I venti di guerra nell’Europa centro-orientale stanno lambendo crudeli anche i lavoratori italiani del campo aeronautico. Da poco, alla Superjet International di Venezia Tessera è stato proclamato uno sciopero di maestranze e tecnici, preoccupati che le ritorsioni di natura economica lanciate verso la Russia possano causare gravi perdite occupazionali. «Gli effetti delle sanzioni non ci permettono di lavorare» fanno eco i 144 dipendenti veneti a cui si associano gli addetti delle ditte che appoggiano la produzione con le subforniture.
Il consorzio costruisce i jet commerciali a Komsomolsk in Siberia che vengono poi allestiti a Tessera dove si effettuano anche i cicli di manutenzione e di riparazioni straordinarie, secondo la vecchia tradizione delle Officine Aeronavali che negli anni Novanta ricondizionavano aerei per conto di spedizionieri e di corrieri internazionali.
L’origine di questa società consortile risale a poco più di una quindicina di anni. Il 5 marzo 2006, con un accordo ufficiale, il Ministro russo per l’Industria e l’Energia Viktor Kristenko consolidò a Mosca la nascita di un nuovo soggetto industriale: l’autorevolezza di un’industria avente per capostipite il progettista Pavel Osipovich Sukhoi e l’esperienza di Alenia Aeronautica con i suoi programmi di velivoli di corto raggio furono segnati come una grande opportunità industriale. Per la parte italiana siglò l’accordo il ministro delle attività produttive italiano Claudio Scajola. Proprio lui. Quello che all’assassinio di Marco Biagi disse: «Era un rompicoglioni che voleva il rinnovo del contratto di consulenza». Lo stesso che da titolare del Viminale pretese che il vettore di stato aprisse un volo quotidiano dall’aeroporto di Albenga per Roma Fiumicino che fu esercitato da ATR 42. Un collegamento, come fu fatto notare in un’interpellanza parlamentare, il cui massimo storico di passeggeri trasportati fu di 18 unità.
Con questo atto, l’azienda italiana diventò azionista della Sukhoi Civil Aircraft Company, acquistando una quota del 25% del capitale, più un’azione ed investendo 300 milioni di dollari nella realizzazione della famiglia di jet regionali. Vladimir Putin mostrò la sua benevolenza all’affare che gli stava servendo il ministro del governo del suo amico Silvio Berlusconi, ritoccando lievemente un decreto che lui stesso aveva imposto per impedire agli stranieri di partecipare a sue imprese nazionali. Il nuovo velivolo -un jet da 98 posti– sarebbe stato motorizzato con i SaM146 realizzati da una collaborazione tra la russa Saturn e la francese Safran.
Ma non è stato un programma particolarmente fortunato. Il 9 maggio 2012 il quarto velivolo uscito dagli stabilimenti siberiani, dopo essere decollato per il volo dimostrativo ‘Welcome Asia!’ dall’aeroporto Halim Perdanakusuma di Giacarta si schiantòcontro il vulcano Salak, sull‘isola di Giava in Indonesia, provocando la morte dei 37 passeggeri e 8 membri dell’equipaggio. Un errore dei piloti? Può darsi anche se difficile crederlo perché il comandante Alexander Yablontsev aveva un’esperienza dioltre 10.000 ore di volo ma poichè la maggior parte delle vittime erano giornalisti e potenziali clienti, l’immagine che ne uscì fu disastrosa.
Un altro episodio drammatico si è verificato il 5 maggio 2019. Il volo Aeroflot 1492 effettuato con il Superjet 100 dalle marche RA-89098 partito da Mosca-Šeremet’evo e diretto a Murmansk fu colpito da un fulmine poco dopo il decollo. Secondo l’inchiesta le apparecchiature di bordo costrinsero il pilota ad un atterraggio di emergenza ma al momento di toccare la pista, l’aereo sobbalzò per tre volte e il carrello principale con sollecitazioni così gravose sfondò i serbatoi pieni di carburante che mandò a fuoco la fusoliera. Delle 78 persone a bordo se ne salvarono solamente 37. Ancora una volta la responsabilità fu data alla cabina di comando. La via più facile per risolvere un caso, salvando l’aereo che, secondo il Ministro dei Trasporti Yevgeny Ditrikh non sarebbe stato necessario metterea terra in quanto non vi era alcun segno evidente di un difetto di progettazione.
In realtà, chi scrive non è stato membro delle inchieste per queste due tragedie, quindi non gli è concessa nessuna considerazione in merito. Però si sa che il mercato occidentale non ha gradito questo apparecchio e la previsione di 1.200 aerei da costruire in 20 anni ha mancato clamorosamente: ne sarebbero in ordine non più di 300 e meno di 200 in esercizio. E nonostante Romano Prodi da Presidente del Consiglio, cavalcando l’accordo voluto dall’entourage dell’ex Cavaliere avesse dichiarato: «Era l’ultima occasione per entrare in una fascia importantissima delmercato», Alitalia in particolare ebbe un atteggiamento ostile nel raffigurare il ruolo di cliente di lancio, malgrado la presenza italiana nella società avrebbedovuto spingere i manager che la guidavano ad una maggiore disponibilità; così quello che poteva essere un volano commerciale, fu un flop scomposto: i capitani coraggiosi guidati da Rocco Sabelli e Roberto Colaninno nonostante le promesse fatte pubblicamente, per il trasporto regionale nel 2010 si rivolsero alla brasiliana Embraer che mise in flotta gli E190 e gli E175, assistiti dalla passività del governo in carica. Dall’altra parte anche Aeroflot fu cauta, non abituata a comprare aerei che fossero costruiti all’esterno dei propri perimetri nazionalisti e protezionisti.
In realtà l’affare era un pilastro poggiato sulla sabbia, probabilmente più solidale alle momentanee amicizie di stato che alle opportunità delle nazioni. Le lobby chiamate per assistere al business mostrarono una assoluta miopia nel sondarne i benefici e valutarne i rischi.
Oggi la società è controllata al 90% dalla Russia e il restante pacchetto è italiano. E come dicevamo, vive anch’essa gli affanni derivanti da una guerra in corso.
Il Super100 a nostro avviso è stato un buon prodotto, che ha visto insieme due capacità tecnologiche molto significative. Ma nel mondo delle compagnie aeree, presentare un buon aeroplano non basta. Occorrono le certificazioni mondiali, la ricerca rigorosa di un mercato, la disponibilità dei vettoricaptive a fare da apripista e la comprensione delle richieste dei clienti a cui si deve andare a bussare: per esempio le infrastrutture delle regioni periferiche dell’ex impero sovietico non erano in grado di accogliere la tipologia del jet proposto, mentre in occidente si guardava ancora il mezzo russo con un po’ di diffidenza. Queste ultime strade non sono state sufficientemente esplorate, il che significa che la politica è necessaria nel varo di unprogramma che cerchi sbocchi internazionali ma deve mirare all’interesse del Paese, non dei suoi governanti o dei rispettivi faccendieri. In questo momento poi, è inutile pure parlarne.