domenica, 26 Marzo
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I pericoli per il Rwanda

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Kigali – Dal novembre 2013 nella diaspora ruandese hutu in Congo, Kenya e Tanzania circola un documento in lingua ruandese (Kiniarwanda) dal titolo: “Avvertimento alla dittatura della minoranza”. Il documento è imputato a Charles Kambanda, un immigrato ruandese in Francia che cura il blog Ikaseiwacu, anche se alcune fonti di informazione affermano che il documento è stato redatto dal Comitato Politico del Fronte Democratico per la Liberazione del Rwanda, il noto gruppo terroristico ruandese con base operativa nell’est del Congo.

Il documento, oggetto di attenzione delle Intelligence ruandese e ugandese, è un chiaro incitamento alla rivolta etnica in Rwanda. L’attuale governo e il Presidente Paul Kagame vengono definiti un apparato professionale per lo sterminio dei Hutu. La “dittatura della minoranza” di Kigali avrebbe instaurato un regime di apartheid nel paese escludendo gli hutu dalla partecipazione politica, culturale ed economica, trasformandoli in cittadini di seconda classe, senza diritti e libertà. La Giunta razziale (così viene  definito il Governo Ruandese) avrebbe inoltre distrutto le tradizioni contadine degli hutu e la loro coscienza, convincendoli che i loro padri erano tutti dei serial killer. Istituzionalizzando una relazione tra “diavoli” (hutu) e “santi” (tutsi) il Governo costringerebbe la maggioranza della popolazione a far proprio un senso di colpa privo di basi storiche per meglio dominarli.

Secondo il documento, il Governo ruandese applicherebbe la sterilizzazione obbligatoria a tutti gli hutu maschi, impedirebbe i matrimoni misti ed incoraggerebbe le famiglie mono-etniche tutsi a procreare il più possibile al fine di risolvere il disequilibrio demografico tra le due etnie. La maggioranza degli hutu non avrebbe accesso alla moderna assistenza sanitaria né all’educazione. Il genocidio avvenuto nel 1994 si tratterebbe di una guerra civile, dove “eccessi” e massacri sono stati compiuti da entrambe le parti.

Le deliranti accuse non trovano riscontro con la realtà del Paese, impegnato fin dal post genocidio, a una riconciliazione nazionale e al rafforzamento dello sviluppo economico per evitare che le diseguaglianze sociali facciano riemergere gli odi  etnici. Il documento offre una spiegazione da teoria del complotto, tesa a rafforzare le deboli accuse rivolte al Rwanda contraddittorie alla realtà. Il Presidente Paul Kagame avrebbe tessuto una rete internazionale di simpatizzanti della causa tutsi grazie alla complicità del ex Presidente americano Bill Clinton, l’ex Primo Ministro Inglese Tony Blair e la lobby ebraica internazionale. Questa rete, definita dal documento “gli amici di Kagame”, pagherebbe i media internazionali e un esercito di giornalisti e blogger per offrire all’ignara opinione pubblica internazionale una immagine idilliaca del terrore instaurato contro la maggioranza hutu e nascondere al mondo il progetto di “genocidio silenzioso” della razza hutu tramite la sterilizzazione maschile.

Il documento conclude incitando la popolazione hutu ad unirsi ai “combattenti della libertà” e rovesciare il regime razziale per instaurare la democrazia della maggioranza. Non si fa riferimento a nessun gruppo militare. Charles Kambanda, il suo blog Ikaseiwacu e il documento che circola nella regione tra la diaspora hutu ruandese potrebbero essere tranquillamente relegati nella vasta letteratura presente in Occidente dei nostalgici dei regimi dittatoriali che tutt’ora difendono le ideologie promosse da Nazismo e Stalinismo, quest’ultimo non associabile alla scuola di pensiero socialista e marxista.

Purtroppo non sembra una campagna promossa di nostalgici criminali. Il blog Ikaseiwacu, che incita all’odio etnico e al genocidio nei suoi scritti in lingua locale, idee non chiaramente espresse nei suoi scritti in lingua inglese (destinati agli occidentali) non è stato oscurato dal Governo francese nonostante che la Costituzione Europea vieti la propaganda di odio etnico, razziale e l’incitamento al genocidio. Vi sono forti sospetti regionali che il blog sia anche l’autore delle due false notizie della improvvisa morte del Presidente Paul Kagame che sono state diffuse in rete, radio clandestine e per passa parola al fine di creare un caos regionale.

Al momento della diffusione di queste notizie sono state registrate nelle città di Goma e Beni, est del Congo, violente manifestazioni etniche contro il Rwanda e i cittadini congolesi di origini tutsi. Si sono anche registrate provocazioni alla frontiera ruandese tra Goma e Gyseni create da una folla di disoccupati e sottoproletari congolesi che volevano “invadere” il Rwanda per marciare sulla capitale Kigali approfittando della presunta morte del Dittatore Kagame. Solo la calma e gli sforzi congiunti dei soldati e polizia di frontiera congolesi e ruandesi hanno evitato che l’esercito ruandese aprisse il fuoco sulla folla che voleva a tutti i costi oltrepassare la frontiera.

Questa propaganda Hutu Power si affianca alla evidente propaganda etnica contro la minoranza tutsi in Congo promossa dal Governo di Kinshasa per nascondere il suo fallimento politico e da vasti settori della società civile legati alla Chiesa Cattolica che a livello regionale sta dimostrando una disomogeneità sulla sua posizione riguarda il problema razziale.

Mentre in Burundi la Conferenza Episcopale Burundese condanna il tentativo del Presidente Pierre Nkurunziza di instaurare un regime razziale Hutu Power, in Rwanda i Vescovi cattolici nel novembre 2013 hanno emesso un documento che sottilmente tende alla tesi della dittatura della minoranza tutsi nel Paese e rifiuta di riconoscere le comprovate responsabilità del clero cattolico durante il genocidio del 1994, quando scelse di schierarsi dalla parte degli autori dell’olocausto. All’est del Congo il clero locale sta attivamente alimentando la campagna di odio etnico promossa da Kinshasa mentre i missionari occidentali che si sono distinti per le loro simpatie per la causa Hutu Power negli anni Novanta e Duemila ora non partecipano a questa disputa.

L’escalation della propaganda razziale attuata dalla diaspora hutu, parte del clero regionale e dal Governo di Kinshasa si associa ai lati oscuri del comportamento della missione di pace ONU in Congo MONUSCO e del suo responsabile Martin Kobler, che è anche il Rappresentante Speciale del Segretariato Generale delle Nazioni Unite nella Repubblica Democratica del Congo Incaricato di ripulire l’est del Paese dalla varie milizie che occupano intere regioni e continuano indisturbate il commercio illegale di minerali preziosi, Kobler e la MONUSCO, dalla sconfitta del movimento ribelle Banyarwanda M23, stanno attuando una posizione di passività e contraddittoria verso il gruppo terroristico ruandese Force Democratique pour la Liberation du Congo (FDLR).

Il 13 gennaio 2014, Martin Kobler ha dichiarato al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite che occorre concretizzare l’accordo quadro di Addì-Abeba del febbraio 2013 sulla sicurezza regionale e gli accordi di pace firmati nel dicembre 2013 tra governo e ribellione congolese. Kobler stima necessaria e urgente una azione militare congiunta con l’esercito congolese (FARDC) contro la ribellione ruandese FDLR e quella ugandese ADF (Alliance of Democratic Forces) di ispirazione estremista islamica. «La direzione del FDLR non avrà altra scelta che arrendersi», ha dichiarato Kobler davanti ai rappresentanti degli Stati membri del Consiglio di Sicurezza, tra cui il Rwanda, ricordando che il 2014 marca il ventesimo anniversario del genocidio.

Due giorni dopo, il 15 gennaio 2014 Martin Kobler, durante un convegno sulla pace organizzato in Congo da varie ONG nazionali, si è scagliato contro Rwanda e Uganda accusandoli di riorganizzare e riarmare la ribellione M23 in previsione della ripresa delle ostilità all’est del Congo. Durante il convegno Kobler ha accennato al problema del FDLR come se si trattasse di un argomento marginale e di poca importanza. Di opposto parere è l’Inviato Speciale per la Regione dei Grandi Laghi del Dipartimento di Stato americano Russel Feingold, che ha riconfermato gli accordi presi con il Governo ruandese il 4 dicembre 2013. «Per garantire una soluzione duratura di pace e stabilità nella regione é prioritaria ed urgente la neutralizzazione del FDLR», dichiara l’Inviato Speciale americano.

Ignorando questa priorità, Martin Kobler ha iniziato una campagna contro il rischio di una ripresa del conflitto da parte del M23 durata un’intera settimana con dichiarazioni giornaliere sull’argomento e utilizzando i media congolesi, francesi, e Radio Okapi come gran cassa per la diffusione di un messaggio considerato da vari esperti regionali incomprensibile e distorto: l’unico pericolo per la stabilità regionale proviene dal M23. Martin Kobler è sospettato di aver trasformato l’organo di informazione indipendente di Radio Okapi in un suo organo di propaganda imponendo un atteggiamento acritico verso il Governo di Kinshasa. Le voci critiche all’interno della Radio sarebbero state ridotte al silenzio.

Dinnanzi alle crescenti critiche rivolte sull’attuale operato sia dai Capi di Stato regionali che all’interno delle Nazioni Unite, Kobler ha negato di attuare atteggiamenti di passività nei confronti del gruppo terroristico FDLR, accusando il Governo Congolese di voler riservare un trattamento comune alle 40 milizie operative all’est del paese, definite «forze negative» senza riconoscere la priorità di gestire il problema delle FDLR ruandesi. La dichiarazione ha lasciato interdetto sia il Governo congolese che i principali quotidiani della capitale, ‘Le Potentiel’, ‘L’Avenir’ e ‘La Prospérité’. Come  hanno fatto intendere questi quotidiani congolesi, le FDLR non sono considerate una priorità e non é previsto al momento ingaggiare scontri contro questo gruppo ruandese.

La diatriba aperta da Kobler indebolisce l’operazione militare contro le milizie denominata in codice “Operazione Sokola” iniziata il 17 gennaio scorso. L’offensiva lanciata dall’esercito congolese (FARDC) si è concentrata nelle località di Mamundioma, Kambi ya Mabi, Kalemi e Mwalika, considerate importanti bastioni della ribellione islamica ugandese ADF. Nonostante i bollettini di vittoria rientranti nel repertorio propagandistico del Governo congolese, la campagna non sembra aver impatto sul terreno. La ribellione ADF dopo qualche ora di scontri abbandona le postazioni per rioccuparle alla partenza dell’esercito regolare.

Come fa notare un esperto militare ugandese, l’Operazione Soloka è destinata al fallimento essendo stata affidata al Generale Bahuma Ambamba noto per la sua inesperienza e i vari scandali di corruzione sulla logistica militare. L’unica figura che la FARDC possedeva all’est del Paese, in grado di sconfiggere le varie milizie armate era il Colonnello Mamadou Ndala, comandante della Brigata Commando Unità di Reazione Rapida, ucciso il 02 gennaio 2013 in una imboscata.

Evidenti indizi fanno comprendere che la morte del Colonnello Mamadou Ndala sia stato un omicidio di Stato ordinato dal Presidente Joseph Kabila impaurito dalla popolarità e dalla determinazione dimostrata da Ndala. Una vittoria sulle forze negative ottenute dal Colonnello poteva trasformarlo in un eroe nazionale e un temibile candidato per le elezioni Presidenziali del 2016. Il Governo di Kinshasa aveva già tentato di allontanare il Colonnello Ndala dopo le prime offensive vittoriose contro il M23.

Inizialmente il Governo di Kinshasa aveva imputato la responsabilità al gruppo islamico ugandese. A seguito di emblematici video dell’accaduto e della rabbia popolare ha addossato la responsabilità su due ufficiali dell’esercito di origine tutsi. La versione ufficiale fornita alla popolazione (gli ufficiali erano stati assoldati dal M23) ha aumentato la furia popolare contro la minoranza tutsi congolese. I sospetti di complicità tra MONUSCO e FDLR sono stati confermati dalla strabiliante dichiarazione del numero 2 della Monusco, il Generale Abdallah Wafi: «Le FDRL non sono un gruppo strutturato come il M23 o il ADF ma piuttosto dei ex militari sbandati che vivono con le loro famiglie e bambini in campi installati in zone difficilmente accessibili. Occorre individuare i campi e transferendoli in zone lontane dall’est del Congo».

La dichiarazione del Generale Wafi rasenta l’incredibile. Il nucleo originario delle Forze Democratiche per la Liberazione del Ruanda è composto dal ex esercito ruandese sconfitto dal Fronte Patriottico Ruandese di Paul Kagame. Al suo interno vi sono anche i miliziani Interahamwe (combattenti uniti), capaci in soli 100 giorni di annientare un milioni di tutsi e hutu nel 1994.  Le FDLR sono state fondate il 30 settembre 2000 da miliziani che sono stati impegnati in combattimenti fin dal 1994.

Le FDLR controllano vaste aree dell’est del Paese dove sono ubicate importanti giacimenti di minerali preziosi con cui si finanziano non solo le armi ma il comando politico militare che risiede in Europa, principalmente in Francia, nonostante che sia composto da criminali ricercati dal Tribunale Speciale per il Rwanda a causa della pianificazione e del coordinamento del genocidio. Il FDLR può contare su una robusta rete di sostegno tra la diaspora hutu in Kenya e Tanzania composta dai ruandesi più compromessi con il genocidio. Può inoltre contare sull’appoggio della diaspora hutu ruandese che ha ottenuto la cittadinanza congolese grazie alla corruzione delle autorità locali e dell’appoggio fornito dal Governo di Kinshasa e dalla Famiglia Kabila. Ricevendo armi e munizioni dall’esercito congolese in cambio del loro impegno contro il M23, il FDLR è diventato anche una vera e propria holding commerciale con profitti maturati annualmente valutati a circa un milioni di dollari, che dal 2012 non vengono intaccati dalla necessità di comprare le armi. Nonostante la MONUSCO continui a valutare i suoi effettivi a non oltre 3.000 uomini il gruppo dovrebbe coordinare circa 12.000 tra i miliziani del FDLR e altri provenienti da gruppi armati congolesi alleati. Una forza significante ma che in realtà ha un potenziale offensivo ridotto a quello immaginato. Oltre 8000 uomini sarebbero stati reclutati recentemente e non avrebbero gran esperienza militare, limitando così le possibilità di sopraffare uno dei migliori eserciti della regione: quello ruandese, per ironia della sorte, è composto per il 82% da hutu.

Nel settembre 2013 le FDLR hanno tentato di invadere il Rwanda ipotizzando di attaccarlo su tre fronti: Nord e Sud Kivu e dalla frontiera tanzaniana (Operazione Abacunguzi). Attacco sventato dalle informazioni ricevute dai servizi segreti americani e ugandesi che hanno permesso al Governo di Kigali di schierare il suo esercito alle frontiere.

Le FDLR sono state inserite nella lista americana delle organizzazioni terroristiche internazionali e secondo il Centro Nazionale Antiterrorismo degli Stati Uniti sono responsabili di circa una dozzina di attentati terroristici commessi dal 2009 in Rwanda e del massacro di centinaia di migliaia di civili nelle provincie est del Congo. «Abbiamo avuto un incontro con Martin Kobler dove abbiamo esposto tutto il nostro disappunto per le dichiarazioni fatte. Non possiamo permettere che il problema del FDLR continui ad essere ignorato all’infinito. Siamo indignati dell’idea della MONUSCO di trasferire questi criminali in altri paesi. Il mandato delle Nazioni Unite non è di trasferire o proteggere le FDLR ma di annientarle assieme agli altri gruppi armati all’est della Repubblica Democratica del Congo», ha dichiarato ai media regionali il Ministro ruandese degli Esteri Louise Mushikiwabo.

Sotto consiglio di Russel Feingold, l’Amministrazione Obama ha ufficialmente richiesto alle Nazioni Unite, MONUSCO e Governo congolese di raddoppiare gli sforzi per la distruzione delle FDLR all’est del Congo. Russel Feingold ha ribadito la richiesta direttamente a Martin Kobler durante una conferenza telefonica avvenuta il 18 gennaio 2014. Il Sud Africa, che compone la Brigata Africana d’Intervento che ha combattuto il M23, sta spingendo per attaccare le FDLR trovando un’opposizione non solo all’interno della MONUSCO ma anche della Brigata. Opposizione espressa dal contingente Tanzaniano come logica conseguenza del patto stretto tra le FDLR e il Governo di Dar El-Salaam nel luglio 2013.

La credibilità di Martin Kobler è sempre più compromessa e si rafforzano i sospetti che il Capo della MONUSCO non sia in grado di gestire la situazione con l’atteggiamento neutrale previsto dalle missioni di pace ONU. Vi sono forti sospetti che Kobler sia politicamente orientato verso simpatie Hutu Power. Accusa sempre negata dal Capo della MONUSCO ma brutalmente confermata da dei capi tradizionali del distretto di Walikale che una settimana fa hanno pubblicamente accusato la MONUSCO di complicità con le FDRL. “Siamo a perfetta conoscenza degli accordi fatti tra MONUSCO e FDLR sotto proposta di Kobler al fine di avere questa milizia al suo fianco per combattere il M23. Le FDLR e i gruppi armati alleati controllano Walikale seminando il terrore ma la MONUSCO non interviene. Iniziamo ad avere il sospetto che Kobler cerchi a tutti i costi di favorire le FDLR per destabilizzare il Ruanda e attuare un cambiamento di regime a Kigali”. La MONUSCO ha scelto di ignorare queste accuse.

Secondo il giornalista ugandese Frederick Golooba la proposta di spostare in altre zone le FDLR non solo rischia di essere interpretata come una protezione del gruppo terroristico ma é anche irrealizzabile. Il FDLR non può rinunciare a quasi un milione di dollari annui provenienti dal commercio illegale dei minerali presenti nella zone all’est del Congo sotto il suo controllo. La passività della MONUSCO verso le FDLR sta rendendo insicura l’intera regione. Autorità militari, politici e giornalisti, ugandese e ruandesi affermano che le FDLR stanno preparando un secondo tentativo di invadere il Rwanda. Questi timori sarebbero confermati dalle confessioni di alti comandanti FDLR catturati nel luglio agosto 2013 dall’esercito ruandese e dal Ministro delle Prigioni il Generale Paul Rwarakabije, uno dei fondatori delle FDLR successivamente pentitosi ed integrato nel Governo di Kagame.

L’atteggiamento irresponsabile di Martin Kobler sta indirizzando la regione in un conflitto generalizzato a più riprese evitato fin dalla ribellione eversiva del M23. Secondo alcuni osservatori regionali Uganda e Rwanda non possono tollerare ancora a lungo questa situazione che permette al FDLR di rafforzarsi materialmente e psicologicamente per l’invasione. Per i due Paesi si rende urgente la neutralizzazione del FDLR in previsioni di futura instabilità in Burundi causata dal tentativo del Governo CNDD-FDD di instaurare un regime razziale tramite riforme costituzionali.

Se all’interno della MONUSCO continuerà a prevalere la linea di Kobler in simbiosi con i piani francesi di cambiamento di regime in Rwanda, si porrebbero aprire due scenari entrambi inquietanti: il primo prevede la riattivazione del M23 per creare un fronte interno all’est del Congo impedendo l’invasione; il secondo è la decisione, che potrebbe prendere Kigali in concerto con Kampala, di allentare la sorveglianza alle frontiere per incoraggiare l’invasione e avere il pretesto per respingerla e invadere l’est del Congo per annientare gli aggressori.

Ormai sono pessimista. Le Nazioni Unite  e la Brigata Africana d’Intervento hanno fallito nel disarmare le FLDR o non hanno interesse a farlo permettendo ai terroristi di continuare le violenze sui civili congolesi e a progettare continui piani di invasione. Se la situazione continua quanto tempo ci vorrà affinché Ruanda e Uganda non decidano di risolvere personalmente la situazione? Sapete cosa significa? Perché non ascoltare l’urlo delle popolazioni del Congo e Ruanda? Sono dieci anni che ripetono: “Tunachoka na vita” (siamo stanchi di guerre)”, spiega Frederick Golooba.

Charles Kambanda, nel suo blog Ikaseiwacu sembra molto attivo nell’opera di disinformazione con l’obiettivo di aumentare l’odio etnico contro il Rwanda e diffondere notizie allarmanti. Il 22 gennaio scorso ha diffuso la falsa notizia di un’invasione delle truppe ruandese nel Nord Kivu. Un reparto dell’esercito ruandese entrò in Congo nel ottobre 2013 per ritirarsi a fine novembre 2013 dopo la sconfitta del M23. La notizia è stata diffusa in collaborazione con esponenti della societá civile del Nord Kivu e una fantomatico sito di informazione congolese B One Television, che trasmette solo in rete. Il domino di questa televisione è registrato in Francia.  

 

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