Ennesima giornata di tensioni a Gerusalemme e nei Territori occupati dove l’arrivo del segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon, non ha – per ora – arginato gli attacchi, con un israeliano e tre palestinesi uccisi. Il numero uno del Palazzo di Vetro ha incontrato il presidente israeliano, Reuven Rivlin, e lanciato un appello a fermare la «pericolosa escalation di violenze» poiché «la dinamica sul terreno può solo peggiorare». Ban domani sarà a Ramallah per parlare con il presidente dell’Anp, Abu Mazen.
Intanto, sul terreno la situazione rimane tesissima. In Cisgiordania, vicino agli insediamenti ebraici di Gush Etzion, un palestinese si è scagliato con la sua vettura contro alcune persone accanto a una fermata del bus; l’uomo non è riuscito a investirle ma, uscito dall’auto, ha accoltellato un soldato israeliano di 20 anni e un civile di 21, prima di venire ucciso.
Precedentemente altri due attacchi erano stati registrati nell’area di Hebron, dove un soldato israeliano è stato accoltellato e ferito in modo non grave da un palestinese, il 24enne Adi Hashem al Masalmeh, che è stato poi neutralizzato dalle forze di sicurezza. Poco dopo, un 50enne israeliano è morto per le gravi ferite riportate dopo che l’auto su cui viaggiava era stata presa di mira dal lancio di pietre nei pressi di Kiryat Arba, insediamento alle porte di Hebron. Dopo l’attacco a sassate, l’uomo è sceso dalla macchina ed è stato investito da un’altro mezzo. L’autista palestinese è fuggito dalla scena ma si è poi consegnato alla polizia palestinese. Agli agenti, ha spiegato di aver investito inavvertitamente il 50enne e di essere scappato per paura, dato il clima di tensione.
Nel pomeriggio la terza vittima palestinese. Un 27enne è stato ucciso dall’ esercito israeliano lungo la linea di demarcazione della striscia Gaza, presso el-Boureij. In parallelo a Tel Aviv un portavoce militare israeliano ha riferito che l’esercito ha sparato verso ‘terroristi’ che stavano preparando un attacco. Il fuoco dei militari ha raggiunto alcuni cecchini, ha precisato il portavoce, i quali negli ultimi giorni hanno ripetutamente aperto il fuoco in direzione di Israele. Poco prima dell’incidente il premier Benyamin Netanyahu aveva compiuto un sopralluogo lungo la linea di demarcazione con Gaza.
Alla vigilia della sua visita a sorpresa, Ban in un video aveva esortato alla calma, comprendendo il timore degli israeliani per gli attacchi: «quando i bambini hanno paura di andare a scuola, quando chiunque in strada è una potenziale vittima». Allo stesso tempo, aveva aggiunto, «guerre, checkpoint, dure risposte da parte delle forze di sicurezza e demolizioni di case non possono sorreggere la pace e la sicurezza di cui avete bisogno e che dovete avere».
Intervenendo alla Conferenza Mediterranea dell’Osce a Sweimeh, in Giordania, il ministro degli Esteri, Paolo Gentiloni, ha lanciato un appello: «Occorre essere chiari nei confronti di chi come Hamas incita alla violenza e chiedo a tutti, Israele e palestinesi compresi, di evitare un’escalation», ha affermato Gentiloni.
L’esercito israeliano ha arrestato la scorsa notte a Ramallah il leader politico e ‘uomo immagine’ di Hamas in Cisgiordania, lo sceicco Hassan Yusef. Secondo un portavoce dell’Esercito, «ha incitato al terrorismo». L’anziano sceicco palestinese, portavoce di Hamas in Cisgiordania, è finito in manette al termine di un blitz nella sua abitazione di Betunia. Cinque pattuglie israeliane hanno circondato l’abitazione e lo hanno prelevato. L’arresto, che si è svolto senza incidenti, giunge all’indomani delle divulgazione di informazioni riservate da parte di Radio Gerusalemme secondo cui Hamas avrebbe ordinato la ripresa degli attentati suicidi.
Yussuf era stato rilasciato nel luglio scorso dopo aver trascorso un anno nelle carceri palestinesi. Il figlio Awis riferisce che il padre è stato arrestato almeno 15 volte dalle forze di sicurezza israeliana. Con lui lunedì sono stati fermati altri palestinesi ritenuti coinvolti nelle violenze di questi giorni in Cisgiordania.
Dei suoi nove figli, uno – Mussab Hassan Yusef – ha ottenuto notorietà internazionale quando si è scoperto che con il soprannome di ‘Principe Verde’ era stato un informatore dei servizi segreti israeliani per dieci anni. Convertitosi al cristianesimo, Mussab vive negli Stati Uniti e non ha più rapporti con la famiglia a Ramallah.