Faccio il giurista, male ma il giurista, non sono un giornalista, meno che mai un ‘grande giornalista’, e quindi, molto più modestamente, cerco di vedere le cose da un punto di vista ‘neutro’ alla luce delle norme. Neutro è cosa diversa da neutrale, perché la neutralità, almeno in certe cose, non è umana.
Cito, dunque, da ‘Huffington Post’ di oggi, 11.7.2018 ore 09.26: «Sulla ‘Diciotti’, imbarcazione della guardia costiera italiana che si è permessa di prendere a bordo in acque libiche 67 migranti salvati dal rimorchiatore italiano Vos Thalassa, si consuma il primo vero braccio di ferro in seno al governo gialloverde. Nello specifico tra il ministro dell’Interno Matteo Salvini e il titolare delle Infrastrutture, Danilo Toninelli, competente sulla guardia costiera. Ma anche tra Salvini e lo stesso premier (sic!) Giuseppe Conte, tra Salvini e il vicepremier (sic, sic!) Luigi Di Maio. Discutono al telefono da ieri sera: da prima del trasbordo delle 67 persone sulla Diciotti. Salvini è su tutte le furie. Dice no al trasbordo, indica invece la guardia costiera libica: spetta a loro. Toninelli insiste. Salvini parla anche con Conte e Di Maio. Anche a loro fa presente la sua irritazione. Non la spunta. La Vos Thalassa ha già chiesto l’aiuto della guardia costiera, mail che segnalano caos a bordo: i migranti non vogliono tornare in Libia, si ribellano, vengono presi dalla Diciotti».
La frase chiave, per me, è l’ultima. Sorvolo sulla notizia per la quale abbiamo un ‘premier’ e addirittura un vice-premier, ristudierò la Costituzione. Sorvolo sul fatto che il signor Toninelli, benché concentratissimo, insiste su qualcosa, è sempre una buona notizia. Sorvolo anche sul fatto, anche se me ne dispiace, che Salvini è irritatissimo, spero che non si riverberi sulle camicie da stirare. Perché, ripeto, la frase chiave è l’ultima: «i migranti non vogliono tornare in Libia».
Io sono un giurista e dunque, ripeto, come ho scritto più volte: ne hanno diritto, ne hanno sacrosanto diritto; se anche non vi fosse stata la “sommossa”, avevano e hanno il sacrosanto diritto a pretendere di non essere portati in Libia. Se tutto mancasse, perché l’articolo 12.2 del Patto internazionale sui diritti politici del 1966 (art. 13.2 della Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo), ratificato dall’Italia (quindi a stretto rigore legge italiana, cioè obbligatoria) afferma testualmente: «Ognuno è libero di lasciare qualunque paese, compreso il proprio». Ciò, dice la Convenzione quindi la legge italiana, dopo avere indicato all’art. 7 il divieto di tortura, all’art. 8 il divieto di riduzione in schiavitù e all’art. 9 il diritto alla libertà e divieto di arresto arbitrario
Certo, lo dico subito, se no qualche grande giornalista tipo l’odierno irritatissimo Travaglio, dirà che pecco di omissione, certo, lo stesso articolo al numero 3 specifica: «questi diritti non sono suscettibili di alcuna limitazione, salvo quelle previste dalla legge necessarie a proteggere la sicurezza nazionale, l’ordine pubblico … ». Oggi, visto che l’ho citato, il dottor Travaglio afferma che il fatto che le navi delle ONG siano vicine alle coste libiche, che talvolta siano avvisate dalla Libia della partenza di barconi, ecc., prova che sono di fatto una causa della immigrazione clandestina, come affermato anche da alcuni giudici, che però non ne hanno le prove, quindi non è prova, ma illazione. Di nuovo la frase importante (non testuale, dottor Travaglio, per carità non testuale!) è l’ultima, perché in uno stato di diritto i giudici condannano i colpevoli provati tali, altrimenti quelli non sono colpevoli: punto e basta. E il dottor Travaglio nella sua lunga e brillante carriera lo ha ripetuto dozzine di volte, ora pare lo dimentichi!
Ma quand’anche si provasse, cosa cambierebbe? Nulla.
Quella gente ha diritto a lasciare il proprio Paese, qualunque esso sia, anche la Libia. Diritto, diritto: chiama la, barca a prenderlo? E che male c’è?! ha il diritto di andarsene, se non trova un aereo dell’Alitalia, ‘prende’ il rimorchiatore. Questo diritto è un diritto dell’uomo in quanto tale, di tutti gli uomini; i nostri concittadini che vogliono andare all’estero ci vanno, e nessuno può impedirglielo o chiuderli in un campo magari in Svizzera, né in Italia, né all’estero. Certo, se commette reati, non ha mezzi di sussistenza, ecc., può essere espulso, ma non può essere costretto a restare in Italia. E, si badi, quei diritti valgono per tutti, italiani inclusi; abbiamo già visto le aule parlamentari ridotte a bivacco per manipoli vari. Attenzione le regole servono proprio ad evitare che qualcuno ne faccia a proprio uso e consumo.
Ieri sera, un altro grande giornalista, tal dottor Capuozzo, spiegava da par suo, parlando da Pantelleria (non so perché, confesso) che in Africa non ci sono guerre in atto salvo in Sud Sudan, che i migranti dall’Africa tanto disgraziati non sono, visto che dispongono dei soldi per pagarsi il viaggio, ecc. Bene, bravo, avrà pure ragione anche se, almeno con riferimento all’Africa, forse qualcuna in più di guerre e guerricciole ne immaginerei (che so, il Mali, la Nigeria con Boko Haram, il Sahara) ma cosa cambia?
Dal punto di vista del diritto italiano ed europeo, è certo che esiste l’obbligo di accogliere i rifugiati da conflitti, e anche (articolo 10 della nostra Costituzione) quelli che fuggono per motivi politici. Obbligo per altri no, diritti dell’uomo a parte, però. Il punto, dunque, è e resta l’altro. Quella gente ha diritto di lasciare il proprio o altro Paese.
Certamente, solo un matto direbbe il contrario, certamente non possiamo accogliere tutti, ma il punto è proprio qui: non possiamo accogliere tutti, ma non possiamo impedirgli di lasciare il proprio o altro Paese e, peggio ancora, internarli a metà strada. Per cui una cosa è certa: rimandarli in Libia o addirittura affermare che quelle persone devono essere consegnate ai libici è illecito, tanto più che sarebbero sottoposti a trattamenti in contrasto con le norme citate. Beninteso, se non hanno mezzi di sostentamento ecc., possono essere riportati al proprio Paese, non in Libia.
Sta dunque alla politica e solo alla politica, trovare (o meglio organizzare) la soluzione, che non può essere quella di creare dei campi di concentramento in Libia o altrove. Questo, purtroppo è il ‘busillis’. Ma la risposta non è e non può essere chiudere le porte e basta. La risposta sta nella politica, nella cooperazione, nella soluzione del problema reale che è: quelli vogliono andarsene da … non si può imprigionali a metà del viaggio.
Il problema della nostra politica, e purtroppo non solo della nostra, è quello di chiudere gli occhi di fronte alla realtà, di affermare il proprio diritto a chiudere i porti, di discettare sulla esistenza o meno di guerre, di discutere della ricchezza di quei migranti.
Il fatto è che quei migranti hanno diritto di migrare e impedirglielo è illecito per cui prima o poi qualcuno troverà il modo di avanzare questioni giudiziarie e chiedere risarcimenti. Si diceva una volta tra noi giuristi: dura lex sed lex, la legge può essere negativa, spiacevole, ma è la legge, e va rispettata.
Questo è il compito dei giuristi. Sta ai politici risolvere il problema che ne consegue, certo non sfruttando o creando una paura dei migranti a scopi puramente di potere. Alla lunga, la realtà vorrà il suo prezzo. Sarà un caso, ma proprio oggi il Ministro della Difesa afferma qualcosa di analogo.