giovedì, 23 Marzo
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Gerusalemme est, presa, annessa, … violata

In una intervista a ‘Repubblica, uno degli uomini considerati più ‘aperti’ sulla questione di Israele e della Palestina, David Grossman, mentre dice alcune cose interessanti, mostra, a mio parere, il perché appaia sempre più difficile trovare una qualche forma di ‘pacificazione’ in quel posto. E prescindo dal fatto che ‘pacificare’ è un termine orrendo, che assomiglia all’altrettanto orrendo ‘normalizzare’, ma è anche l’unico che riesco a pensare. L’errore, a mio parere, sta proprio nel fatto che ‘pacificareallude a qualcosa che dall’esternometta pace‘. E ciò prescinde dalla considerazione di fondo di questo come di qualunque altro tema analogo, e cioè che la pace si ottiene solo a due condizioni: di volerla e di parlarne tra pari.

E, appunto, vengo a Grossman, che conclude la sua intervista con una frase che mi colpisce per la sua ‘gentilezza’ e anche per la sua estrema violenza. Ho detto e ripetuto più volte che io faccio il giurista, e quindi né il prete né il politico e meno che mai il filosofo e io, di diritto parlo.
Dice Grossman, a proposito dei recenti scontri, il suo dispiacere, il suo dolore (io credo sincero) per il fatto che quando si era giunti prossimi ad una situazione inedita in Israele, e cioè al fatto che ilpartito araboavrebbe forse potuto partecipare alla formazione del nuovo Governo israeliano, anche a causa della ‘caduta’ nella corruzione di Benjamin Netanyahu, tutto è saltato. Con le sue parole (non so se tradotte male, ma queste sono): «Per la prima volta dopo le ultime elezioni un partito arabo era nella posizione di poter influenzare la scelta su chi sarebbe stato Primo Ministro». Dice queste precise parole, dopo avere spiegato che la crisi attuale (quella attuale, soltanto) nasce dal fatto che si è celebrato il giorno della conquista di Gerusalemme da parte di Israele, ‘il Giorno di Gerusalemme’ lo chiamano lì. Giorno in cui gli israeliani «danzano con le bandiere nella città vecchia», e aggiunge, sconsolato, «è come se facessimo qualunque cosa possibile per provocare i palestinesi e dimostrare loro quanto siamo forti noi e quanto sono deboli loro».
Ecco. Entriamo un momento in questo preciso ragionamento, in questa precisa prospettiva, però dicendo le cose come stanno, cosa che Grossman non fa anche perché (spero) le dà per scontate.

Gerusalemme est è stata occupata e annessa da Israele dopo laguerra dei sei giorni‘, del 1967. Gerusalemme era e doveva essere (secondo quanto affermano le NU sia nel 1947, che nel 1967, che altre volte successivamente!) una città libera, sotto il controllo di ebrei (oggi israeliani) e arabi (oggi palestinesi). Cioè, non doveva esseredinessuno.
Israele, invece, se l’è presa, l’ha annessa, e, con l’Amministrazione Trump, stracciando tutte le norme possibili di diritto internazionale, ha ottenuto pure che vi si insediasse l’Ambasciata USA. Uno schiaffo ai palestinesi, anzi, agli arabi israeliani, come li chiama Grossman: ‘il partito arabo’, non palestinese, badate. Pensateci, immaginate se Draghi dicesse che è contento di essere appoggiato dal ‘partito napoletano’. Che direste?
E Grossman è uno dei più ‘aperti’ in Israele.
E non dice, ma avrebbe potuto e dovuto, che proprio in quei giorni un tribunale israeliano ha deciso o deciderà, ma già lo ha fatto mille volte, di espropriare le case di molti ‘arabi israeliani’ a Gerusalemme est, per darle a degli israeliani ebrei. Certo, è la decisione di un tribunale che afferma che quelle case erano state espropriate dai turchi nell’Ottocento! È una coincidenza che non accada mai a una casa israeliana a Gerusalemme ovest da espropriare per darla a un arabo.


Ma, gliarabipossono partecipare alla formazione di un Governo israeliano, del Governo di uno Stato (lo riconosce anche Grossman) che si definisce nella sua Costituzione uno Stato-Nazione degli ebrei, e cioè, lo dice Grossman, di persone, gli arabi, che sono per definizionemenodegli ebrei. Voglio parlare di razzismo? Non ne parlo io, ma le parole sono di Grossman: parlare di razzismo a proposito di Israele rischia di essere un reato e io non commetto reati, io!
Lui, però, è molto preoccupato perché ‘sente’ le esplosioni dei razzi, mentre a Gaza gli aerei abbattono palazzi interi, i morti sono a decine, l’Esercito prepara una invasione anche da terra: quanti moriranno? Certo, ci sono morti anche israeliani: lo dicevo ieri, i morti non si contano, non dovrebbero esserci, ma la sproporzione dovrebbe colpire anche Grossman, no?
Ma Grossman, purtroppo -e ripeto purtroppo perché è davvero uno dei più illuminati’ lì-, si dispiace che gli arabi che erano disposti ad appoggiare un Governo ora non lo siano più, anzi, non lo sia più la ‘minoranza araba’ di Israele. Perché è una minoranza araba … parole sue, non mie. A suo tempo in Italia c’erano dei cretini che parlavano di minoranze padane, ma quelli almeno si limitavano a mettersi le corna in testa e a bere l’acqua del Po.
Perché? Ma perché a Gaza, in Cisgiordania, ci sono milioni di ‘arabi’, che vivono sotto occupazione militare israeliana, in cui se un palestinese lancia una pietra contro un israeliano, un militare magari, viene arrestato dall’Esercito israeliano e definito terrorista, arrestato e condannato. Come quella ragazza, ve la ricordate, ancora in galera per aver dato uno schiaffo ad un soldato israeliano armato come Rambo.
Questa è la realtà oggettiva oggi là.
Dice Grossman che sembra fatto apposta, ogni volta che c’è uno spiraglio di pace e di normalità (gli arabi che votano un Governo israeliano!) accade qualcosa che manda tutto a remengo.

E infatti. Nel 1990, il capo del Governo israeliano, Yitzhak Rabin, e il capo dell’OLP, Yasser Arafat, si videro in gran segreto e stipularono un trattato, un vero e proprio trattato di pace. E poi lo resero pubblico, e lo firmarono solennemente, alla presenza del Presidente degli Stati Uniti, Bill Clinton, che lo controfirmò, sul prato della Casa Bianca, tra gli applausi del mondo intero. Poi, i due tornarono in patria e dopo qualche mese, Rabin, durante un comizio, fu avvicinato da un israeliano e fu accoltellato, nessuno si era accorto di quel tale armato … ma si sa: era pazzo! Dopo qualche altro tempo, Arafat fu colto da una malattia che nessuno sapeva curare e alla fine fu portato in Francia per cure, e vi morì.
Dopo altro poco tempo, Ariel Sharon fece provocatoriamente la famosapasseggiatasulla spianata delle Moschee: un sacrilegio per i mussulmani, una vera dichiarazione di guerra. E infatti, poco dopo, Israele sostenne che il trattato firmato da Rabin non era un trattato, non valeva nemmeno la carta su cui era scritto, e Israele non lo avrebbe rispettato.
Poi, due anni fa, Trump dichiarò, con il pieno consenso di Netanyahu, che di Stato della Palestina non si sarebbe parlato più, era una cosa superata. E Netanyahu dichiarò che avrebbe annesso l’intero territorio intorno al Giordano e tutti gli insediamenti in Cisgiordania, cioè tre quarti del territorio ‘arabo’.
Certo, nel frattempo ci sono stati attentati qua e là, e reazioni là e qua.

Grossman ha coraggio, indubbiamente, a dire certe cose. Ma se una volta tanto si dicessero tutte, magari si potrebbe cominciare a discutere cosa si deve fare: tra uguali, come spiega il diritto internazionale. E, guarda un po’, dice Enrico Mentana, dopo un servizio abbastanza corretto, che ‘come dice il diritto internazionale’ lanciare razzi contro la popolazione civile è illecito. Giusto. Quindi ‘è condannabile il lancio di razzi da Gaza contro Israele’. Giusto. Ma: come mai è non sono igiusti i bombardamenti degli arerei da combattimento israeliani e dell’artiglieria israeliana contro la città e il territorio di Gaza?

Giancarlo Guarino
Giancarlo Guarino
Giancarlo Guarino, ordinario, fuori ruolo, di diritto internazionale nell’Università degli Studi di Napoli Federico II, è autore di numerose pubblicazioni su diverse tematiche chiave del diritto internazionale contemporaneo (autodeterminazione, terrorismo, diritti umani, ecc.) indagate partendo dal presupposto che l’Ordinamento internazionale sia un sistema normativo complesso e non una mera sovrastruttura di regimi giuridici gli uni scollegati dagli altri.
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