale mostra una cosiddetta ‘mixed economy‘, ovvero un’economia basata su diversi settori, con solidi principi di libero mercato. Il terziario vale circa i due terzi del PIL, ma rimangono molto importanti i comparti manifatturiero ed agricolo, mentre l’esportazione di risorse e servizi concorre a formare circa un terzo del prodotto interno lordo nazionale.

Negli ultimi 25 anni, in particolare, l’economia neozelandese è passata dall’essere una delle economie più regolamentate del pianeta ad una delle più libere e deregolamentate. Uno dei risvolti negativi della medaglia, tuttavia, è rappresentato dalla conseguente possibilità, per i nuovi milionari di Cina ed India, di poter acquistare liberamente grandi fette del patrimonio immobiliare del Paese, con il duplice effetto di saturare il mercato delle vendite immobiliari e di alzare continuamente il prezzo medio delle case nelle grandi città.

Diversamente da quanto succede in Australia – dove lo stesso tipo di fenomeno riguarda principalmente le grandi metropoli come Sydney, ma, in minor misura, anche alcuni contesti regionali – in Nuova Zelanda, per il momento, la speculazione è circoscritta alle città di Auckland, la più popolosa e cosmopolita del Paese, e Christchurch.

Ad Auckland la più grande agenzia immobiliare della città, ‘Barfoot & Thompson’, ha recentemente rilevato un nuovo record nei prezzi medi, ovvero 776.729 dollari neozelandesi. La stessa agenzia ha inoltre rilasciato un report secondo il quale la crescita del mercato immobiliare, in soli due anni, è stata del 23%. Negli ultimi 8 anni, invece, i prezzi delle case sono cresciuti del 39% ad Auckland e del 27% a Christchurch, due città che assieme contano circa la metà di tutte le abitazioni del Paese. Come nel caso dell’Australia, gli esperti ritengono che alla base di questo fenomeno vi siano un aumento generale dei redditi, in parte dovuto alla vendita di minerali e greggio, un abbassamento dei tassi d’interesse e la presenza sempre crescente di grandi investitori esteri, in particolare Cinesi.

Questa situazione ha spesso portato, nel caso delle due città in questione, all’impossibilità per molte giovani coppie di acquistare la propria prima casa, assieme alla crescente difficoltà per le famiglie di ingrandire il nucleo familiare senza lasciare i confini cittadini. La scintilla che ha fatto divampare l’attuale dibattito interno è stata la pubblicazione di un report da parte del Partito Laburista neozelandese, in cui, dati alla mano, si evidenziava la portata del problema.

Geoff Barnett, direttore per la Nuova Zelanda dell’agenzia immobiliare internazionale ‘Century 21′, con 20 uffici nel Paese, ha dichiarato a tal proposito: «Questa è la conferma dei sospetti che molti di noi hanno avuto da molti mesi a questa parte. Sydney ha esattamente lo stesso tipo di problema. Hanno regole leggermente diverse, ma continuano a ricevere massicci investimenti esteri nel settore immobiliare del Paese. Non sono rari dei veri e propri tour con tanto di pullman che portano potenziali investitori cinesi o indiani a vedere proprietà a soli 10 chilometri dal centro. Molti di loro, alla fine, comprano per davvero».

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