mercoledì, 29 Marzo
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Il suicidio è diffuso in Asia

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Bangkok – Il suicidio è il più grande problema in materia di salute pubblica in tutto il mondo. Causa 800.000 morti premature a livello globale, secondo le più recenti statistiche aggiornate sul tema. Negli Anni ’90, la Cina aveva uno dei tassi più alti al mondo, il 23.2 per 100.000 persone. In quel periodo si segnalavano circa 250.000 casi di suicidio ogni anno, di fatto si trattava di un quarto dei casi totali a livello mondiale. Infatti, in Cina era la quinta causa di morte tra le principali. Disaggregando i dati, le donne erano la componente prevalente tra i suicidi verificatisi in Cina durante quel decennio, il che era nettamente differente rispetto al rapporto 3:1 maschi-femmine riscontrabile mediamente in Occidente.

Probabilmente la disparità nel benessere medico e sociale tra aree urbane e rurali in Cina pone i residenti anziani nelle zone remote della Nazione davanti ad un rischio maggiore di incorrere in suicidio. Sebbene le malattie mentali giochino un ruolo relativamente basso nei suicidi in Cina, l’aiuto psichiatrico ed altre forme di sostegno correlate sono ben lontane dall’essere considerabili sufficienti. E soprattutto nelle zone rurali, lo scostamento tra le opportunità di realizzare i propri ‘sogni’ e la constatazione delle reali aspettative di vita, oltre ai più bassi livelli di status sociale, sono spesso segnalati tra i fattori più vicini al determinare il tasso relativamente più alto di suicidio tra le donne.
La buona notizia è che il suicidio nella sua media generale in Cina è diminuito in modo significativo proprio grazie ad un tasso di sviluppo socio-economico più veloce e più esteso. Il tasso attuale di suicidi su base nazionale è 9.8 per 100.000 abitanti, circa il 60 per cento più basso rispetto agli anni ’90. L’urbanizzazione e la crescita economica nel decennio trascorso ha creato più opportunità nei processi educativi e nell’accesso a maggiori opportunità lavorative, specialmente le donne provenienti o residenti nelle aree rurali, il che ha contribuito ad una più generale riduzione della disparità di genere. I controlli sulla diffusione e utilizzo di pesticidi che molti soggetti dei contesti rurali usano per suicidarsi ed il miglioramento della rete dei servizi sanitari hanno contribuito al declino del tasso di suicidi.

L’esperienza cinese sembra opporsi alla teoria sul suicidio del sociologo francese Emile Durkheim, secondo il quale la crescita economica rappresentata dalla urbanizzazione e modernizzazione, dall’industrializzazione conduce a più alti livelli di ‘anemia’ sociale e più bassi livelli di integrazione sociale come risultante di individualismo popolarizzato ed egoismi e conseguentemente un tasso di crescita del suicidio. In Cina, in ogni caso, questi fattori possono operare come scudi protettivi contro i suicidi.

Un numero crescente di donne dei contesti agrari emigrano verso le città in cerca di migliori condizioni di vita. La ricollocazione dai contesti rurali verso quelli urbani mette in grado le donne di sfuggire da un ciclo alienante  -dagli obblighi familiari alle proposte di matrimonio indesiderate- e l’impiego sul lavoro le mete in grado di intraprendere carriere lavorative ed accedere a retribuzioni che le permettono di ipotizzare una prospettiva di vita migliore. Nel passato, le donne cinesi erano spesso intrappolate in una routine esistenziale attraverso la quale erano praticamente impossibilitate a realizzare le proprie mete. Oggi le donne in Cina hanno più opportunità di ricevere più alti e migliori livelli di istruzione e migliori impieghi. Le tensioni tipiche all’interno delle famiglie cinesi e le relative pressioni sociali sono diminuite ed il divorzio è diventata una via praticabile per risolvere le questioni familiari ed i problemi di conflittualità che vi si sviluppano.

La discriminazione di genere sul lavoro è ancora uno dei problemi sociali più grandi, parecchio visibile al momento dell’immizione sul lavoro e nelle correlative selezioni, nelle assunzioni, nei licenziamenti e nelle differenze riscontrabili nelle retribuzioni, nel divieto di accesso ad alcuni benefici di natura sociale o welfare condiviso, non mancano poi grandi numeri di casi di molestie sessuali e persino le notorie limitazioni nella pianificazione della vita familiare. In ogni caso, la situazione generale è pur sempre migliore rispetto a quella di un decennio fa.

Ma lo sviluppo del PIL non implica necessariamente una solida garanzia di benessere diffuso per la popolazione nella sua interezza ed una progressiva diminuzione dei suicidi. Vi sono ancor oggi vaste zone del Paese che devono ancora provare il frutto dello sviluppo economico della Nazione e che sono ancora fortemente soggette ad alti tassi di suicidio. Il livello resiliente della gioventù e la crescente disparità tra ricchi e poveri sono ancora causa di grande preoccupazione per i pianificatori sociali. L’incertezza in economia ha anche causato grandi livelli di ansia nella popolazione cinese.

La rapida crescita economica ha sempre i suoi costi, più o meno nascosti più o meno appariscenti, un po’ in tutte le Nazioni.  Ad esempio, la Corea del Sud ed il Giappone hanno alti livelli di PIL ma il loro tasso di suicidi è tra i più alti tra le Nazioni OECD. I rapidi cambiamenti socio-economici possono altresì essere fonte di grande stress per la popolazione cinese e causa di ulteriori casi di suicidio. Le ricerche condotte dall’Università di Hong Kong attraverso il Centro per la Ricerca sul Suicidio e la Prevenzione, mostrano che i tassi di suicidio in crescita in alcune Nazioni dell’Est e Sud Est Asia potrebbero essere attribuite alle crisi finanziarie del 1997-98. Allo stesso modo, una crescita nei suicidi nelle Nazioni europee e negli Stati Uniti può essere associata alla crisi economica globale del 2008-2009.

Proprio la recente crisi globale può indurre nuovamente alti livelli di stress nella popolazione cinese come in altre Nazioni asiatiche a sviluppo più esteso, il che induce i Governi e tutte le Agenzie sociali preposte a riflettere seriamente sul da farsi per porre un argine valido contro l’aumento dei suicidi.

 

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