I giorni scorsi hanno visto l’inizio dei colloqui diplomatici tra le fazioni in lotta in Siria e gli esponenti delle Nazioni Unite. L’Alto Comitato per i Negoziati (Hnc), che racchiude i principali membri dell’opposizione siriana anti-Assad, ma che si oppone a Daesh e agli altri jihadisti, chiede a Ginevra la cessazione delle ostilità da parte delle forze filo-governative e russe.
Il negoziato, oramai terzo tentativo della Comunità Internazionale di pacificare l’area siriana, ha il compito di ottenere un accordo il più duraturo possibile, al fine di isolare una volta per tutte le milizie jihadiste e togliere a quest’ultime la possibilità di servirsi del caos politico siriano per conquistare altre terre. Fare ‘terra bruciata’ attorno a Daesh è imperativo per sconfiggere il terrorismo islamico in Siria.
La Comunità Internazionale, tuttavia, non ha chiamato in causa una fazione che ha sempre combattuto lo Stato Islamico in prima linea: si tratta dei rappresentanti delle milizie curde. Le milizie curde, la cui fazione più numerosa è l’Unità di Protezione Popolare (YPG), non sono state ricevute a Ginevra: ritenuti alla stregua di terroristi dalla Turchia e simpatizzanti di Assad dall’Hnc, i rappresentanti di questi gruppi combattenti si sono sentiti profondamente offesi dalla politica dei negoziati applicata a Ginevra.
Il motivo per il quale i Curdi siano tanti invisi agli occhi degli altri guerriglieri siriani e ai Turchi è semplice: da un lato i curdi non si sono impegnati attivamente ad abbattere il regime di Assad, ma soltanto a fronteggiare l’avanzata dello Stato Islamico (che da alcuni ribelli potrebbe essere considerato il male minore), dall’altro lato i Curdi non hanno mai nascosto il loro desiderio di formare uno Stato del Kurdistan, il quale potrebbe effettivamente sorgere dalle ceneri della guerra ai jihadisti. La Turchia, sul cui territorio il numero dei Curdi ammontava a circa 14 milioni nel 2008, non ne vuole sapere della creazione di uno Stato indipendente, il quale da una parte potrebbe minare gli stessi confini del Paese, dall’altra parte esso si rivelerebbe un rivale agguerrito, ricco di risorse e di popolazione: un ostacolo per l’attuale politica egemonica turca nel vicino e medio oriente.
Più che una mostruosa gaffe, il comportamento della Comunità Internazionale sembra volto a non urtare un Paese come la Turchia e a non volersi inimicare quelle milizie islamiche che, in assenza di un appoggio internazionale, potrebbero rivolgere la loro collaborazione a favore di organizzazioni come Daesh oppure Jabhat al-Nusra.
I Curdi, antica popolazione che vanta origini dai Medi, ha sempre tentato di ottenere una vera unità nazionale. Si parlava del futuro dei territori curdi anche durante la guerra per la deposizione del regime di Saddam Hussein in Iraq: da allora molte erano state le proposte per la formazione di un Kurdistan iracheno. Anche in Siria nel 2004 era nata la stessa Unità di Protezione Popolare curda (Ypg), braccio armato del Comitato Supremo Curdo, tuttavia non partecipante ad alcuna azione violenta fino alla Guerra Civile siriana del 2011.