sabato, 1 Aprile
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Giudici di Pace: quando una vera riforma?

C’è un testo di legge all’esame del Senato che propone l’ennesimo tentativo di riformare in maniera organica la magistratura onoraria, quindi la Giustizia di Pace. Ennesimo, perché una riforma della magistratura onoraria era già stata improntata nel 2012 con il decreto legislativo che ridefiniva una nuova geografia giudiziaria. Quello che prevedeva, tra le altre cose, la soppressione di 667 Uffici del Giudice di Pace, che poi si è trasformata in accorpamento.

Inoltre, con un decreto del 22 ottobre 2015, è stata stabilita una proroga fino al 31 maggio 2016 per quei Comuni, anche consorziati fra loro, che abbiano intenzione di mantenere in loco la sede del Giudice di Pace, competente per territorio. Potranno farlo a patto che si accollino gli oneri di gestione delle relative sedi e a condizione che gli uffici comunali inviino i propri dipendenti che assurgeranno al ruolo amministrativo all’interno degli Uffici della Giustizia di Pace.

“Entro il 31 maggio 2016 il Ministro della Giustizia dovrà decidere quali delle sedi soppresse del Giudice di Pace che ne hanno fatto tempestiva domanda, ed attualmente in fase preliminare di organizzazione dei futuri servizi (formazione del personale amministrativo, allestimento dei locali…), potranno essere riaperte.  Si tratta di poco meno un centinaio di sedi che, una volta riaperte, dovranno essere integralmente mantenute a carico dei Comuni (salve le spese di mantenimento dei magistrati, che resteranno a carico del Ministero). Il rischio è che, dopo la ‘sbornia’ elettorale e propagandistica, alcuni Comuni, come già successo nel recentissimo passato (negli ultimi 18 mesi sono state soppresse oltre 100 sedi del Giudice di Pace originariamente mantenute dai Comuni), si rendano conto di non avere i mezzi finanziari per garantire il funzionamento degli uffici, né personale amministrativo, sempre comunale, adeguatamente formato, e che molte delle sedi riaperte finiscano solo per creare problemi e disservizi all’utenza ed agli operatori di Giustizia per poi essere nuovamente soppresse per inadempimento dei Comuni agli obblighi di efficienza stabiliti dalla legge”, tuona Alberto Rossi, Segretario Generale Unagipa (Unione Nazionale Giudici di Pace).

Un accorpamento, quindi, che non è stato per nulla digerito da alcune associazioni di categoria, perché prevede un vero e proprio “passaggio di gestione agli enti locali con notevoli disagi sia sotto l’aspetto giudiziario sia amministrativo” conferma Margherita Morelli, revisore dei conti e membro dell’Associazione Nazionale Giudici di Pace (A.N.G.d.P.) e Coordinatore del Tribunale dei Giudici di Pace di Afragola.

Un passaggio di gestione che rischia sminuire il lavoro e l’impegno profuso dai cosiddetti giudici di prossimità’, quelli più vicini ai territori, che si occupano della conciliazione fra cittadini. Anche i cittadini, infatti, sono penalizzati da questa situazione.  Nel momento in cui entrano in un tribunale si ritrovano insoddisfatti a causa della intempestività da parte degli uffici sottodimensionati nel dare risposta alle richieste di documentazioni o semplici informazioni; il ché rischia di ripercuotersi non solo sulla macchina  amministrativa ma anche giuridica. Per questo motivo si rivela necessaria, agli occhi della magistratura onoraria, una riforma che ponga ordine nella macchina della magistratura di Pace che negli ultimi anni ha subito cambiamenti accettati ma non condivisi.

“L’attuale legge non è chiara perché prevede una piccola formazione iniziale, di appena due mesi, per questi dipendenti che ritengo sia del tutto insufficiente perché per formare un cancelliere ci vogliono vent’anni. A ciò si aggiunge il fatto che spesso vengono inviati dagli Uffici comunali dipendenti che non sono adeguati, né sotto il profilo della formazione né sotto il profilo della cultura giurisdizionale. Non è chiaro,chi avrà il compito di formarli e quali saranno i criteri con i quali saranno formati. L’attuale legge, il Dlsg 156/2012, finisce con lo scaricare sul coordinatore dell’Ufficio del Tribunale tutte le problematiche relative alla gestione del personale, delle risorse, dei rapporti con l’utenza e degli organi di Vigilanza” ribadisce Morelli.

“Devo esprimere tutta l’amarezza per il totale abbandono in cui versano gli uffici di Cancelleria, travolte da uno tsunami di disorganizzazione. Nonostante siano state inoltrate più volte sollecitazioni agli organi ministeriali affinché interagissero con questi uffici, il coordinatore è stato lasciato da solo, a gestire situazioni molto anomale con impiegati non preparati e non motivati, che talvolta chiedono di essere richiamati e non vengono sostituiti. La Legge Delega garantiva dei criteri particolari, prevedeva che non fosse eliminata del tutto la possibilità per alcuni territori di avere un proprio presidio di legalità, mantenendo viva una sede di prossimità. Alla fine gli impegni assunti con le Convenzioni non sono stati mantenuti”, argomenta l’avvocato membro dell’A.N.G.d.P.

Questo produrrà inevitabili effetti negativi anche sui cittadini, per esempio dal punto di vista logistico, con ulteriori disagi derivanti dagli spostamenti nelle sedi più vicine. Senza contare, il paradosso che si andrà ad ingigantire il colosso del giudice di pace circondariale, che ha già problemi sul piano della carenza di risorse umane.

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