“Rimane il fatto che capire la gente non è vivere. Vivere è capirla male, capirla male e poi male e, dopo un attento riesame, ancora male. Ecco come sappiamo di essere vivi: sbagliando”
(P. Roth, Pastorale americana)
Emmanuel Macron ce l’ha fatta ad essere incoronato per la seconda volta ‘imperatore’ di Francia. Pochi altri prima di lui hanno avuto questo privilegio. L’Europa è salva, la Francia meno. Comunque via i brutti pensieri di destra, estrema no, un po’ più imborghesita, solo per una destra ancor peggiore. Il progetto europeo ha nuovo slancio, si può programmare meglio con la Francia, la rielezione è un viatico per una forte innovazione tecnica ed ecologica (peraltro avversata dai gilet jaunes, con qualche ragione). Le istituzioni francesi tornano solide, aperte, solidali. Questi più o meno i temi che il giornalismo politicamente corretto e ragionevolmente democratico tira fuori ogni qual volta c’è un serio scampato pericolo.
Tutto bene, dunque, madama la marchesa? Non proprio a guardare con occhio sociologico più a fondo. Dunque Macron è stato rieletto con pochi patemi d’animo ma con diverse ombre che lo avvolgono. Analizziamo alcuni numeri. Macronvince con il 58,6% contro il 41,4% della perdente Le Pen. Il primo ha così perso il 7,6% dei consensi rispetto al 2017, mentre Le Pen ne ha guadagnati altrettanti 7,6%. L’astensione è stata significativa per gli standard francesi, al 28%, quasi 14 milioni di francesi, una percentuale mai vista dal 1969. Altri numeri ci presentano una situazione francese meno rosea di quanto possa far dire una vittoria chiara ma non evidente. Che la destra appaia un contendente vincente è acclarato dal dato che Macron ha ricevuto 18,7 milioni di voti, ma Le Pen ben 13,3, mai prima, quindi i voti tra repubblicanesimo e destra identitaria ideologica di scarto sono oggi di appena 5,4 milioni. Prospettiva molto preoccupante. Difatti Macronha fallito quando 5 anni fa aveva promesso di far diminuire l’estrema destra. L’ha fatta al contrario cresceree ciò dipende da diversi fattori, tra cui una certa arroganza su temi che avrebbe dovuto trattare con politiche meno invasive ed orientate sul versante industriale e professionale. I 17 punti percentuali di scarto non ingannino, perché, dato emblematico, lo scarto attuale di 5 milioni di voti nel 2017 era di 10 milioni, quasi la metà. Ma ancor più problematico è che nel 2002 lo scarto di voti tra Chirac e Le Pen padre, il capostipite fascista a cui il primo negò persino un incontro televisivo, fu di 20 milioni. Così che il panorama sociale attuale è occupato da un centrismo tecnocratico più dei quartieri alti di Parigi, da una sinistra che ha perso l’occasione di essere il contendente al secondo turno per nanismo egocentrico tra diverse espressioni prive di senso comune. E da una destra diffusa che vince sui temi dell’integrazione sociale, delle identità culturali, nella difesa e sicurezza, insomma le nuove autarchie identitarie, oltre che tra operai ed impiegati, dove centro modernizzante e sinistra dispersa nei decenni precedenti ha ceduto alla destra la difesa di salari asperità sociali, rabbia non governata, livore classista o perlomeno frattura tra l’uomo comune e le élite di una modernità necessaria ma circoscritta ai vincenti. Con il concreto rischio che nella prossima occasione la destra si prenderà il paese. Azzardato? Altri dati dovrebbero far riflettere. Il Rassemblement di destra è arrivato in testa in 30 dipartimenti su 101, record storico, ma si dirà, sono minoritari. Allora si rifletta sul conseguimento di un dato migliore rispetto al 2017 in 32.322 comuni su 35.601. Ovvero 90,1%! Poi certo la grande vittori di Macron… l’Europa…. I valori… Non si vogliono vedere le faglie le fratture, con un apparato mediatico-comunicativo imbalsamato dietro parole d’ordine di vittoria che non osservano problemi e tendenze a fondo. Macron vince grazie al sostegno della per pochissimo perdente sinistra cosiddetta “radicale” ad un “estremo centrista” (Macron dixit), per un programma che appena qualche decennio fa sarebbe stato valutato quanto meno inclusivo. Ma oggi le democrazie occidentali con i loro corifei apparati mediatici e propagande di un giornalismo ideologizzato plaudono solo ad un placido centrismo con qualche velata venatura di aperture liberali, anch’esse peraltro in crisi. Perché nella vulgata giornalistica esistono solo destre e centri quanto meno confusi, multifunzione, tra il tecnocratico e l’assistenziale. Tutto il resto, nella libera visione occidentale viene rubricato o dietro un ambiguo populismo, oppure tacciato di “anti” sistema.
Oltre i molti auguri retorici degli europei, ma anche da Putin, la Francia è scossa da un’Idra a tre teste, con un’espansione della destra, una sinistra in risalita ed un centro minoritario vincitore quanto mai asfittico in un paese attraversato da tensioni economiche politiche e culturali. E fratturato tra centri urbani ed aree rurali, tra generazioni, con diverse crisi identitarie e religiose di una comunità musulmana tra le più grandi d’Europa con cui certa sinistra multiculturalista ha cinguettato senza affrontare seri problemi di integrazione e convivenza pluri culturale. E poi un conflitto acceso e duro tra e nelle classi sociali, e soprattutto tra chi ha vinto o perso dai processi di mondializzazione (come amano dire i francesi della globalizzazione). Si palesano due piani di riflessione, delle “petizioni di principio” e l’altro più articolato di tendenze e fatti, numeri e dinamiche reali. Per le prime, allora, ha vinto l’Europa, perché, quale e per far cosa? Se Macron, nazionalista convinto, per carità anche europeista, duetta con essa, poi quando c’è da privilegiare il marchio francese allora tutto cambia. Europeista fa fino, ma finché non si capirà cosa voglia essere, ogni giudizio lascia il tempo che trova. Certo, con la destra, questa malferma e balbettante quasi comunità europea avrebbe subìto un colpo devastante. Dice, ma con la guerra in Ucraina ha trovato la sua unità. Sì, per ora sull’onda di un giusto quanto esorbitante afflato emozionale. Come se l’Ucraina fosse diventato il centro del mondo. Non è cinismo ma è un poco troppo, spero non vi scandalizziate, ma diversi lo pensano, mentre guardiamo attoniti violenze soprusi vendette terribili che sembrano una novità perché propaganda copertura mediatica e comunicativa non hannouguali rispetto a tutte le altre guerre, anche quelle vicine dell’inizio secolo. Anche quelli conflitti ed arbitrarie invasioni, in Iraq, Siria, Afghanistan, scatenate e volute da americani e Nato. E non sento giornalisti o strateghi, che si stracciano le vesti giustamente per i “fratelli” ucraini, almeno riconoscere che l’amico americano ha fatto molto peggio. Questo è il dato reale, il resto è ideologia di parte. Detto ciò temo qualche pensierista unico, l’unico prarticabile, che mi darà del filorusso, amico di Putin...perché ormai viviamo senza più libero pensiero, che non distingue più nell’epoca dei tweet e del pensiero corto. Che non c’entra nulla con le ridicole e pericolose tesi no vax. Il piano è totalmente diverso. Si tratta d’altro, sono comparazioni storiche e geopolitiche, su cui lavorano le scienze sociali. Dunque questa unità ri-trovata vedremo quanto reggerà al prossimo malcontento e rabbia quando l’inflazione ridurrà ancor più salari e stipendi, e pensioni, con una crescita più bassa causa costi di guerra ed unpeggioramento delle condizioni di vita già compromesse da anni di virus. Per eventualmente assumersi la responsabilità di chi governa di dire alle popolazioni nazionali che si cancellerà la dipendenza da gas e petrolio russi. Eventuale decisione già accolta da molti italiani nei sondaggi. Per rifornirci a costi molto più alti dagli americani che la guerra la vogliono continuare, stando dall’altra parte dell’Oceano e non molto interessati agli europei, vista la scarsa attenzione mediatica americana. Va bene, facciamolo, vivremo solo un poco peggio avendo paesi comunque ad alto tenore di vita, non tutti attenzione,ci copriremo di più, ecc. ecc. Non proprio facile, perché andranno a picco intere filiere produttive nei diversi paesi europei e le economie crolleranno. Detto ciò, vedremo quanto influirà Macron che difatti da bi-presidente va subito a Berlino a rinforzare il solito asse franco-tedesco. Certo al contrario del bassissimo profilo del Draghi italiano in tutta la guerra ucraina, in Francia già settimane fa Macron ha manifestato perplessità nei confronti di Biden il quale oltre ad un sostegno imponente ad un paese non Nato, manifesta tutti i limiti politici accentuati da un’età avanzata che lo espongono ancor di più. Ora appena finito il secondo turno francese la proiezione è al cosiddetto “terzo” turno ovvero le elezioni legislative del prossimo giugno dove si dovrà eleggere la nuova Assemblea parlamentare francese. E qui le sorprese potrebbero risultare scomode con una non improbabile coabitazione, vista in Francia con occhi non proprio positivi, tra Macron ed leader politico di parte avversa. E qui sia Melénchon che Le Pen si stanno giocando molte carte, entrambi per la propria sopravvivenza politica, essendo ormai da tanto in politica avendo fallito troppe volte la tappa finale. Che la situazione sociale ed economica sia da governare con attenzione è comprovato dal mini discorso del vincitore a Champ-de-Mars la sera della riconferma. Una presa d’atto di un’attività di governo improntata ad un ascolto delle diverse voci e domande che il suo primo altisonante mandato non solo non ha ridotto, ma che con le sue politiche ha enormemente amplificato. Staremo e vedere i prossimi già decisivi passi. Magari con meno trionfalismi ed un profilo un poco più basso, o meglio accorto. Perché i temi di divisione sociale restano tutti sul tavolo. Qualcosa dovrà evitare di garantire ai già garantiti, industriali ricchi e vincenti. Il dato di fondo che perdura e si è aggravato negli ultimi decenni è che un pensiero laico libertario di sinistra ha smesso di difendere e tutelare ultimi penultimi e salariati nella scala sociale, per privilegiare élite intelligenti ma che dalle crisi di questi anni sono usciti ancora più ricchi grazie alle politiche neo liberiste su cui qualche mente lucida ed onesta dovrebbe cominciare a fari i conti. Ma il mondo pare sempre più duale, tra pochi garantiti e tanti esposti a venti di crisi economiche con cui questo capitalismo violento privo di regole e competitivo sulla pelle dei precari e non garantiti ha prosperato. E Macron rappresenta quei ceti e corpi sociali. Vive la France!