La nostra consapevolezza che le cose non mutano repentinamente fa sì che ciò che vediamo sia condizionato da ciò che abbiamo appena visto. Ecco perché non ci accorgiamo di improvvisi cambiamenti o di variazioni della realtà che ci appare dotata di continuità: ad esempio non notiamo differenze tra le scene di un film e spesso la nostra percezione non ci dà una visione precisa delle quantità. A scoprirlo sono stati un gruppo di ricercatori dell’Università di Firenze e dell’Istituto di neuroscienze del CNR di Pisa. Lo studio, recentemente pubblicato su Pnas – la rivista ‘Proceedings of the National Academy of Science‘ – suggerisce che il nostro sistema visivo unisce costantemente le informazioni presenti con quelle del passato immediato ed è così che un cambiamento repentino passa inosservato.
“Questi meccanismi servono ad armonizzare la percezione del mondo che altrimenti sarebbe fortemente discontinua”, dice David Burr, professore della facoltà di psicologia all’Università di Firenze e coautore dello studio. “A differenza che nei film, l’ambiente che ci circonda è sostanzialmente stabile, con pochi cambiamenti improvvisi. Il cervello sembra aver imparato che le cose non cambiano improvvisamente e, se un’informazione attuale non è completamente affidabile, ci si può basare su quello che si è visto prima”.
“La ragione che sottende questo comportamento, prosegue il coautore Marco Cicchini dell’In-Cnr, è che gli apparati sensoriali non sono perfetti bensì contengono, come tutti i sistemi di comunicazione, fluttuazioni casuali e ‘rumore di fondo’.” Queste fluttuazioni, se registrate, potrebbero essere interpretate come veri e propri cambiamenti nel mondo esterno. Per questo motivo il sistema visivo cerca continuamente di mettere insieme gli stimoli che sono simili tra di loro e di costruirne una sorta di media”.
Secondo lo studio, il sistema sacrifica l’accuratezza della singola informazione sull’altare della continuità e della stabilità della percezione. Per cui: “ Chi si è accorto che la maglietta di Harry Potter, nel film ‘L’Ordine della Fenice’ cambiava da girocollo a scollatura in una frazione di secondo? E chi ha notato che il croissant di Julia Roberts si trasforma in una frittella nel film ‘Pretty Woman’? Se non ve ne siete resi conto, non vi preoccupate. Il campo di continuità percettiva stabilizza ciò che vediamo nel corso del tempo, portando a una più prevedibile sensazione stabile del mondo”, così spiegano e illustrano i ricercatori.
La risposta non dipende solo dall’intensità dello stimolo ma anche da quella dello stimolo che l’ha preceduto: se quello precedente conteneva 20 oggetti, uno che ne contiene 30 sembra contenerne meno, circa 25; all’opposto, se lo stimolo precedente conteneva 40 oggetti, quello corrente che ne ha 30 sembra averne 35.
Lo studio rivela un meccanismo percettivo secondo cui il presente di cui siamo coscienti è a tutti gli effetti una media di ciò che abbiamo esperito negli ultimi quindici secondi circa. “Senza questa integrazione degli stimoli nel tempo, saremmo ipersensibili alle fluttuazioni visive innescate da ombre, dal movimento e da una miriade di altri fattori: i volti e gli oggetti potrebbero sembrare trasformarsi da un momento all’altro con un effetto sconvolgente”, conclude Cicchini.
La lettura di questa notizia mi ha fatto meditare a lungo. Confesso che della maglietta di Harry Potter non ricordo proprio nulla, anzi credo di non aver neanche visto il film, mentre di Julia Roberts nel film ‘Pretty Woman’ mi ricordo perfettamente, sono cose che un uomo maschio non si scorda facilmente, la mia percezione non si è molto concentrata sul croissant o la frittella.
Mi scuso per la notazione un po’ triviale, che però a ben riflettere non è fuori tema rispetto alla scoperta dei ricercatori di Pisa. Ho sempre affermato che noi uomini siamo esseri analogici, non digitali come ci definì nel 2004 lo scienziato informatico americano Nicholas Negroponte nel suo “Essere digitali”. No, non siamo troppo precisi, se il nostro orologio digitale indica che sono le 4 e 32 minuti, diciamo che sono le 4 e mezza, nella vita di tutti i giorni lo scarto di due minuti è generalmente irrilevante, soprattutto per noi italiani. Misuriamo ogni cosa “a spanne”, secondo ordini di grandezza a misura d’uomo. Troppi dettagli ci distraggono, anziché renderci più precisi sono rumore di fondo e, come dice Cicchini, ci inducono all’errore. Viviamo meglio se facciamo approssimazioni, perché così facendo abbiamo il polso della situazione, sappiamo di che parliamo. Così se andiamo a 100 all’ora in macchina sappiamo che si può, ma dobbiamo stare attenti. Ma il fatto che la luce vada a 300.000 km al secondo ci lascia indifferenti, non capiamo cosa voglia dire o almeno ci richiede un po’ di molesta riflessione matematica (dunque 300.000 al secondo e in un’ora quanti secondi ci stanno? 60×60 = 3.600, e allora? no,no, lasciamo perdere, si consuma troppo!).
Ecco perché croissant o frittelle, sempre di Julia Roberts si tratta.