L’Italia è tra i cinque paesi dell’area euro «a rischio di inosservanza» degli impegni di risanamento sui conti pubblici. Il motivo, rileva la Bce nel suo ultimo bollettino mensile, è da ricercare nel parametro del debito, che secondo Bruxelles richiederebbe misure correttive aggiuntive pari a 0,4 punti di Pil. Il rapporto tra deficit e Pil dell’Italia, atteso al 3% nel 2013 a fronte dell’obiettivo iniziale del 2,9% e al 2,5% nel 2014 contro l’1,8% del programma di stabilità, si deve «principalmente a un peggioramento delle condizioni economiche», scrive la Bce, ricordando che per la Ue il risanamento strutturale «è inferiore allo sforzo richiesto».
Facendo riferimento al rapporto ‘Risanamento dei conti pubblici nell’area: progressi Compiuti e programmi per il 2014‘ dei paesi Ue, l’istituto centrale rileva che nella sua valutazione, la Commissione Ue ha riscontrato che solo due di essi (Germania ed Estonia) erano pienamente conformi alle regole di bilancio. Ben cinque bozze di documenti programmatici (Italia, Spagna, Lussemburgo, Malta e Finlandia) sono invece state considerate a rischio «in assenza di provvedimenti aggiuntivi».
A novembre 2013 l’Eurogruppo ha avallato la valutazione della Commissione e ha esortato gli Stati membri a tener conto dei timori di Bruxelles prima di finalizzare i bilanci per il 2014. In prospettiva, «è essenziale che gli interventi di risanamento delle finanze pubbliche continuino ad assicurare quanto prima il ritorno a solide posizioni di bilancio».
La Bce ricorda che l’Italia ha risposto a queste preoccupazioni anche presentando il programma di revisione della spesa (la spending review di cui si sta occupando in prima persona l’ex Fmi Carlo Cottarelli). Nel suo bollettino, la Bce ha messo in evidenza che nell’Eurozona la ripresa economica è al rallentatore, frenata dall’alta disoccupazione e dalle politiche di austerità.
«In prospettiva nel 2014 e nel 2015 il Pil dovrebbe registrare un lento recupero, in particolare per effetto di un certo miglioramento della domanda interna» grazie alla politica monetaria espansiva. «L’attività economica dovrebbe essere altresì favorita da un progressivo rafforzamento della domanda di esportazioni». In Italia il ritorno alla stagnazione dopo due anni di recessione lascia ancora insoddisfatti industriali, commercianti e artigiani.
«Da ormai troppo tempo il nostro il Paese sembra essere senza guida, incerto su dove andare. Incapace di elaborare una visione del proprio futuro e di orientare a essa le scelte, in modo strategico e coerente. Incapace di trasmettere fiducia alle nuove generazioni». È l’allarme lanciato dal numero uno degli artigiani della CNA, Ivan Malavasi, aprendo l’assemblea nazionale della confederazione della categoria. «Come non posso non vedere la profonda crisi che percorre l’Italia, una crisi morale che alimenta e diffonde risentimento, sdegno, particolarismi e che corrode le forze del nostro Paese e ne mina la fiducia».
In cinque anni in Italia hanno chiuso 83 mila piccole e sono andati perduti 220 mila posti. Come se avessero chiuso Fiat, Eni e Ferrovie dello Stato. Ma al grido di allarme degli artigiani nessuno ha ancora risposto, secondo Malavasi. Il quale ha lanciato l’appello per la creazione di un tavolo di negoziati con le autorità politiche per ridare speranza ai giovani e attenuare le tensioni sociali giustificate dalla crisi che «morde» come ha detto Malavasi.
Per quanto riguarda l’Europa più in generale, la Bce ha osservato che «i miglioramenti complessivi» nei mercati finanziari dallo scorso anno «si stanno tramettendo all’economia reale». Lo stesso sta avvenendo per i progressi realizzati nel risanamento dei conti pubblici. I redditi reali hanno recentemente beneficiato della minore inflazione relativa alla componente energetica. Detto questo, «la disoccupazione resta elevata nell’area dell`euro e i necessari aggiustamenti di bilancio nei settori pubblico e privato continueranno a pesare sull`economia».
La Bce ha reso noto anche che «le pressioni di fondo sui prezzi resteranno contenute nel medio termine». Le aspettative di inflazione «continuano a essere saldamente ancorate in linea con l’obiettivo del Consiglio direttivo», ma si profila «un prolungato periodo di bassa inflazione». Tale da aver spinto l’agenzia Standard & Poor’s a lanciare l’allarme deflazione. Tenuto conto del contesto, Francoforte è convinta che la scelta migliore sia mantenere la politica monetaria accomodante «finché sarà necessario» e i tassi di interesse «su livelli pari o inferiori a quelli attuali per un prolungato periodo di tempo`».
Cattive notizie dal fronte macro per l’Eurozona, dove la produzione industriale è scesa dell’1,1% in ottobre. Su base annuale, la componente ha registrato un miglioramento modesto dello 0,2% rispetto ad ottobre 2012. La variazione è stata fortemente influenzata da un calo del 2,4% della produzione di beni al consumo durevoli (come lavatrici, computer e auto) e da una contrazione del 4% della produzione di energia. I dati di settembre sono stati rivisti invece in meglio: il ribasso dello 0,2% si confronta con la lettura precedente di -0,5%.
L’economia mondiale è destinata a registrare l’espansione più ampia degli ultimi quattro anni, con gli Stati Uniti che faranno da traino. Secondo le stime di Goldman Sachs, Deutsche Bank e Morgan Stanley, la crescita vedrà un’accelerazione di almeno il 3,4% nel 2014 dopo la percentuale inferiore al 3% di quest’anno.
La ripresa timida dell’area euro è prevista riprendere un po’ più di slancio dopo il periodo di recessione prolungato, la Cina e gli altri mercati in via di Sviluppo si stabilizzeranno. Mentre il Regno Unito e gli Stati Uniti saranno le economie industrializzate più in salute, il Giappone – la terza potenza economica del pianeta – rischia di rallentare la crescita globale, per via del peso di un atteso incremento delle tasse in aprile.
Dalle stime formulate da S&P emerge che nel 2014 l’economia italiana crescerà solo dello 0,4% nel quadro di una ripresa europea che «secondo diversi indicatori sarà lunga e difficile». Stando all’analisi delle prospettive economiche dell’area dell’euro, dopo un calo del Pil dello 0,6% quest’anno, la regione dovrebbe registrare una crescita solo dello 0,9% nel 2014, contro il +1,1% previsto dalla Bce
Le 50 banche più grandi dell’Europa occidentale potrebbero aver bisogno di capitali freschi per 110 miliardi di euro, al fine di raggiungere il livello minimo richiesto sui requisiti patrimoniali. L’agenzia Usa riconosce comunque che le banche si stanno «sforzando» di portare avanti il processo di risanamento e stanno migliorando le proprie posizioni patrimoniali. Delle banche mondiali monitorate da S&P, il disavanzo di quelle europee rappresenta il 60% e ammonta a 185 miliardi.