Due ore di dibattito, con il Presidente uscente e candidato, Emmanuel Macron, disinvolto, presidenziale senza essere (come è da sempre accusato) arrogante, all’attacco, e una sfidante, Marine Le Pen, fin troppo contenuta, tanto da sembrare frenata, priva di mordente, incapace di mettere in difficoltà l’avversario. Si è sostanzialmente conclusa così la campagna elettorale per il secondo turno delle elezioni presidenziali francesi che si terranno domenica 24 aprile.
In questi ultimi due giorni poco o nulla di importante sembra poter accadere capace di modificare la situazione ai nastri di partenza. Macron, secondo i sondaggi, è al 55,5% delle intenzioni di voto, Le Pen al 44,5%. Dieci punti di differenza che appaiono obiettivamente tanti per ritenere che Le Pen possa recuperare e avere serie possibilità di diventare Presidente.
Eppure, in Francia, al centro dell’attenzione continua esserci lei, quella Marine del Rassemblement National(RN) -già Front National (FN)- espressione della destra estrema, da sempre al fianco dei massimi rappresentanti del nazionalismo più duro d’Europa e non solo. Marine amica di Vladimir Putin, di Viktor Orban, di Donald Trump, ecc…
E infatti nel dibattito di ieri il tema è venuto fuori. «Lei dipende dal potere russo e da Putin», ha affermato l’inquilino dell’Eliseo, ricordando il prestito che il partito di Le Pen ha contratto con una banca russa per finanziare le sue campagne elettorali. Le Pen ha risposto dicendo che«nessuna banca francese» ha accettato di prestarle del denaro, addossando la responsabilità di quei rifiuti anche allo stesso Macron «quando era ministro dell’Economia», nel 2015.
E poi, più avanti, sulla Russia Macron è tornato all’attacco duramente: «Siete stata uno dei primi parlamentari a riconoscere l’annessione della Crimea da parte della Russia, e questo perché dipendete dal potere della Russia e di Putin dopo aver contrattato nel 2015 un prestito presso una banca russa mai rimborsato. Siete sempre stata ambigua sulla questione perché i vostri interessi sono legati a quelli della Russia». «E’assolutamente falso», ha replicato Le Pen «sono totalmente libera e difenderò sempre e comunque la Francia e i francesi». Il Front National era «un partito povero, ma questo non è un disonore».
La povertà non è certamente un disonore, ma i legami con la Russia sono un fatto storico incontrovertibile. Che poi questi condizionino la libertà o meno di Marine Presidente resta, per il momento, una ragionevole ipotesi ma niente di più. Così come, secondo alcuni analisti ed esperti di diritto, è argomento di dibattito la capacità o meno di continenza da parte della Costituzione francese di Le Pen, ovvero la possibilità che Marine avrebbe di potere illimitato data l’impossibilità della Costituzione di contenerla.
Andiamo per ordine. Partiamo dal dato storico dei legami con la Russia.
Marlene Laruelle, docente e Direttore della ricerca presso l’Institute for European, Russian and Eurasian Studies (IERES) della George Washington University, ricostruisce gli antichi legami del Front National (FN) oggi Rassemblement National (RN) con la Russia.
Già negli anni ’60 Jean-Marie Le Pen ricevette il pittore nazionalista e antisemita sovietico Ilya Glazounov, giunto a Parigi come parte di una delegazione nella (delusa) speranza di dipingere il ritratto del generale de Gaulle e che alla fine aveva dipinto quello di Le Pen «presagio della strumentalizzazione dell’eredità gollista da parte del FN per parlare alla Russia», afferma Laruelle.
«Questi vecchi legami si spiegano con il fatto che una parte della destra cattolica, monarchica e collaborazionista francese non ha mai smesso di coltivare l’immagine della Russia eterna, zarista e ortodossa. Inoltre, negli anni si sono stretti legami personali tra l’emigrazione russa e l’estrema destra francese».
«Il cosiddetto movimento solidarista del FN, guidato da Jean-Pierre Stirbois, era a sua volta in parte ispirato dal solidarismo russo, movimento corporativo alla Mussolini che lottava contro l’Unione Sovietica e il comunismo.
Questi legami continuarono negli anni ’80, quando figure dell’emigrazione culturale russa come lo scrittore Eduard Limonov, un futuro campione del bolscevismo nazionale, frequentarono circoli contro-culturali di estrema destra e presentarono Vladimir Zhirinovsky, l’eccentrico politico imperialista russo, a Jean-Marie Le Pen.
I due uomini avevano tentato di lanciare una sorta di ‘Internationale des patriots’ ma i loro caratteri permalosi e le divergenze di opinioni avevano fatto deragliare il progetto. Il giovane ideologo Alexandre Dougine, allora sconosciuto ma già ben connesso, aveva intervistato Jean-Marie Le Pen per il principale quotidiano nazionale-conservatore russo ‘Den‘. L’ex diplomatico e capo del KGB Vladimir Krioutchkov, uno dei leader del golpe conservatore dell’agosto 1991 che tentò di rovesciare Mikhail Gorbaciov, sarebbe stato anche uno degli istigatori di questi contatti con l’estrema destra francese. «»
Jean-Marie Le Pen (così come il suo numero due dell’epoca, Bruno Gollnisch ) ha poi visitato la Russia più volte, almeno nel 1996, poi nel 2003, mentre figure della destra nazionalista russa come Sergueï Babourine hanno partecipato a convegni della F.N».
«Dopo che Marine Le Pen è arrivata a capo della FN, nel 2011, i rapporti della famiglia Le Pen con la Russia, fino ad allora prevalentemente nel settore privato, sono diventati ufficiali e sono diventati la linea guida del partito in materia di politica estera. Molte persone vicine al nuovo Presidente FN (Emmanuel Leroy, Frédéric Chatillon, Jean-Luc Schaffhauser, o anche il suo ex consigliere internazionale, Aymeric Chauprade) hanno stretti legami, a diversi livelli, con la Russia. L’attrazione tra la FN/RN e la Russia è reciproca e si basa su valori condivisi. La parola chiave di questo matrimonio ideologico è quella della sovranità, declinata in diverse forme: politico e geopolitico: lo Stato-Nazione deve essere al di sopra della legislazione internazionale e delle organizzazioni sovranazionali; economico: il protezionismo economico è legittimo per opporsi a una globalizzazione destrutturante dominata dalle corporazioni internazionali; culturale: la Nazione come entità etno-culturale omogenea in cui vengono accettate minoranze o migranti se accettano di assimilare e integrare l’idea di essere cittadini di serie B.
Ma questo matrimonio ideologico tra FN/RN e Russia ha anche sfaccettature più opportunistiche. Appena arrivata alla guida del FN, Marine Le Pen ha cercato il riconoscimento internazionale per consolidare la sua statura di potenziale capo di Stato e ha lavorato duramente per essere accolta da Vladimir Putin, cosa che sarebbe avvenuta a marzo 2017.
Il suo ingresso in Russia è avvenuto in gran parte grazie all’oligarca e monarchico ortodosso Konstantin Malofeev, presentato a Jean-Marie e Marine Le Pen da Ilya Glazounov, e il cui canale Internet ‘Tsargrad TV‘ dà regolarmente il posto d’onore a Marine».
Il FN cerca sostegno finanziario, «la Russia offrirà a Marine un prestito di 9 milioni di euro, necessario per la sua campagna per le presidenziali del 2017 (Jean-Marie Le Pen intanto ottiene 2 milioni di euro per il suo micropartito), in cambio di un forte sostegno all’annessione della Crimea da parte di Mosca, come rivelato dalle indagini di ‘Mediapart‘.
Da parte russa si cercano alleati influenti, capaci di accedere a posizioni decisionali e fungere da cassa di risonanza per la visione del mondo avanzata dal Cremlino. Mosca considera da tempo la Francia un Paese chiave per il suo posizionamento geopolitico, in parte indipendente dagli Stati Uniti, il suo status di potenza nucleare, il suo seggio nel Consiglio di sicurezza dell’ONU, le sue società CAC40 con una forte presenza in Russia e quindi abile nel fare lobbying per Mosca, e una forte presenza culturale russa dovuta alla storia dell’emigrazione russa».
«La presidenza di François Hollande non è favorevole alla Russia, e il Cremlino è chiaramente impegnato al fianco di Marine Le Pen. Mosca, però, non è necessariamente un’amante fedele: quando la candidatura di François Fillon si fa più chiara, la prospettiva di un classico candidato di destra, capace di radunare circoli cattolici conservatori e circoli economici influenti, fa oscillare i media russi a favore di François Fillon contro Le Pen, prima di tornare al FN una volta sconfitto François Fillon».
La guerra in Ucraina ha costretto Marine Le Pen ad ammorbidire la sua retorica filorussa per rimanere in linea con l’opinione pubblica francese, ma continua comunque a proporre una politica estera che denota la sua aderenza di fondo alla Russia. Marine ha spiegato così il suo programma di politica estera: limitare il sostegno militare all’Ucraina e non votare per nuove sanzionicontro la Russia, lasciare il comando integrato della NATO e non appena la pace sarà possibile tra Mosca e Kiev, rilanciare un ‘riavvicinamento strategico tra Nato e Russia‘.
E veniamo così al secondo tema in discussione: la ‘Costituzione francese non può ‘contenere’ Marine Le Pen’, sostengono alcuni analisti. Tra questi, Rim-Sarah Alouane, ricercatrice in diritto comparato presso l’Université Toulouse 1 Capitole, che si chiede «come un Presidente Le Pen potrebbe impiegare, o mettere da parte, le istituzioni del Paese per portare avanti la sua agenda», partendo dalla considerazione che le sue promesse elettorali includono «una serie di misure che sembrano violare la Costituzione francese e accordi internazionali, come i trattati dell’Unione europea».
«L’attuale sistema di governo repubblicano francese, noto come Quinta Repubblica, è stato istituito nell’ottobre 1958 ed è progettato per essere un regime semi-presidenziale che aumenta il potere dell’esecutivo a spese dell’Assemblea nazionale. Ciò significa che un potenziale presidente Le Pen avrebbe a sua disposizione un potere considerevole. A peggiorare le cose, i leader francesi dell’ultimo quarto di secolo, Macron incluso, hanno ampliato notevolmente questa autorità esecutiva, preparando il sistema politico francese agli abusi da parte di un aspirante demagogo», afferma Rim-Sarah Alouane.
«In qualità di Presidente, il primo compito di Le Pen, ai sensi dell’articolo 8 della Costituzione francese, sarebbe quello di nominare un Primo Ministro incaricato di formare un nuovo governo di transizione prima che a giugno si svolgano due turni di elezioni legislative per l’Assemblea nazionale francese. Se la RN ottiene la maggioranza dei seggi dell’Assemblea nazionalein quel voto, Le Pen e la sua amministrazione sarebbero in grado di governare liberamente. Ma l’attuale sistema elettorale a maggioranza a due turni è sfavorevole alla RN, così come ai piccoli partiti, rendendo basse le possibilità di una maggioranza della RN in Parlamento. Più probabile che si profili una cosiddetta convivenza di governo, in cui i partiti più grandi formano la maggioranza e condividono il potere con Le Pen».
Il Presidente francese ha il potere di sciogliere l’Assemblea nazionale ai sensi dell’articolo 12 e indire un referendum ai sensi dell’articolo 11 della Costituzione. «Quest’ultima disposizione consente al Presidente, su proposta del governo, di sottoporre a referendum qualsiasi disegno di legge che riguardi i poteri pubblici. Le Pen intende indire un referendum di questo tipo per modificare il sistema di voto parlamentare in uno di rappresentanza proporzionale, con una caratteristica: due terzi dei seggi in Assemblea sarebbero assegnati proporzionalmente, mal’ultimo terzo sarebbe riservato al partito che ha ottenuto il maggior numero di voti in assoluto, un cosiddetto premio di maggioranza. Questo potrebbe dare alla RN una supermaggioranza».
Insomma, «Se Le Pen venisse eletta domenica, le prime settimane del suo mandato saranno decisive. O la RN vince le elezioni legislative o il nuovo Presidente scioglie la neoeletta Assemblea nazionale nel tentativo di indire un referendum e organizzare nuove elezioni con le sue disposizioni», secondo l’ipotesi di Rim-Sarah Alouane. «Se Le Pen riuscisse a far approvare la sua riforma elettorale, sarebbe nelle condizioni di mantenere le sue promesse elettorali. Alcuni di queste di più ampia portata sarebbero soggette a un controllo giudiziario, mentre altre diventerebbero legge piuttosto facilmente. In entrambi i casi, ci sarebbe un effetto a catena nella politica, nella società e nella cultura francesi, le cui conseguenze sarebbero difficili da prevedere».
«Tra le proposte più controverse di Le Pen c’è un emendamento alla Costituzione del 1958 per attuare le ‘designazioni di preferenza nazionale‘ e vietare l’ingresso in Francia di alcune classi di immigrati che, secondo Le Pen e l’estrema destra, stanno cambiando la composizione e l’identità del popolo francese -un riferimento alla teoria del complotto dei suprematisti bianchi della ‘Grande Sostituzione‘. Ha anche in programma di‘distinguere legalmente‘ tra ‘nativi francesi’ e ‘altri’ per l’accesso all’alloggio e alle prestazioni sociali, oltre a vietare l’uso del velo islamico negli spazi pubblici. Tali disposizioni violano direttamente i principi costituzionali, come l’uguaglianza e il giusto processo, nonché la ‘Dichiarazione francese dei diritti dell’uomo e del cittadino‘ del 1789».
Le precedenti amministrazioni, annota la ricercatrice, hanno gettato le basi di lavoro di Le Pen «creando armi legali e retoriche che utilizzerà per giustificare una restrizione ancora più palpabile delle libertà civili in violazione non solo della Costituzione francese, ma anche dei trattati internazionali. In effetti, le violazioni e le restrizioni delle libertà civili messe in atto dai presidenti di qualsiasi parte politica -rivolte principalmente a popolazioni vulnerabili, come musulmani, immigrati e rifugiati, ma anche ad attivisti e persino giornalisti- hanno fornito a Le Pen un terreno fertile per passare dal discorso all’azione».
«Le Pen sa benissimo che la legislazione che intende attuare può essere vista come discriminatoria e potrebbe essere respinta dai tribunali. Qui, il Consiglio costituzionale, la più alta autorità costituzionale francese, il Consiglio di Stato, la più alta corte di giustizia amministrativa, e la Corte di Cassazione, la più alta corte di giustizia civile e penale, giocheranno un ruolo importante come regolatori del potere. Tuttavia, Le Pen può aggirare i tribunali e il Parlamento abusando dell’articolo 11 della Costituzione francese per far adottare le sue misure direttamente dal popolo tramite referendum. Sebbene le suddette istituzioni possano prendere posizione sulla legittimità di un referendum, il loro potere di vincolare Le Pen sarà limitato».
«Proprio come negli Stati Uniti dopo le elezioni presidenziali di Donald Trump, la Francia probabilmente sperimenterà un aumento delle proteste in caso di vittoria di Le Pen. Ma a causa dei poteri presidenziali concessi in uno stato di emergenza, Le Pen non avrà problemi ad attuare il coprifuoco a livello nazionale, a mettere fuori legge le proteste o a mettere gli oppositori politici agli arresti domiciliari. Inoltre, come Presidente, Le Pen avrà a sua disposizione anche l’ultima arma nucleare del diritto costituzionale francese: l’articolo 16, che conferisce temporaneamente poteri legislativi e giudiziari al Presidente se l’integrità territoriale della Francia è minacciata. L’articolo 16 è stato chiamato colloquialmente ‘dittatura temporanea’. Ciò è in parte dovuto al fatto che l’ampio mandato dell’articolo 16 sulle minacce all’integrità territoriale della Francia, potrebbe essere interpretato, da un’amministrazione Le Pen, per includere le proteste popolari.
Prima di far scattare l’articolo 16, il Presidente è tenuto a consultare il Presidente del Consiglio, i presidenti dell’Assemblea nazionale, il presidente del Senato e il Consiglio costituzionale, nonché di rivolgersi alla Nazione. Una volta attivato, l’articolo 16 può teoricamente essere in vigore a tempo indeterminato, ma una revisione costituzionale del 2008 consente ai legislatori di impugnare le disposizioni davanti al Consiglio costituzionale 30 giorni dopo la loro adozione.
Nonostante queste tutele, Le Pen manterrà ancora un potere enorme, soprattutto se otterrà la maggioranza parlamentare. La storia ci ha mostrato che una volta che l’estrema destra vince il potere, è molto difficile farla sloggiare».
«La Quinta Repubblica francese ha troppe scappatoie che Le Pen potrebbe sfruttare per rafforzare la sua autorità, e i controlli ed equilibri» previsti dalla Costituzione, «sono troppo fragili per essere efficaci». Nè si può prevedere se la società civile avrà un’influenza sufficiente per tenere sotto controllo Le Pen. Vero che «data la storia rivoluzionaria della Francia, tutto è possibile», conclude Rim-Sarah Alouane.