domenica, 26 Marzo
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Gino Bartali, un campione di umanità da seguire

Come familiari e custodi delle memorie, dell’immagine e del buon nome
di Gino Bartali, siamo amareggiati e non possiamo tacere la nostra indignazione per quanto riferito dal ‘Corriere della Sera’ in data 8 gennaio, circa i contenuti di un libro di prossima pubblicazione nel quale si mette in discussione, anzi si nega il contributo dato dal nonno alla salvaguardia di tanti ebrei fra il ’43 e il ’44 durante l’occupazione nazista, per il quale è stato riconosciuto dalla Yad
Vashem, Giusto tra le Nazioni.

Lisa Bartali, figlia di Luigi e nipote del Campione, la incontriamo nella sua Agenzia intenta a rispondere ai tanti attestati di solidarietà che le sono piovuti addosso da più parti, a sostegno della posizioni assunte con un comunicato stampa dei familiari che, peraltro,  non contiene riferimenti al libro, ma ribadisce il proposito di  respingere fermamente le sortite che di volta in volta tentano di gettare ombre sulla  figura cristallina e sull’ impegno umanitario di Gino Bartali.

Per capire di quale ‘sortita’ si tratti  è opportuno ricordare che l’articolo che ha dato il là alle proteste reca la firma di Gian Antonio Stella, e il libro in questione è a firma dello storico Stefano Pivato e di suo figlio Marco (‘L’ossessione della memoria. Bartali, il salvataggio degli ebrei, una storia inventata’, ed.Castelvecchi). La tesi che vi si sostiene è che non vi sarebbe nessuna  prova che il grande ciclista aiutò i perseguitati durante la shoa. Una tesi che, ricorda il giornalista, rovescia e contraddice quella sostenuta in un precedente libro dello stesso autore, secondo la quale Bartali fu davvero un eroe che rischiò la pelle per salvare centinaia di ebrei.

Lisa si mostra molto amareggiata ed irritata delle ripetute strumentalizzazioni che vengono fatte degli atti di umana solidarietà messi in atto dal  grande Gino.  In questo caso – aggiunge – “trovo assurdo e paradossale che, di fronte ad accuse infondate, ci si debba giustificare per  gli alti riconoscimenti ricevuti post mortem dal nonno, al di là dei grandi meriti sportivi, tra cui, significativa, la medaglia d’oro alla memoria al Valor Civile ricevuta nel 2006 da parte del Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi. Tutto inventato? No davvero!

In questa nostra conversazione, Lisa non mostra   interesse ai motivi che avrebbero indotto lo storico a mettere in dubbio l’operato dello Yad Vashem, se siano dettati da esigenze di marketing, dal puntiglio dello storico contrario all’uso della memorialistica o storia orale che rientra nel genere della public History, o altri, ma non si sottrae alla richiesta di fare chiarezza una volta per tutte, citando  testimonianze  indubitabili,  riemerse anche in queste ore.

E’ risaputo  – prosegue Lisa – “che per cinquant’anni Gino ha tenuto nascosto queste sueattività umanitarie anche ai  familiari, per non esporli a pericoli di vita, e perché era contrario ai suoi principi secondo i quali ‘Il bene si fa ma non si dice’. Solo verso la  metà degli anni Ottanta, qualcosa iniziò a trapelare, a cominciare dal film del regista ebreo polacco Alexander Ramati, ‘Assisi Underground (1984) nel quale appare per la prima volta la figura di un ciclista che faceva tappa ad Assisi per raccogliere e consegnare documenti necessari per fare espatriare unconsistente  numero di ebrei. Documenti che erano nascosti nel telaio della sua bicicletta. Quel ciclista era lui, Gino Bartali. Per testimonianza diretta della nonna, Adriana Bani, Gino si arrabbiò tantissimo quando seppe della rivelazione, tanto che voleva denunciare gli autori del film, poiché vantarsene era contrario ai suoi principi morali e religiosi. Il nonno non ne voleva parlare, come disse durante la festa per i suoi 80 anni, condotta da un giovane Carlo Conti: ‘sono cose private’. Il video è sul web, chi vuole può cercarlo. Ripeto, il nonno non ne voleva parlare ma non le ha mai smentite le sue missioni di salvataggio. Ne parlò per la prima volta,  ricorderai, nella sua autobiografia del 1993 La leggenda di Bartali scritta da Marcello Lazzerini e Romano Beghelli….”

Certo che me  lo ricordo! E mi ricordo anche la gioia del nonno quando quel libro vinse il Premio Bancarella Sport ( al secondo posto a lunga distanza un altro libro dello stesso Pivato…curiosi incroci della storia). Allora, mentre lo stavamo preparando, Gino vincendo la propria riservatezzaa parlarne, non si sottrasse al dovere di descrivere i terribili anni della guerra, dell’occupazione nazista,delle persecuzioni fasciste, che lo costrinsero a cercar rifugio in varie zone della Toscana e dell’Umbria per sottrarsi alla cattura dei repubblichini, dell’interrogatorio subito a Villa Triste dal capo della Banda Carità, dei  49 soldati inglesi portati in salvo, così come del comunista Alessi esule in Francia,  posto al riparo nella Cattedrale di Lione e delle missioni umanitarie per salvare la vita ai cittadini di origine ebraica. Di che cosa si trattava ? Di lunghi percorsi in bicicletta mascherati da allenamenti, tra Firenze Assisi e Roma, per trasportare, nascosti  nei tubi della bici, ‘roba scottante’ di cui seppe dopo, a guerra finita. Quella roba erano plichi con documenti e carte di identità con nomi falsi in modo da consentire agli ebrei cui erano destinati ad Assisi o in Vaticano di lasciare il Paese raggiungendo i territori già liberati. Queste sue missioni – disse –erano concordate con il Cardinale Arcivescovo di Firenze Elia dalla Costa, con l’amico Berti,  stretto collaboratore del prelato, con  il vescovo di Assisi mons.Nicolini,  con padre Rufino, il conte Marte Lusego e col Professor Bartolo Paschetta, direttore della Libreria Vaticana Ave a Roma. Loro erano i suoi referenti, tutti aderenti alla rete umanitaria della  Delasem ( Delegazione per l’Assistenza degli Ebrei Migranti).

«I documentiaggiungeva Bartali – li prendevo dal negozio di Emilio Berti a Firenze e li consegnavo ad Assisi e al professor Paschetta, alla libreria Ave, che li avrebbe inoltrati in Vaticano. ‘Berti, è roba che scotta questa che mi consegni?’ ‘Sì,’ .’ Allora non mi devi dire niente. Non voglio sapere cosa c’è, perché se mi prendono non voglio giurare il falso». “E’ evidente che nei vari viaggi abbia trasportato una quantità consistente didocumenti contribuendo così al salvataggio dimolte vite umane. Si vuol mettere  in dubbio la testimonianza dello stesso Gino Bartali? Roba da non credere!”.

Poi, Lisa, come sono andate le cose? “A queste prime testimonianze  se ne sono aggiunte altre nel corso degli negli anni, tra cui quella del sen.Riccardo Nencini che, quand’era Presidente del Consiglio Regionale, si recò ad Assisi a parlare con la madre superiora che gli confermò la notizia delle missioni di Bartali. Lui stesso, lo ricorda in una sua nota, raccolse la testimonianza dell’avvocato Renzo Ventura, che vive in Israele, la cui famiglia fu salvata dal campione. Tutto ciò indusse una studiosa, Angiolina Magnotta, ad istruire la pratica, attraverso un copioso dossier, per ottenere il riconoscimento per Gino Bartali, da parte dello Yad Vashem  di Gerusalemme di  Giusto tra le Nazioni, conferimento avvenuto nel 2013.  Per tale alto riconoscimento è necessario che il salvatore sia un non ebreo a conoscenza della identità ebraica della persona salvata, che consapevolmente abbia messo a rischio la propria vita e libertà, e che non abbia ricavato alcun beneficio economico dal salvataggio. Requisiti che Gino aveva ampiamente dimostrato. Tra le testimonianze dei salvati, decisiva quella di Giorgio Goldenberg, un ebreo fiumano residente ora a Gerusalemme che ha dichiarato di  essere stato nascosto in uno scantinato di casa Bartali con i suoi genitori. Anche noi familiari abbiamo avuto occasione di incontrare Goldenberg e di apprendere da lui i dettagli della permanenza di lui allora piccolo e della sua famiglia nel nascondiglio di casa Bartali fino alla fine della guerra. Di rilevante importanza anche la dichiarazione del prof. Emerito dell’Università di Gerusalemme Della Pergola, membro della commissione dello Yad Vashem, sulla serietà delle procedure per  la concessione  di tale alto riconoscimento. Come familiari, ricordiamo che aldilà dei suoi grandi meriti sportivi, Gino ha ricevuto molte onorificenze, tra cui, significativa, la medaglia d’oro alla memoria al Valor Civile ricevuta postuma nel 2006 da parte del Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi”.

Tutto inventato? Non lo crediamo proprio, anzi abbiamo invece la certezza che sia tutto vero e documentatoQualunque siano le intenzioni di chi solleva polveroni mediatici, noi familiari resteremo vigili e fermamente motivati a tutelare la memoria e l’integrità morale di questo grande italiano che si chiama Gino Bartali. Nel Giorno della Memoria, il 27 Gennaio, ricorderemo la figura del nostro familiare che mise a rischio la propria vita per salvare centinaia di vite umane. Un esempio da seguire e non da offuscare. Intanto, ti posso ufficialmente informare, che qualcuno ha avviato la pratica per la sua beatificazione. Dunque, come dice il detto, ‘scherza coi fanti ma lascia stare….i santi’!”

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