sabato, 1 Aprile
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Gran Bretagna: dalla Cee alla Ue, fino alla Brexit: la storia

Un racconto fatto di troppi bassi e pochi alti quello tra Londra e Bruxelles

Ormai ci siamo: la Gran Bretagna è pronta ad avviare la procedura per l’uscita dalla Ue, la cosiddetta Brexit. Per Londra sono stati quattro i decenni in cui è stata membro dell’Unione europea e il rapporto con le istituzioni comunitarie non è stato mai semplice, complice un euroscetticismo strisciante che poi è esploso il 23 giugno scorso con il referendum che ha sancito la Brexit.

La Gran Bretagna entrò nell’allora Comunità economica europea (Cee) nel 1973 dopo che il Parlamento britannico aveva approvato l’anno prima la Legge delle comunità europee sotto il mandato del conservatore Edward Heath, europeista convinto. Il periodo per il Paese era complicato dal punto di vista economico e l’entrata nella Ue fu vista come la soluzione ai propri mali. La conferma arrivò nel referendum del 1975, ma in realtà il Regno Unito non ha mai mostrato di sentirsi pienamente parte del ‘continente’ europeo.

Secondo Simon Usherwood, docente di Politica all’università di Surrey, il problema basico è che nel rapporto tra Ue e Londra «nessuna delle due parti si capisce»: «Il Regno Unito pensa che l’Ue è solo un blocco di transazioni commerciali, mentre l’Ue non comprende come mai il Regno Unito tratti tutti gli affari europei come se fossero una minaccia».

I problemi arrivarono con l’elezione nel 1979 di Margaret Thatcher, che diede una svolta ai rapporti con le istituzioni europee. Bloccata in una profonda crisi economica, con un aumento della disoccupazione e continui scioperi, la Thatcher iniziò ad attuare dure riforme, mentre all’esterno il suo euroscetticismo venne a galla prepotentemente. E nel 1984 si presentò in Europa per rinegoziare lo sconto annuale per il Regno Unito, consistente in un sistema per cui l’Ue rimborsa a Londra un importo pari al 66% della differenza tra il suo contributo al bilancio Ue e l’importo ottenuto dallo stesso bilancio, comportando un ulteriore onere finanziario a carico degli altri Stati membri e con l’obiettivo di ricompensare al Regno Unito il minor uso degli aiuti agricoli.

Con queste mosse dure ma chiare la Thatcher vinse le elezioni nel 1987, ma nel 1990 entrò in rotta di collisione con il suo partito e dovette allontanarsi definitivamente. La nuova stagione Tory che ebbe il via con John Major però non portò nulla di nuovo con l’Europa, visto che il partito continuò sulla linea euroscettica. Major arrivò a negoziare maggiormente con i partner europei e il simbolo è la firma del Trattato di Maastricht nel 1992 con cui si introdussero una moneta comune e una maggiore cooperazione politica: la Gran Bretagna qui ottenne una clausola di esenzione, per cui Londra non era obbligata a entrare nella terza fase dell’Unione economica e monetaria e introdurre una moneta unica, l’euro.

Il nuovo cambio di rotta ci fu con l’arrivo dei laburisti di Tony Blair al governo, che portarono ad una nuova stagione positiva nei rapporti con Bruxelles. Nel 2008, con Gordon Brown come premier, arrivò anche la firma del Trattato di Lisbona che includeva il famoso ‘articolo 50’, il procedimento sull’uscita di un Paese dalla Ue. Decisivo però il ritorno dei conservatori nel 2010, con David Cameron capofila del risentimento nei confronti delle istituzioni europee. Il resto è storia di oggi, con il referendum del giugno scorso che ha sancito la Brexit.

(video tratti dal canale Youtube di Vista)

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