Il Segretario Generale della Cei Nunzio Galantino sembra persona senza peli sulla lingua, lo avevano sperimentato i politici qualche settimana fa, allorché in un’intervista a ‘Radio Vaticana’ non si trattenne e, a proposito della drammatica questione dei migranti, li definì «piazzisti da quattro soldi che pur di prendere voti, di raccattare voti, dicono cose straordinariamente insulse». Non propriamente un linguaggio diplomatico, ma il vescovo è di Cerignola, meridionale sanguigno, come dovrebbe essere chiunque non sia in cerca di applausi ma persegue uno straccio di verità. Oggi monsignore mi sorprende all’incontrario poiché, probabilmente mosso dal legittimo amore per il proprio compito e per la casa del suo Dio, se la prende con gli autori dei due libri che riportano a galla alcune magagne delle stanze vaticane, rimproverandoli di danneggiare la Chiesa.
Ora vorrei chiedere a monsignore cosa, secondo lui, dovrebbe fare un giornalista che riceve, non importa come, delle informazioni riguardanti non già la bocciofila del paese bensì un soggetto che giustamente, almeno dal suo punto di vista, aspira a essere esempio e guida per l’umanità. Mi piacerebbe anche sapere se monsignore ritiene che a danneggiare la Chiesa sia chi si impegna a fare emergere il marcio che la pervade e che sta allontanando dalla pratica religiosa milioni di persone, oppure chi vive in un attico romano da 300 metri quadri e ci prende pure per i fondelli precisando che insieme a lui abitano tre suore. Mi piacerebbe sapere se a dare scandalo è il cardinale George Pell, con tutto il suo codazzo di consulenti e segretari, che viaggiano in business class, spendendo in pochi mesi centinaia di migliaia di euro, oppure chi, mosso da un sincero amore per la sua religione, e non parlo di chi scrive libri, cerca di chiarire, anche riservatamente, come stanno le cose e viene emarginato, quasi fosse un appestato.
Mi piacerebbe sapere anche dell’altro, ma quando i rappresentanti della Chiesa si mettono a fare le vittime passa la voglia di porre domande. Viene però da considerare che, seguendo la logica di monsignore, tra chi ruba un pollo e chi lo denuncia la colpa sarebbe di quest’ultimo. Se così fosse si tratterebbe della medesima logica seguita da chi, dopo un processo sommario, si liberò di Gesù, il quale faceva affermazioni scomode, anzi indigeste. Certo, se il Nazareno si fosse limitato a farsi gli affari propri, sarebbe durato cento anni, magari godendosi la vecchiaia in un attico con vista su Gerusalemme, amorevolmente seguito da pletore di assistenti.