Tra le tante cose che stiamo imparando dal Covid-19, una ci ricorda che per essere ricchi e famosi non c’è bisogno di intelligenza, si può tranquillamente farne a meno, addirittura è meglio rinunciarvi, perché se ne arrivasse una quantità anche minuscola, potrebbe illuminare la stupidità di certe pretese. Diciamoci la verità, il virus è stato come una lampadina da 500 Watt accesa di colpo in una stanza buia, sorprendendoci in pigiama, senza trucco e spettinati. In alcuni casi uno spettacolo sconfortante, in altri addirittura indecenti.
Ce lo ricorda anche una famosa cantante lirica russa, che in questi giorni si è premurata di farci sapere che la cassa toracica può vivere di vita propria, indipendentemente, senza che comunichi col cervello. Si è infettata, la signora, durante la sua attività canora, mai interrotta perché lei non ne voleva sapere di smettere di cantare, avendo ‘scelto di vivere’, non importa se nell’ansia di farlo rischiava di contagiare i malcapitati che le giravano attorno. A parti rovesciate chissà che scandalo. La signora parlava di tamponi e di limitazioni, dicendo cose poco commendevoli. Nel 2015 fa avevo letto con enorme piacere un’intervista a un altro soprano, la tedesca Anja Kampe, a Milano per cantare nel Fidelio, mi aveva affascinato un’affermazione, che denunciava una testa notevole: «Gli uomini fanno la guerra ma poi le donne devono rimediare». Non a tutti basta cantare.
L’artista russa dovrebbe forse parlare coi dipendenti del famoso locale di tendenza sulla Costa Smeralda, quasi tutti ammalati insieme a chissà quanti clienti, il cui proprietario, pure contagiato, si lagnava per le misure ‘contro le discoteche di destra’, una categoria che fino a ieri mi era ignota.
Tuttavia, sia la cantante, bambolona piegata dalla mancanza di applausi, sia l’altro, che quando sta zitto guadagna più che coi suoi affari, sono stati fortunati, intanto perché si sono imbattuti nel virus quando era in buona, e poi perché sono stati curati in cliniche costosissime e blindate. Nemmeno il virus è democratico.
Un giorno di quarantena, per loro, che si possono comprare l’universo, è duro da passare. Se stanno fermi, perdono più mondo di quanto non ne perda un povero cristo, cento, mille volte di più, perché i soldi ingrandiscono il Pianeta, che non è uguale per tutti e si amplia in base ai chilometri che puoi possedere.
Non sopportano di comportarsi da persone responsabili e tirano calci, come gli asini, che potrei definire i loro parenti più prossimi, se non fosse che amo gli asini, animali intelligentissimi e con una sensibilità commovente.
L’ecatombe in atto nel primo, secondo e terzo mondo, non li sfiora nemmeno. Certi ricchi, non tutti per fortuna, sono negazionisti per arroganza, arrabbiati perché in un mondo immobile non possono esibire la propria banale superiorità, rozza, ‘quantitativa’, che si palesa nel possesso delle cose, quindi sperimentano ciò che resta di loro quando cala il silenzio, quando vengono privati dell’armatura del danaro. Spesso niente.
A loro nulla può portare consiglio, perché sono ricchi e famosi, sostenuti dalla finzione idiota che Dio li stima e per questo li privilegia. Non bastano neppure trenta milioni di contagiati, in aumento, conditi con un milione di morti, non bastano, non basteranno mai a emendare ignoranza e presunzione, gemelli identici. A loro viene l’orticaria nel pensarsi fragili e mortali come barboni qualunque. Ignorano che il danaro, privato di fini pro-sociali è davvero -detto da laico- sterco del Diavolo, preferiamo i mecenati, che non considerano la ricchezza una colpa e la mettono in circolo sapientemente.
Fateci caso, l’ignoranza e la presunzione viaggiano sempre insieme, dove c’è l’una trovate pure l’altra. Certo, come diceva Kafka, queste persone non fondano il loro diritto sul pensiero bensì sulla propria persona, spesso sono stati bambini poco amati o viziati, due eccessi che sfasano la presa di contatto con il mondo. Molti tra costoro cresceranno assetati di rivincita e quando salgono qualche gradino cominciano a coltivare grotteschi deliri di onnipotenza, divenendo tragiche caricature, come la vecchia diva di ‘Sunset boulevard’, invecchiando, come lei, in solitudine. Chi li aveva avvicinati voleva soltanto godere i vantaggi della prossimità quando la luce era accesa, ma la luce, come la vita, non dura per sempre. Persino l’amore si compra, certo non avrà mai il sapore di quello vero, ma tanto chi se ne accorge che è finto.
La differenza è che quando lo compra l’impiegato, il bidello, il fruttivendolo si parla di prostituzione.
Ridurre a costoro, ai ricchi, lo spazio di libero movimento, provoca rifiuti stizziti, reazioni di lesa maestà, c’è cascato pure il tenore neomelodico planetario, che pure si è scusato, ma la prima risposta è quella che conta, il resto è solo business.
Si, i ricchi piangono, quando sono soli però,sanno che senza le grucce fatte di banconote, col puntale diamantato, diventano la migliore rappresentazione disponibile in natura del vuoto cosmico. Il fatto è che lo sanno bene, per questo rumoreggiano, devono ricordare, prima di tutto a se stessi, che esistono, sebbene nella forma più primitiva, anche un sasso esiste ma come costoro non vive, la differenza è che il sasso conosce il proprio orizzonte, esistere, mentre certi tamarri esistono illudendosi di vivere.