“Forza Roma Forza Lupi so’ finiti i tempi cupi” l’auspicio popolare, mi sembra non abbia avuto riscontro, non so per quanto riguarda la squadra di calcio della Roma, ma per quanto riguardano le condizioni generali, e non alludo solo a quelle italiane, non mi pare di vedere significativi miglioramenti. La tenaglia economica, scientemente attivata e con diabolica perseveranza attuata, che ci sta stritolando, con processi di spoliazione delle risorse proprie e di famiglia, è uno degli elementi di questi “tempi cupi”. Non è certamente il solo. Che già sarebbe molto.
Tutto, l’armamentario frutto delle “conquiste ?”, dell’alta tecnologia, della globalizzazione dei mercati e del sistema dell’informazione , e dell’informatica, nate con i migliori propositi, a essere generosi, bisognerebbe, quantomeno, prendere atto che viste le conseguenze, l’insieme sia sfuggito di mano. E’ talmente evidente questo, che oramai balza agli occhi anche delle persone meno attente. Qualche “mal pensante”, potrebbe vedere in ciò, gli strumenti usati per portare un attacco concentrico e sistematico, sferrato agli ordinamenti e agli equilibri del sistema occidentale, così come l’abbiamo conosciuto, e forse apprezzato, dalla seconda metà del Novecento. Il tutto motivato da smodati interessi economici e finanziari. Come si sa, generalmente, due indizi fanno una prova. Qui d’indizi ce ne sono più di due, ma per essere “garantisti” fino in fondo, rispolveriamo la frase usata in altri contesti “il destino cinico e baro”, indicando in esso, il “destino”, il responsabile delle attuali sconsiderate contingenze. Per quanto riguarda il “baro”, non facciamo altro che occuparci del suo smascheramento. Con scarsi risultati ovviamente.
Teorizzare oscuri e minacciosi piani ben orchestrati di destabilizzazione, risultano fuori moda e dal sapore “retrò”. Questo però, non può farci astenere dall’attenerci ai fatti. Il fulcro di riconoscimento del valore di attività o di cose, è stato un passettino alla volta rivoluzionato dal parametro dell’ apprezzamento “”qualitativo” a quello “quantitativo”. Questa è l’epoca del trionfo del dato “quantitativo”, assunto come criterio di valutazione assoluta. Dietro questa vera e propria “satanica” ossessione di quantificare e misurare tutto, fa capolino, l’ambizione mai sopita nella natura dell’essere umano di “controllare” tutto il “misurato” e il “quantificato”. In questo approccio, lievita la brama di un “Potere assoluto” la cui fisionomia è ancora sfuggente, ma chiaramente percepibile da chiunque. Mister Orwell, qualcosina a tale proposito ce l’aveva già preconizzata. “Quanto” si guadagna, “quanto” si produce, “quanto” si consuma, “quanto” si vive, “quanto” si vota ecc.
E’ del tutto evidente che tutto ciò che si può “contare”, giocoforza si può “controllare”. La lotta ingaggiata, quantomeno da correnti di pensiero attualmente sulla “cresta dell’onda”, impegnate nel tentativo di ampliare i territori di ciò che si può “contare”, quindi “controllare” è veramente considerevole. Da questa impostazione, consegue una visione materialista, determinista, e in definitiva laicista. Certo, grandi categorie, ereditate dalla classicità greco romana, come l’aspirazione alla “bellezza” o “all’armonia”, per non parlare di “stoicismo”, “eroismo”, “abnegazione” e quant’altro, sono stati con pervicacia, posti ai margini, dei margini del consesso civile. Per non parlare della manifestazione di sentimenti spirituali o religiosi. Riscuotono ancora una certa attenzione le Processioni o le Feste Patronali, solo perché di esse, si possono “contare” i partecipanti. Per il resto, e giustamente da chi assume questo punto di vista, restano robe da spaccio di “oppio dei popoli”. Un ricco e variegato tessuto valoriale umano, che trova nelle categorie citate, un minimo comune denominatore, che fa riscontrare la difficoltà, se non la vera e propria impossibilità di essere “contato” o “quantificato” in definitiva non “controllato”
Tutto materiale pericolosissimo per i torvi geometri del “misurabile” e “dell’enumerabile”. Qualche difficoltà, gli illuminati “peones” del palottoliere informatico, trovano anche nel confrontarsi con il mondo onirico degli individui, ma lì si stano attrezzando bene. Non ci lasciano libero e intatto neanche un “sogno”. Per quanto riguarda loro, a tale riguardo, al massimo possono proporre, l’agenda Monti, un po di contrazioni di legittimità popolare del Senato, il tutto innaffiato dai periodici singulti dello spread. Poveracci, e pensare che il riscatto degli Stati Uniti, dopo il disastro del 1929, si cementò sotto le insegne del “sogno americano”. Queste sono vicende più o meno di pubblico dominio. Vorrei mettere in evidenza, un fatto, meno noto, che di primo impatto, potrebbe apparire d’interesse ristretto a una elite di operatori culturali., o che almeno si ritiene tale, non per questo meno inquietante. Una nuova disciplina informatica si sta affermando “la “cultoromica” ossia l’equivalente della “genomica” per gli esseri viventi, disciplina che studia i geni. Come oggetto di studio per la “genomica”, con le mappature dei medesimi e quanto altro , è il nostro patrimonio di “geni”, la “culturomica” s’interessa dell’insieme del corpo della cultura scritta. Prendendo in esame ad esempio, le frequenze dell’uso delle parole nella Divina Commedia. Calcolate, tabulate e mappate. Tutto questo secondo le aspirazioni dei più audaci per giungere a scoprire le leggi fondamentali della letteratura. Operazioni di una monumentale complessità, come questa, non poteva non trovare, nell’operatore informatico per eccellenza Google supporti d’investimento.
A parte che un lavoro del genere, può trovare un giusto alveo d’utilità nel campo della linguistica, non della letteratura. Piccolo dettaglio che mi pare sia sfuggito a costoro. Ma è l’approccio teorico di base che è inquietante, ben inserito com’è nella cultura del “quantitativo”. Un opera d’arte, viene considerata, come un corpo morto da sezionare in una lugubre autopsia, dove riportare enumerandoli gli organi prelevati. Quella è materia viva, più ricca nella sua unicità, di qualsiasi mezzo di catalogazione. Quando avremo sezionato a dovere, ad esempio “La Divina Commedia”, avendo contato tutte le parole e le frasi che la costituiscono, qualcuno di noi sarebbe capace di ridonarle l’aura magica e artistica che ha? Per proprietà transitiva allora è come se si individuasse il numero di tutti i colpi di scalpello, che sono stati necessari a Michelangelo per fare la Pietà. Conosciuto il dato quantitativo, chi sarebbe in grado di riprodurne lo stesso incanto. Questi dettagli, certo non contano nella mentalità necrofora dei “quantitativi”. Difendersi da questa impostazione è necessaria. Costoro lavorano tenacemente per demolire ogni genere di fascinazione dell’esistenza, nella quale per fortuna ognuno di noi può ancora incappare. Tutto ciò sta diventando sempre più inquietante. Strangolante. Non ci resta che convogliare, le nostre riflessioni ansie e inquietudini nell’ “Urlo” di Munch. “ “E mo’, contatevi pure questo. Vostro niente compreso, famose a capisse”.