Il 29 giugno, nella città costiera di Puri, nello stato indiano orientale di Odisha, si svolgerà il famoso festival dei carri. La celebrazione si apre nel giorno propizio in cui i contadini indiani preparano i campi per la coltura monsonica (la principale dell’India), e culminano nella visita rituale che le tre divinità indù Jagannath, Balabhadra e Subhadra fanno alla magione della loro ‘zia’; il viaggio si compie su carri rituali, spinti e seguiti da oltre un milione di devoti. Le tre divinità escono dal tempio di ‘SriMandir’ per un periodo di nove giorni, in occasione del Rath Yatra, che letteralmente significa “il viaggio su carri”. Si ritiene che guardare le divinità sul carro possa lavare via tutti i peccati e così i fedeli si guadagnino la benedizione delle divinità e, di conseguenza, la salvezza. Durante tutto il periodo del festival, la piccola città sul bordo del Golfo del Bengala assume così un nuovo colore per trasformarsi in un luogo sacro.
Secondo le scritture, i tre dei sono due fratelli e una sorella. Balabhadra, ovvero “il più potente ma anche gentile”, è il fratello maggiore; Subhadra, cioè “la donna gentile”, è l’unica sorella e Jagannath, cioè “il signore dell’universo”, è il fratello minore. Il Signore Jagannath è sposato con SriLaxmi, dea della ricchezza e figlia del re del mare. Il tempio SriMandir prende il nome da lei.
Questi rituali sono concepiti in modo da riflettere i vari aspetti della vita umana. Nel primo giorno del festival, si procede all’adorazione dei legni che serviranno a realizzare i carri, e si inizia subito a costruire questi ultimi. In quello stesso giorno, gli idoli che simboleggiano le divinità vengono anche trasportati in barca su un lago, per invocare una stagione estiva non troppo calda. Nel successivo giorno di luna piena si realizza il lavacro rituale delle divinità, per liberarle dalle febbri; per otto giorni, gli idoli vengono trattati con farmaci e oli d’erbe, affinché si mantengano ‘giovani’ e capaci di affrontare il viaggio sui carri.
“Come accade a ciascuno di noi, anche gli dei hanno bisogno di fare un viaggio di piacere, ogni tanto, così vanno a far visita alla zia”, dice Sarat Biswakarma, un carpentiere impegnato nella realizzazione dei carri. Già che il Signore Jagannth se ne va in compagnia del fratello e della sorella, lasciando sua moglie SriLaxmi ‘a casa’ nel tempio, lei segue il Signore Jagannath fino a casa della zia, però non riesce a incontrarlo. Così, per la rabbia, lei rompe una parte del carro, proprio come farebbe una moglie oltraggiata, e se ne va. Informato della cosa, il Signore Jagannath ordina di girare i carri e di tornare verso il tempio, tenendosi pronti a tutto. Poi manda un messaggio a SriLaxmi per dirle che sta tornando. Tutto questo, ovviamente, in forme rituali.
La parte interessante è che SriLaxmi, la moglie ferita, al ritorno degli dei non apre loro la porta. Così diventa necessario placarla e addolcire la sua bocca. Queste faccende comuni, che si verificano nella vita quotidiana di tutti, nel festival diventano parte del rito. La divinità di Jagannath è anche considerata il supremo Signore della virilità.
“Poiché tutto ciò che è stato creato incontra un destino di distruzione, e chiunque sia nato su questa terra è destinato a morire, anche i corpi in legno degli dei devono cambiare, ogni 14 anni. Infatti, secondo le scritture indù, l’anima non muore mai, ma passa da un corpo all’altro finché non raggiunge la salvezza”, come dice Siddheswar Mahapatra, uno studioso di religioni. “Ecco perché i devoti si uniscono così numerosi al viaggio festoso dei Signori, perché ricorda loro ciò che accade nella sua vita di uomo comune”, dice Laxmi Narayan Mishra, un devoto abitante della città.
L’aspetto più peculiare delle tre divinità è che la loro forma non è completamente umana. Durante tutto l’anno, si manifestano sotto forme diverse, a volte come re, a volte con un volto da leone, a volte da elefante. “Ci sono molte leggende circa la forma incompiuta di Jagannath, Bhalabadra e Subhadra. Ma è proprio questa forma incompiuta che ne rappresenta l’unicità, perché non assomigliano a nessun particolare essere vivente. Ecco perché fedeli di tutte le religioni sono disposti a considerare Jagannath come il loro signore”, dice Somanath Khuntia, un servitore del tempio.
Quindi si può immaginare che il Signore abbia sia una forma compiuta, ma anche al contempo una forma infinita. Queste peculiarità del culto di Jagannath continuano ad attirare esperti di culto e ricercatori, che si appassionano al suo mondo di mistero.
Traduzione di Valeria Noli @valeria_noli