sabato, 1 Aprile
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Gaza prossima al collasso?

Da poco, a Il Cairo, Hamas e l’Autorità Nazionale Palestinese hanno firmato un accordo di riconciliazione per porre fine alla divisione palestinese, dopo un decennio da quando Hamas ha preso il controllo di Gaza e dopo la battaglia tra Hamas e l’AP, dove Israele ha imposto un assedio soffocante a Gaza che ancora oggi continua. L’accordo garantisce all’Autorità Palestinese di avere il controllo amministrativo della Striscia di Gaza, così come di gestire le elezioni generali della Palestina. Forse, però, la Palestina, Hamas, Israele e l’Egitto hanno interessi diversi in questo momento per sostenere l’accordo di riconciliazione e per porre fine alla divisione palestinese.

Hamas, ad esempio, non riesce più a mantenere il peso di amministrare gli affari di Gaza per il peggioramento delle condizioni umanitarie, a causa della continua pressione israeliana ed anche a causa delle sanzioni della AP a Gaza tra cui quelle dello scorso Giugno; in questa occasione è stato chiesto al Governo israeliano di effettuare una serie di tagli della fornitura elettrica a Gaza, tagli che sono arrivati al 40% e che, dallo scorso Aprile, hanno gettato la Striscia nella peggiore crisi elettrica dall’inizio dell’assedio israeliano. La PA, inoltre, ha deciso di ridurre fortemente, ovvero in una percentuale che va dal 30 fino al 70%, i salari di alcuni dei 50.000 impiegati governativi nella Striscia di Gaza che avevano deciso di non presenziare a lavoro, quando ancora erano iscritti sulla lista del personale palestinese. Queste sanzioni hanno aumentato il deterioramento della situazione umanitaria a Gaza che, oggi, è sempre più critica.

L’Egitto, da parte sua, ha interessi a riprendersi il potere dell’autorità palestinese a Gaza, specialmente perché vede la fine della divisione Palestinese come qualcosa che aiuterà ad arginare il peggioramento della sicurezza nel nord della penisola del Sinai; qui si accavallano da tempo scontri tra le forze egiziane e i militanti connessi all’Isis. L’Egitto, però, intende anche accrescere il suo ruolo nella regione; l’idea di giocare un ruolo preminente nei dialoghi di pace tra Israele e Palestina non gli dispiace di certo. In più, ha in mente che l’amministrazione Trump offrirà un suo piano personale per il progetto di pace. L’Egitto ha detto ad Hamas ed alla AP che se non verrà rispettato l’accordo entro il 10 dicembre, quindi tra pochissimo, il Paese rinuncerà ad avere un ruolo per la questione palestinese; questo vorrà dire che Gaza si troverà a dover fare delle scelte difficili.

L’Autorità Palestinese, invece, vuole riprendere il controllo di Gaza per dimostrare con forza al mondo che controlla tutti i territori palestinesi, soprattutto dinanzi al fatto che Israele da sempre sostiene che Gaza non è sotto il controllo dell’AP.

Ma, ovviamente, anche Israele è interessato a riprendere il controllo a Gaza perché questo potrebbe significare ridurre la possibilità che avvenga un nuovo confronto fra il Paese ed Hamas a causa del deterioramento delle condizioni umanitarie dall’assedio. Sebbene abbia parlato di interessi differenti tra queste parti per l’accordo tra l’Autorità Palestinese ed Hamas, ci sono in realtà altri ostacoli per raggiungere la riconciliazione e tanti interrogativi aperti: chi controllerà Gaza in futuro, cosa accadrà all’ala militare di Hamas, chi pagherà i salari dei 50.000 impiegati?

Il presidente dell’Autorità palestinese Mahmoud Abbas ha detto più di una volta che l’obiettivo finale della riconciliazione è stabilire il controllo pieno dell’amministrazione della AP su Gaza ma ha anche dichiarato che nelle terre palestinesi c’è bisogno di «un potere, una legge ed una sicurezza». Anche gli ufficiali della Autorità Palestinese hanno detto che il Governo della riconciliazione dovrebbe consolidarsi completamente, così come dovrebbe essere incentivata la sicurezza ed il controllo, più volte messi in discussioni nelle scorse settimane.

Inoltre, c’è il fatto che gli USA, Israele ed altre Nazioni pretendono il disarmo di Hamas e che proprio Hamas, invece, ha annunciato frequentemente – e continua a farlo -, che il futuro della sua ala armata non è soggetta a dialoghi di riconciliazione e che non accetterà di arrendersi e di gettare le armi per consolidare il Governo di riconciliazione a Gaza. Un’altra difficoltà che riguarda l’accordo di riconciliazione è il destino dei 50.000 lavoratori nelle istituzioni dominate da Hamas a Gaza; una stima di un milione di persone che hanno lavorato nell’amministrazione della Striscia durante la presa di potere di Hamas negli ultimi 10 anni. I funzionari dell’Autorità Palestinese hanno detto che non daranno compensi per questi lavoratori perché essi sono leali ad Hamas ed, inoltre, hanno affermato che verranno studiati tutti i file dei ‘servitori civili’ perché non è chiaro se il loro status sia concorde con tutto questo. Certo è che anche Trump che forse dichiarerà, come si dice, che Gerusalemme è la capitale d’Israele, non fa che rendere ancora più teso il clima.

Forse, se si fallirà nel trovare una soluzione a questi ostacoli l’accordo potrebbe collassare e allora o il deteriorarsi delle condizioni umanitarie a Gaza andrà sempre peggio, oppure, potrebbe accadere che Hamas dichiari la fine della tregua con Israele; se fosse così è facile pensare che accadrà una nuova escalation, un’escalation che potrebbe portare ad una nuova guerra a Gaza. Insomma, Hamas non è più in grado di amministrare Gaza e se tutte le complicazioni dovessere divenire realtà, Gaza collasserà completamente. Accadrà il delirio. O Hamas dichiarerà di tirarsi fuori da questo scontro con Israele, oppure, sarà guerra.

Traduzione a cura di Roberta Testa

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