giovedì, 23 Marzo
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IS: dalla campagna militare russa alla crisi territoriale

Il fenomeno del jihadismo sunnita, legato a quello che attualmente è il suo maggior interprete, Stato Islamico, è una questione che mette in difficoltà molti degli attori occidentali e dopo gli attacchi di Parigi e Bruxelles soprattutto quelli europei. Questi sembra non riescano a trovare una soluzione efficace volta a neutralizzare le forze sunnite radicali e a ridare un minimo di stabilità, anche attraverso la risoluzione della crisi libica, alla regione mediterranea che ormai pare sul punto di rottura.

Nonostante lo Stato Islamico appaia particolarmente difficile da sconfiggere, da quando si è autoproclamato Califfato ad oggi, un dato positivo sembra emergere dal conflitto in corso: la perdita di una parte consistente di territorio sotto il controllo prima delle bandiere nere.

Questa riduzione potrebbe essere imputabile a diversi fattori, primo tra tutti la progressiva perdita di consensi dell’IS, un fatto del tutto naturale considerando che in molti analisti l’avevano dato per certo prima dei due anni di vita del Califfato. Conseguenza della perdita di consensi è sicuramente il minor proselitismo e una spinta sempre meno forte a combattere in modo organizzato ed efficiente per la causa jihadista.
Con queste premesse, e con il supporto militare russo in Siria, si è potuta avviare una campagna di accerchiamento piuttosto vasta che ha visto diverse fasi di destabilizzazione del potere dell’IS.

Nel momento della sua massima espansione territoriale, che può essere definita con la conquista della città irachena di Mosul, nel giugno del 2014, lo Stato Islamico controllava un territorio che andava dai 200 ai 250 km quadrati, attraverso le due direttrici storiche fluviali, ossia quella del Tigri e quella dell’Eufrate da Falluja verso ovest. Non solo, ma estendeva il suo potere su alcune delle zone più densamente popolate della Siria e dell’Iraq capace di garantirgli radicalizzazione e utenze sempre nuove.
Mosul, oltre che un grande centro urbano, è da considerarsi zona altamente strategica per la presenza della diga vandalizzata da IS appena avuto l’occasione.
La popolazione sotto il controllo diretto del nuovo e sedicente Stato Islamico era stimata tra i 7 e i 10 milioni di persone, e la sua capitale in Siria era la città di Raqqa.
Al Bagdadi aveva sotto il suo controllo aree energetiche strategiche e stava quasi per conquistare Bagdad, i confini si potevano delineare dalle città contese di Aleppo a nord ovest della Siria fino alla stessa capitale irachena. Un territorio vastissimo che è stato per lungo periodo perfettamente amministrato e gestito, sottolineando come il califfato abbia davvero un piano sociale e gestionale importante.

L’azione delle forze messe in campo nel contrastare lo Stato Islamico ha permesso, già dalla fine del 2014, di recuperare alcune porzioni territoriali, come la provincia di Diyala, e altre zone nella provincia di al Anbar.

E’ il 2015 però, l’anno in cui la coalizione di forze che combatte contro lo Stato Islamico riesce a comprimere di molto lo spazio territoriale delle forze jihadiste.

I dati non sono del tutto chiari, ma si pensa che ad oggi il territorio sottratto al Califfato si aggiri intorno al 25 o 35 % del territorio complessivo.

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