Se dovessi scegliere un aggettivo per definire questo Governo e la sua conquista della fiducia è ‘apatia’, quasi si stesse celebrando una cerimonia noiosa e rituale, obbligata. E non parlo solo della maggioranza e dei banchi del Governo, ma anche della ‘opposizione’, fino a ieri, in parte, maggioranza.
Anche nell’opposizione, infatti, le proteste, le interruzioni, i cori ritmati con insulti e rivendicazioni varie (poltrone poltrone, elezioni elezioni, e al Senato la volgarità estrema della solita Borgonzoni, ecc.) hanno un che di rituale, di prevedibile, di … recitato; solo la solita volgarità, la solita sciatteria, la solita incapacità di spiegarsi altro che con slogan e insulti e monosillabi. Appena cercano di dire periodi più lunghi di dieci parole, le papere si sprecano, le esitazioni sono continue, l’evidente incomprensione di ciò che si dice, anche. Concetti, sorvoliamo.
Specialmente Matteo Salvini in Senato, un torrente di tweet, sconnessi e sconclusionati, parole d’ordine per dire che si deve rispettare la volontà del popolo e andare a votare, come se il popolo non avesse votato un anno fa, e di attacchi a Giuseppe Conte per il suo cambiamento di posizioni! Trappola mediatica nella quale puntualmente cade Conte, sia alla Camera che al Senato, entrando in un dialogo diretto con Salvini, violento, come se dicesse (cito la professoressa Chiara Saraceni) «avremmo potuto restare insieme a me andava benissimo, sei stato tu a tradirmi» … un uomo coerente e di ideali chiari e netti. Che conferma quando dice che non è il caso di parlare di ‘porti chiusi o aperti’, ma bisogna affermare il principio che ogni Stato deve essere libero di decidere se e chi ammettere sul proprio territorio, migranti inclusi, il che attesta la sua alta conoscenza del diritto e specialmente di quello internazionale.
Ma comunque, la molto sbandierata replica dura di Conte, a me è sembrata solo una sorta di riemersione dal grigiore paludato del discorso di presentazione del Governo di una atavica, italianissima, traduzione dal vernacolo di affermazioni alquanto esplicite di reazione non di ragione. E nemmeno di rabbia: di che dovrebbe mai arrabbiarsi se ciò che gli contestano è largamente verosimile!
Ai banchi del Governo, colpisce l’immobilità pietrificata dei ‘governanti’, impassibili, no, tristi, appunto apatici, privi di emozioni, nemmeno per la soddisfazione di avere spodestato il precedente governo, del quale, peraltro, facevano parte: ma vi rendete conto dell’assurdo siderale della situazione? Tetri, dunque, forse a meditare vendetta, ma contro i propri stessi colleghi di Governo. L’evidenza del fatto che nessuno, proprio nessuno, si fida degli altri, anzi, li teme.
Al Senato, si attende l’intervento del ‘capitano’, verrà?, non verrà?, che dirà?, che non dirà?, sempre a frasi brevi, mai più di 160 caratteri. E Matteo Renzi?, si chiedono i migliori giornalisti italiani (o almeno quelli che dicono di esserlo) e Renzi che fa, come mai alle 15.30 ancora non è arrivato in Senato, che fa dorme, ha mal di pancia o, il solito malpensante (me compreso), vuole farsi notare proprio perché non arriva e tutti si chiedono quando arriverà.
Questo è il clima, questo il livello, questa è la politica italiana … e mentre si discetta su ciò e in aula gli insulti o le banalità, anzi, gli insulti e le banalità si sprecano, si apprende che il conte Paolo Gentiloni (senza pochette) è stato nominato Commissario all’economia, ma … sotto Dombrovskis, quello che ci ha fatto vedere i sorci verdi, bel successo! E, tanto per non sbagliare, la signora von der Leyen, dagli occhi dolci ma temo solo quelli, spiega che Gualtieri, cioè il nostro Ministro dell’Economia, ‘sa bene cosa si deve fare’: una constatazione o una minaccia? È lì che si fa la politica e i nostri ‘parlamentari’ (alcuni di quelli a vita si degneranno perfino di votare e per il Governo) passano il tempo a lanciarsi insulti, a indossare magliette, a inalberare cartelli scemi; è lì che si fa la politica, che aspettate, che aspettiamo a capirlo?
Lo dico con preoccupazione, anzi, non vorrei dirlo, ma l’impressione palpabile è che non sia lì che si recita la vera benché scadentissima commedia, che, infatti, si recita e si scrive (letteralmente, si recita prima di scriverla) altrove, dietro le quinte.
I veri protagonisti, purtroppo, sono Grillo e Renzi: entrambi assenti, entrambi apparentemente distanti, entrambi cinicamente legati al potere.
L’uno, Grillo, terrorizzato dall’idea della fine, non della democrazia -alla quale Grillo non crede e che vorrebbe cancellare, lo abbiamo ben visto mille volte ormai- ma degli stellini, come partito e come organismo depositario di una ipotesi di conquista del potere, probabilmente ormai sfumata, ma difesa come l’estrema trincea, con rabbia e forse perfino con qualche illusione. Grillo, l’ultimo dei giapponesi? Mah, forse proprio così. Anche perché quel ‘partito’, diciamocelo francamente, ormai a me sembra finito, finito male, ma finito, lo diceva anche l’odiato De Benedetti l’altra sera. Le demenzialità sulla ‘democrazia diretta’ di una piccola élite che decide le sorti di sessanta milioni di persone e che decide senza conoscenza e capacità, con parole d’ordine banali e parasessantottine, in base a luoghi comuni dove il ‘green new deal’ appare quasi un colpo di genio, se solo si capisse che cavolo vuol dire!
L’altro, Renzi, assente e ghignante alla Camera al Senato non si sa, bene rappresentato in quel murale dove impugna un arco con freccia diretta a Conte Zingaretti e Di Maio, che dovrebbe essere la freccia di Cupido, ma a me è parsa un missile, e probabilmente lo è. Certamente, lui Renzi, l’immagine dell’uomo deciso e risoluto, capace di decidere e scegliere, ma anche grigio e livido nel suo cinismo e nella sua ipocrisia, dove nulla è vero, nulla è sentito, tutto è solo e unicamente potere: altro che Parigi val bene una messa! Che poi l’autore di quel murale, io credo, non ha capito che i tre non possono, anche se volessero non possono collaborare a lungo, sono troppo diversi e i due stellini troppo cinici anche per un politico navigato come Zingaretti! Ecco perché dico che Renzi ha un siluro in mano … lui, quanto a cinismo non ha uguali.
In questo clima spossato e spaesato, la recitazione di Conte è un momento di surrealtà ripiena di noia. Quello sproloquio verboso, cauto, pieno di digressioni inutili, recitato da un viso di pietra fintamente sorpreso dalle interruzioni che è lo stesso che parla allo stesso modo, che dice le stesse frasi di quando quindici mesi fa affermava tutto il contrario di quello che dice oggi, e che qualche mese dopo si assumeva la responsabilità di decisioni che oggi contesta radicalmente e, come ovvio, non parlo solo dei migranti.
Certo non è senza significato che ancora a tarda sera del giorno della fiducia una nave gira a vuoto in mezzo al mare, avendo avuto il divieto di accesso alle nostre acque territoriali, lo stesso giorno in cui quello stesso viso, appunto una maschera, dichiara testualmente: «Penso anche all’epocale fenomeno migratorio, che va gestito con rigore e responsabilità, perseguendo una politica modulata su più livelli, basata su un approccio non più emergenziale, bensì strutturale, che affronti la questione nel suo complesso, anche attraverso la definizione di un’organica normativa che persegua la lotta al traffico illegale di persone e l’immigrazione clandestina, ma che – nello stesso tempo – si dimostri capace di affrontare ben più efficacemente i temi dell’integrazione, per coloro che hanno diritto a rimanere e dei rimpatri, per coloro che non hanno titolo per rimanere … In materia di immigrazione non possiamo più prescindere da un’effettiva solidarietà tra gli Stati Membri dell’Unione Europea» e, tirato il fiato da quella frase da trapezista, lascia gente a galleggiare in mare aperto, perché la solidarietà è tra gli Stati, non negli Stati a favore degli esseri umani. Parole dello stesso uomo che ha rifiutato di sottoscrivere la dichiarazione universale sulle migrazioni, oggi al Governo con chi ha urlato contro lo scandalo: bella coerenza! Dallo stesso uomo che impugna l’immagine di Padre Pio e la costituzione e i codici: evviva! L’avvocato del popolo, che concepisce lo Stato come una entità ‘altra’ dalla gente (quello che chiama popolo) portatore di interessi diversi da quelli della gente vera.
E in questo clima, in questa temperie, il mitico soccorritore di migranti in mare a Lampedusa, Graziano Del Rio, non ha nulla da dire, nemmeno un cenno, una parola, un singulto, un fremito di sopracciglia. Tutto teso a dimostrare che l’accordo tra il primo classificato e il terzo è altrettanto legittimo di quello tra il primo e il secondo. Nella certezza, aggiunge Del Rio, che il Governo bene farà attraverso il brillante Ministro dell’Economia, l’ottimo Ministro dei rapporti con l’UE, nel quadro della splendida politica estera del nostro Ministro ad hoc, quello che ha bloccato la ratifica del trattato europeo col Canada che oggi renderebbe grandi benefici alle nostre imprese. Tutto ciò senza un fremito di emozione, di passione e nemmeno, e questo è ammirevole, un sbotto di risa!
La politica ridotta a alleanze: io mi alleo con chi capita, purché abbia la maggioranza; la politica come una sorta di gioco dell’oca dove contano i passi che tiri a sorte coi dadi, finché non cadi nella trappola e torni all’inizio … salvo per chi ha i dadi truccati.
Capisco bene che tra i banchi del PD ci fosse un atteggiamento di stupefatta resa agli eventi, che passano sulla testa di tutti, tutti nessuno escluso tra i presenti in quelle aule, secondo me imbarazzati nel recitare, tutti ma proprio tutti, una parte che non comprendevano, ma specialmente che non condividevano.
Ora il nuovo Governo, mentre si accapiglierà nella nomina dei sotto-segretari, si congratula che a Bruxelles decidano di nominare Gentiloni, coi limiti di cui sopra: non perché molto da ciò possa cambiare, ma perché un ‘buon’ incarico può essere più facilmente venduto alla credulità popolare.
Peccato. Peccato perché il PD, o meglio una parte di esso aveva ancora una coerenza e una levatura da difendere e portare avanti. Ma in questo clima, anche le poche buone idee che potrebbero venire portate alla luce, rischiano di naufragare in una melma nemmeno maleodorante, ma anche quella grigia e insapore, dalla quale, forse, Renzi chiamerà a sé qualcuno che gli piaccia … se non vi affonderà anche lui.