È di pochi giorni fa la notizia, non proprio serena, che il presidente della Federazione Russa Vladimir Vladimirovič Putin ha annunciato: parlando alle Duma di Stato e all’Assemblea Federale (le due camere del parlamento) riunitesi nella vecchia sede del Maneggio di Mosca sulla Cherez Mochovaja, il Batman dell’ex impero sovietico ha rivelato l’esistenza di nuove armi nei propri arsenali. Si tratta di missili di larga superiorità nucleare, più prestanti dei gioielli posseduti dagli Stati Uniti e dai membri della NATO. Così la Russia diventa la prima superpotenza in fatto di strumenti di distruzioni di massa. Come più volte ripetiamo in queste colonne, se non abbiamo la capacità di capire dove vada il mondo, con le nostre parole proveremo ad approfondire qualche punto di queste affermazioni allarmanti che nell’agone della tempesta elettorale italiana, hanno visto coperta l’attenzione con tutti gli intenti proposti dai nostri passati e futuri governanti.
E già, perché era un pezzo che delle antenne moscovite non si captavano minacce così cocenti e tutta la distenzione promessa dalle macerie del muro infranto nella Bernauer Straße a Berlino il 13 giugno 1990 sembra oggi annientarsi in misura assai preoccupante. Dunque, per quanto Putin abbia dichiarato che la Russia non abbia ambizioni territoriali o egemoniche e nemmeno la volontà di attaccare altri Paesi, la descrizione delle sue armi è stata interpretata la più minacciosa risposta al rifiuto dell’Occidente di accettare la concordia e la cooperazione con la nazione che dirige, invece di circondarla con basi militari e ambigui sistemi anti-balistici.
Il presidente russo, che non ama essere definito zar ma che è stato appellato Botox da Garry Kasparov, leader del movimento di opposizione, ha usato parole convincenti nella sua introduzione: «Siamo interessati ad una normale interazione costruttiva con gli Stati Uniti e l’Unione Europea ma ci aspettiamo che prevalga il buon senso e auspichiamo che i nostri partner scelgano una cooperazione equa e paritaria». Espressioni dall’aspetto esitante ma la consapevolezza che a Washington sono falliti molti sforzi miranti ad alleggerire le tensioni tra le due super aggregazioni di Stati, ci fanno interpretare tutta la preoccupazione del momento: «Nessuno voleva parlare con noi. Nessuno voleva ascoltarci». Sono parole, diciamocelo francamente che abbiamo già udito quache mese fa dalla Corea del Nord. Ma su questo ci torneremo un po’ più avanti.
«Non siamo sorpresi», ha detto la ricciuta portavoce del Pentagono, Dana White tranquillizzando i giornalisti, durante un briefing di rito, aggiungendo che l’intelligence americana tiene sotto la dovuta osservazione la difesa dell’intero universo baltico; la White è stata esplicita: «Queste armi sono in sviluppo da molto tempo», confermando l’atteggiamento minimalista di diversi militari americani di rango secondo i quali le affermazioni di Putin sono retorica familiare. Sim Tack, analista militare della Force Analysis con sede in Belgio, si è espresso senza nessuna meraviglia: «L’annuncio di Putin di oggi non è stato tanto una rivelazione di nuove capacità che nessuno sapeva. È più una sintesi delle cose su cui la Russia ha lavorato negli ultimi anni». Questo però, secondo lo stesso Tack, potrebbe imporre di modificare il modo di affrontare il dossier della deterrenza nucleare sia agli Stati Uniti che alla NATO, ricordando tuttavia che le capacità vantate da Putin non sono ancora operative. Tra qualche rigo però racconteremo quali saranno i tempi di entrata in servizio di questi giocattoli nucleari, che sono cronologicamente molto brevi.
E infine, il ministro della Difesa britannico Gavin Williamson è stato forse il più severo, accusando la Russia di aver scelto un percorso di escalation e provocazione. Può darsi che in Europa le analisi siano più focalizzate e dunque ne esprimiamo tutti i sentimenti di ansia, ricordando pure che tre anni fa il presidente russo disse una frase emblematica: «La strada a Leningrado, cinquant’anni fa mi ha insegnato una lezione: se la rissa è inevitabile, colpisci per primo».
Proviamo ad entrare più al centro dell’argomento. L’arma di Vladimir Putin declamata durante il discorso annuale alle Camere riunite è un missile da crociera, che ha superato i test con un sistema di propulsione nucleare. Il vettore pare che abbia una gittata illimitata –plausibile se è propulso dai reattori descritti che lo farebbero volare per centinaia di anni dopo la distruzione mondiale- con una traiettoria di volo imprevedibile, invulnerabile senza analoghi ai sistemi antiaerei. L’alta velocità e pari manovrabilità potrebbero poi perforare qualsiasi difesa missilistica. Ma, secondo le parole di Putin, la fabbrica di armi russa avrebbe prodotto anche mezzi subacquei senza equipaggio dotati di lanciamissili, che potrebbero essere gli Husky progettati da Igor Vilnit attrezzati con proiettili nucleari, ovvero apparecchi autonomi che sono capaci di spostarsi negli abissi a distanza intercontinentale mirando alle portaerei e alle strutture costiere con un’alta manovrabilità e bassa rumorosità. Macchine in grado di raggiungere una velocità almeno dieci volte maggiore di qualsiasi altra nave, rendendole immuni a ogni intercettazione nemica.