La notizia è che in casa forzista si può vedere il bicchiere mezzo pieno. La scoppola arrivata col weekend delle regionali ed incarnata dal sorpasso della Lega, infatti, ha fatto fare un passo avanti al partito azzurro: la bocciatura degli elettori ha fatto capire ad ogni livello che il famoso rinnovamento della classe dirigente non è più rinviabile, e che dopo le prime iniziative che si sono viste nelle ultime settimane bisogna premere il piede sull’acceleratore.
Nel partito il confronto è già iniziato, lo scontro Berlusconi-Fitto comincia a prendere piede e le prossime settimane saranno decisive per capire quale strada imboccherà il movimento politico del Cavaliere. In primavera incombe un’altra tornata di amministrative, e per allora il partito dovrà essere in grado di presentarsi agli elettori con assetto e fisionomie differenti.
L’Indro ne ha parlato con Alberto Ancarani, 32enne capogruppo di Forza Italia in consiglio comunale a Ravenna (città dove alle regionali è stato il candidato azzurro più votato) da anni impegnato nella battaglia per il rinnovamento del partito. Una chiacchierata per tracciare il profilo della riscossa partendo dall’analisi della sconfitta.
Perché di sconfitta si è trattato. “Non vi è dubbio che le elezioni regionali per Forza Italia siano andate molto male”, ammette, “e a consolare non può essere la bassa affluenza“. Il problema non può essere legato soltanto a fattori contingenti: “Purtroppo“, ragiona Ancarani,”c’e qualcosa di più profondo che ha impedito all’elettorato in primis di ritenere realmente utile uscire di casa per votare e in secondo luogo di fidarsi, in particolare a destra, del vecchio schema con Forza Italia maggioritaria nella coalizione moderata“. Pertanto, “le nostre ricette, a mio avviso tuttora valide, sono state probabilmente percepite come errate non tanto perché non efficaci, ma piuttosto perché la parte politica che le proponeva non è stata in gran parte capace di metterle in pratica“. E il risultato di questo cambio di percezione è stato uno: “Gli elettori hanno esaurito la pazienza e hanno presentato il conto”.
Una debacle evitabile? Non è dato sapere, ma di sicuro una debacle i cui segni premonitori erano già individuabili da tempo: “Da coordinatore provinciale del Pdl“, rivendica Ancarani, “il sottoscritto, assieme agli altri giovani amministratori del principale partito del centrodestra che avevano dato vita a Pavia a #formattiamoilpdl, aveva percepito questo campanello d’allarme in tempi non sospetti“.
Esaurita la disamina, resta da capire cosa fare per invertire la tendenza. “C’e’ una soluzione che da amministratori under 40 negli enti locali stiamo cercando di proporre per dimostrare che siamo ancora vivi, nonostante la debacle elettorale e per dimostrare che il futuro di un movimento come Forza Italia è nelle cose“.
Primo, svecchiare le strutture del partito, e farlo con strumenti adeguati alla natura del partito stesso. In un movimento che “ha fatto della leadership carismatica il proprio modello“, proseguire per “congressi, tesseramenti e voti ponderati per ruoli esistenti solo sulla carta” non ha senso. Quello che “si può e si deve fare“, è “invece pensare a primarie prima di tutto per il territorio, candidature a sindaco a presidente di regione e al parlamento devono passare da una base elettorale che non venga chiamata solo a ratificare scelte fatte altrove“.
Ma non di solo ricambio generazionale vive la riscossa di Forza Italia. È anche a livello programmatico che bisogna intervenire: “La politica finanziaria e monetaria europea di Forza Italia“, afferma Ancarani, “non può essere vaga o contraddittoria e per non esserlo deve esplicitare le modalità con cui i punti programmatici possono essere realizzati“.
Tanto per fare un esempio, “per continuare a dire “meno tasse” bisogna avere il coraggio di dire chiaramente dove tagliare. In questa direzione non si può essere liberali e statalisti allo stesso tempo. Bisogna anzi uscire da tale contraddittorietà e prendere una strada univoca”.
Strada univoca che, per rendere il tutto ancora più difficile, non potrà passare per l’inseguimento puro e semplice col Carroccio: “Lo stesso rapporto con la Lega che su molti punti è ben calibrato“, spiega la giovane leva azzurra, “non può non essere rimodellato sull’argomento cardine del prossimo futuro ovvero le modalità di uscita dalla crisi. Inutile nascondersi, infatti, che ciò che dice Salvini sui temi economici di liberale non ha molto“.
Una volta capito cosa fare e come farlo, resta solo da far penetrare il messaggio fino al quartier generale. Non che il tentativo non sia stato esperito: “Il sottoscritto e tanti altri che riconoscono in Alessandro Cattaneo uno dei leader della Forza Italia del futuro”, rivela Ancarani, “hanno detto questa ed altre cose a Silvio Berlusconi all’incontro di Villa Gernetto di sabato scorso“. Un incontro che, tuttavia, ha riaperto la frattura interna a Forza Italia tra nuove leve e dirigenti della vecchia guardia. Una frattura che il giovane consigliere sintetizza così: “In gran parte eletti negli enti locali, età media sotto i trentacinque anni, che si battono sul territorio da anni, spesso osteggiati proprio da coltivatori di orticelli adagiati su allori che non ci sono più e con un’evidente carenza di nuove idee”.
Al di là delle questioni di partito, resta da capire cosa possa aver determinato una disfatta come quella patita dal partito del Cavaliere. I problemi principali, secondo Ancarani, sono due. Primo, aver subito la campagna della Lega, il cui leader ha usato con successo “il vecchio modello, battendo palmo a palmo il territorio”. “Secondo, non avere dato risposte alla richiesta di rinnovamento che arrivava dall’elettorato, con Forza Italia” che ha pagato anche l’errore di aver candidato nuovamente la maggior parte dei consiglieri uscenti, investiti proprio durante la campagna elettorale da avvisi di garanzia per un allegro uso dei rimborsi spese durante la consiliatura che stava terminando”. Infine, la ricetta per ripartire.
Le strade da percorrere sono due: “ripartire sia da nuove candidature già emerse nelle recenti elezioni regionali in Emilia Romagna e in Calabria, sia dalla fine della pazienza degli italiani per le promesse del governo Renzi”. “Siamo feriti ma non morti”, conclude Ancarani. Se a ragione o meno, solo il tempo lo potrà dire.