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Grasso neutralizza Grillo

Grasso

Il Presidente del Senato Pietro Grasso ha deciso di costituire il Senato come parte civile (e quindi chiedere i danni per l’immagine deturpata del Parlamento) nel procedimento a carico di Silvio Berlusconi per la presunta compravendita di senatori nel 2008 (che causò la caduta del governo di Romano Prodi). Nonostante il Consiglio di Presidenza del Senato, il cui parere è solo consultivo, avesse deciso (con dieci voti a favore e otto contrari) di non schierarsi come parte civile, il Presidente del Senato, con un gesto di natura esclusivamente politica, ha optato per la soluzione opposta.

Giova ricordare, infatti, che tale decisione non era giuridicamente dovuta in quanto non esistevano precedenti. Era stato il senatore Pd ed ex giudice Felice Casson a meglio sintetizzare i termini della questione: «non vi è nessun obbligo formale ma, semmai, un obbligo morale». Gli “inviti” a Grasso del senatore Maurizio Gasparri a «tener conto del parere del Consiglio di Presidenza» e di Renato Brunetta ad essere «superpartes» non hanno avuto l’effetto sperato.

A spingere Grasso verso questa opzione hanno sicuramente contribuito sia il fatto che le forze parlamentari sconfitte nel Consiglio di Presidenza (Pd, M5S, Sel) in realtà rappresentano la maggioranza dei senatori, sia considerazioni prettamente giuridiche. Il Presidente, infatti, in una nota ha giustificato la sua decisione parlando di «ineludibile dovere morale di partecipazione all’accertamento della verità, in base alle regole processuali e seguendo il naturale andamento del dibattimento». Il Presidente evidenzia come  lo stesso Tribunale di Napoli, «prima da parte del Pubblico Ministero poi del Giudice» ha identificato come «parte offesa» il Senato a seguito della compravendita di senatori ponendo un problema di «dignità dell’Istituzione».   

Solide argomentazioni ma non può non avere influito anche la paura di un terremoto dentro il Pd e il timore di rivedere in Senato le stesse baruffe viste alla Camera la settimana scorsa. I grillini infatti erano già pronti a scatenare un’altra baraonda (questa volta a Palazzo Madama) ma con un effetto collaterale devastante per il partito di Matteo Renzi: l’appoggio della base Pd a Grillo. Un prezzo troppo alto anche per il Segretario che, pur tenendo un profilo basso sul tema, ha sostenuto la scelta di Grasso. 

Infuocate, ma largamente prevedibili, le reazioni degli esponenti del Pdl. Di «sconcertante e gravissimo vulnus» parla Maurizio Gasparri che accusa Grasso di aver «calpestato e ignorato» l’esito del voto dell’Ufficio di Presidenza «con una scelta istituzionale scorretta», «lesiva di regole istituzionali»  e che «non potrà restare priva di conseguenze». Gasparri richiama anche «l’attenzione del Presidente della Repubblica su questa scelta grave e vergognosa» dimenticando che sul Quirinale grava una richiesta di impeachment del M5S per motivi esattamente opposti (cioè l’aver firmato tutte le leggi ad personam nonostante fossero viziate, secondo i grillini, «da incostituzionalità manifesta»). 

Mai banale Renato Brunetta: «Il presidente Grasso recita l’ennesima parte incivile nella tragedia del colpo di Stato consumato in Parlamento con l’estromissione del leader dei moderati», obbedendo «alla sua vecchia appartenenza all’ordine giudiziario fattosi onnipotente». Anche Brunetta parla di colpo di stato e dovremmo essere al quattordicesimo in pochi giorni stando alle dichiarazioni lette ultimamente.

Se, per la decisione di Grasso, Berlusconi farà saltare l’accordo con Renzi lo scopriremo a breve. L’impressione è che il Cavaliere debba stare attento a non tirare troppo la corda. Renzi non ha la pazienza del premier e, se si va alle urne, si va con il sistema proporzionale, con le preferenze e con la faccia di Giovanni Toti sui manifesti.

 

 

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