Non c’è solo la diplomazia dei vaccini della Cina, c’è anche, pur se ben poco conosciuta in Europa, quella dell’India.
L’India ha risposto al così detto ‘nazionalismo del vaccino’ con l’operazione ‘Vaccine Maitri‘ (il vaccino dell’amicizia, in hindi), in primo luogo spedendo centinaia di migliaia di vaccini Covishield di fabbricazione indiana, prodotti su licenza da Oxford-AstraZeneca, in circa 60 Paesi.
L’India è una potenza farmaceutica globale, sottolinea Shashi Tharoor, ex Ministro per gli Affari Esteri e Ministro di per lo sviluppo delle risorse umane dell’India, oggi deputato del Congresso nazionale indiano, produce circa il 20% di tutti i farmaci generici e rappresenta fino al 62% della produzione globale di vaccini. La ricerca biotecnologica è cresciuta, il che ha fornito le capacità per poter intraprendere una simile iniziativa.
Da quando è iniziata la pandemia di coronavirus, il Paese è stato in prima linea nella fornitura di medicinali e farmaci generici ad altri Paesi. L’India ha ricevuto richieste da più di 100 Paesi per idrossiclorochina (utilizzata per trattare COVID-19) e paracetamolo (un antidolorifico) e ha inviato forniture a Brasile, Stati Uniti e Israele. A maggio 2020, l’India spendeva 16 milioni di dollari in prodotti farmaceutici, kit di test e altre apparecchiature mediche per circa 90 Paesi, sottolinea Observer Research Foundation.
Prima che il vaccino Oxford-AstraZeneca fosse approvato, Adar Poonawalla, il quarantenne capo del Serum Institute of India (SII), azienda di proprietà privata che è il più grande produttore di vaccini al mondo, ha deciso di produrlo: «una scommessa da un miliardo di dollari. Quando sono arrivate le approvazioni, SII è stata in grado di sfornare milioni di dosi, rendendole disponibili al governo sia per uso interno che per esportazione», afferma Shashi Tharoor. SII ha prodotto 1,1 miliardi di dosi per la consegna immediata.
Intanto, aziende come Zydus, Bharat Biotech e Gennova si sono impegnate per sviluppare vaccini autoctoni.
I vaccini indiani sono stati inviati gratuitamente, alla maggior parte dei Paesi vicini, tra cui Afghanistan, Bangladesh, Bhutan, Sri Lanka,Maldive, Myanmar e Nepal, e anche più lontano, alle Seychelles, Cambogia, Mongolia, Caraibi e Paesi africani. Secondo il Ministero degli Esteri, l’India ha inviato più di 15,6 milioni di dosi a 17 Paesi nelle prime due settimane successive all’approvazione del vaccino stesso.
Ed ecco la ‘diplomazia dei vaccini: «I vaccini hanno contribuito a ricucire le relazioni tese con il Bangladesh e a consolidare i legami amichevoli con le Maldive», afferma Tharoor.
Cina e Russia stanno promuovendo i propri vaccini «e le compagnie farmaceutiche occidentali stanno raccogliendo una fortuna pubblicitaria (insieme alla manna dal prezzo delle azioni). Ma nello sviluppo di vaccini per uso proprio, il Nord del mondo ha trascurato il costo proibitivo dei vaccini Pfizer-BioNTech, Moderna e Johnson & Johnson per i Paesi più poveri». I vaccini prodotti in India, invece, sono economici, e però sicuri e, in più, a differenza di altri, non richiedono conservazione e trasporto a temperature molto basse.
«La diplomazia indiana sui vaccini non è, ovviamente, puramente altruista. Quando il primo ministro del Paese, Jawaharlal Nehru, pose le basi dell’infrastruttura scientifica e tecnologica dell’India, le sue intenzioni furono espresse in termini nobili, umanisti e universalisti. Ma i suoi successori hanno da tempo capito come l’India può sfruttare le sue capacità scientifiche e mediche per migliorare la sua posizione geopolitica. In un momento in cui i Paesi più ricchi vengono criticati per aver accumulato dosi di vaccino, l’India si distingue per averne inviato 33 milioni nei Paesi più poveri, e altri milioni sono in cantiere».
In questa mossa politico-diplomatica c’è anche un aspetto evidente quanto non detto, ammette Shashi Tharoor, «la rivalità con la Cina, con la quale si sono intensificate le tensioni a seguito degli scontri lungo la frontiera himalayana. Non solo l’India ha oscurato la Cina come fornitore di vaccini economici e accessibili al Sud del mondo; è stata più veloce ed efficace. Ad esempio, la Cina ha annunciato 300.000 dosi per il Myanmar, ma deve ancora consegnarle, mentre l’India ne ha rapidamente fornite 1,7 milioni. Allo stesso modo, i vaccini indiani hanno battuto quelli della Cina in Cambogia e Afghanistan». Piuttosto la Cina è stata molto più brava a comunicare, in Occidente soprattutto, questa sua diplomazia di Paese fornitore di vaccini al Sud del mondo.
Di certo, sottolinea Observer Research Foundation, questa politica mette l’India in diretta concorrenza con la Cina; concorrenza esplicita e a tratti quasi provocatoria, tanto che New Delhi non ha mancato di distribuire vaccini nella zona dell’iniziativa Health Silk Road, il progetto volto a rafforzare il soft power internazionale della Cina.
L’India ha più esperienza nella fornitura di medicinali e vaccini al resto del mondo, in particolare ai Paesi a basso e medio reddito. Ma la Cina ha il vantaggio di essere stata in gran parte in grado di controllare la pandemia all’interno dei suoi confini, cosa che non è per l’India, e la sua economia è sulla buona strada verso la ripresa. Ciò significa che la Cina può potenzialmente dedicare più attenzione e risorse diplomatiche alla sua diffusione globale sui vaccini. Non solo. La Cina ha una forte motivazione a impegnarsi nella diplomazia dei vaccini per superare la percezione globale che sia stata responsabile della diffusione della pandemia.
La produzione e la distribuzione di vaccini è un’area in cui l’India ha un vantaggio comparativo sulla Cina ma non è così decisivo in questa partita, per tanto la concorrenza tra i due Paesi, conclude Observer Research Foundation, potrebbe diventare feroce, con il rischio che lo scontro diventi particolarmente ‘caldo’ nelle aree dell’Asia dove la Cina da tempo sta spingendo per la supremazia politica.
Sottolinea Shashi Tharoor: «Quando una crisi di credibilità ha consumato i vaccini della Cina nel Brasile devastato dalla pandemia, con sondaggi che mostrano che il 50% dei brasiliani intervistati non era disposto a prendere il vaccino della Sinovac», la compagnia farmaceutica statale della Cina, «il Presidente Jair Bolsonaro si è rivolto all’India, che è arrivata prontamente. Twittando i suoi ringraziamenti, Bolsonaro ha mostrato la sua gratitudine con un’immagine tratta dal poema epico indiano del Ramayana, raffigurante Lord Hanuman che trasporta un’intera montagna per consegnare l’erba salvavita Sanjeevani booti a Lanka».
Ma attenzione, i vaccini indiani non sono ‘solo’ per il Sud del mondo, «stanno arrivando anche nei Paesi più ricchi. Il Regno Unito ha ordinato dieci milioni di dosi da SII. Il Canada, il cui Primo Ministro, Justin Trudeau, ha irritato più di una volta la sua controparte indiana, Narendra Modi, ha telefonato a Modi per chiedere due milioni di vaccini; il primo mezzo milione è stato consegnato in pochi giorni. Trudeau ha dichiarato con entusiasmo che la vittoria del mondo sul COVID-19 sarebbe stata determinata dalla “enorme capacità farmaceutica dell’India e dalla leadership del primo ministro Modi nel condividere questa capacità con il mondo».
«L’India sta usando la capacità del Paese in questo settore per pubblicizzare un’alternativa al dominio economico e geopolitico della Cina. Mentre la Cina è stata riservata nel rilasciare dati sui suoi vaccini, portando a controversie sulla loro efficacia, l’India ha organizzato viaggi per ambasciatori stranieri per visitare le fabbriche farmaceutiche a Pune e Hyderabad», puntualizza Shashi Tharoor.
«Il contrasto con il comportamento dei Paesi più ricchi non è meno evidente. Secondo il Global Health Institute della Duke University, i Paesi sviluppati con il 16% della popolazione mondiale -inclusi Canada, Stati Uniti e Regno Unito, ognuno dei quali ha garantito forniture sufficienti per vaccinare le loro popolazioni più volte- si sono assicurati il 60% dei vaccini per COVID-19 che erano stati acquistati entro metà gennaio. Altri Paesi requisiscono forniture che superano i loro bisogni interni, tra questi l’Australia, il Cile e diversi membri dell’Unione Europea».
«Il mondo sta prestando attenzione all’India poiché condivide le sue scorte di vaccini disponibili, invece di scegliere la linea nazionalista di bloccare le esportazioni. L’India ha anche offerto 1,1 miliardi di dosi di vaccino al programma COVAX dell’OMS per distribuire i vaccini COVID-19 ai Paesi più poveri. Come hatwittato Modi, “Siamo tutti insieme nella lotta contro questa pandemia. L’India si impegna a condividere risorse, esperienze e conoscenze per il bene globale”».
Se c’è una preoccupazione, è che l’India ha esportato tre volte più dosi di quante ne ha somministrate alla sua stessa popolazione. Il Paese è in ritardo rispetto al proprio obiettivo di immunizzare 300 milioni di persone entro agosto, dopo aver vaccinato circa tre milioni di operatori sanitari in una campagna iniziata il 16 gennaio. E la crescente preoccupazione per l’aumento del numero di casi, l’emergere di varianti COVID-19 che potrebbe non rispondere ai vaccini esistenti e una economia che non si è ancora completamente ripresa intensificherà la sfida che l’India deve affrontare per adempiere ai propri obblighi nei confronti dei Paesi in via di sviluppo, soddisfacendo allo stesso tempo la domanda interna. Affrontare questa sfida è un interesse nazionale vitale».
«La diplomazia indiana sui vaccini ha avvantaggiato le aspirazioni del Paese di essere riconosciuto come una potenza globale. Nella lotta contro la pandemia, è andata ben oltre la normale fornitura di assistenza sanitaria o la fornitura di farmaci generici. A dire il vero, non è chiaro se la promozione del soft power attraverso le esportazioni di servizi sanitari rafforzi in modo significativo la posizione di un Paese nell’ordine globale. Ma se e quando i seggi permanenti al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite saranno mai riorganizzati, i governi riconoscenti sapranno chi ha fatto di più per salvare un mondo che vacilla dall’assalto di un agente patogeno mortale».
Gli analisti di politica estera sottolineano il pragmatismo e l’intelligenza della leadership che guida il Paese nell’usare le sue potenzialità e capacità in modo intelligente per scopi diplomatici, e in maniera molto pragmatica.
Nuova Delhi, rileva Observer Research Foundation ha anche costantemente sostenuto misure per sospendere temporaneamente i diritti di proprietà intellettuale del vaccino COVID-19 – il che significherebbe poter produrre versioni generiche alla velocità della luce ogni volta che un vaccino è stato creato- e ha sponsorizzato una risoluzione dell’OMS che chiede cooperazione internazionale per garantire l’accesso globale al vaccino. Anche queste mosse sono parte integrante di questa diplomazia.