Nei giorni scorsi, Firenze ha vissuto un evento culturale, con un tocco di mondanità, importante: l’Opening Gala del Nuovo Teatro dell’Opera che ha inaugurato per la terza volta (!) , ormai definitiva, la nuova struttura che dovrà assorbire, entro il 2015, tutte le funzioni del vecchio teatro destinato alla demolizione. Certo, i cavalli rossi di Pier Luigi Pizzi che hanno accolto pubblico e ospiti più meno illustri davanti all’ingresso del maestoso edificio che si erge nella nuova piazza (la più grande di Firenze), dedicata al maestro Vittorio Gui, fondatore del Maggio (era il 1933), sono ancora al loro posto, ma i video che hanno proiettato sulla facciata le immagini più significative di personaggi scene e bozzetti della lunga storia di questo Festival musicale, da Gui a Stravinsky, da Edoardo a Zeffirelli, dalla Callas alla Freni da Nureyev alla Fracci, da Giulini a Muti a fino all’attuale direttore Zubin Mehta ( uno dei momenti più suggestivi del Gala), sono spenti e deposta è la gigantesca testa dell’Aida del Premio Oscar Dante Ferretti, anche i costumi che erano appesi nella hall, sono tornati in magazzino: ora, passata la festa, si è tornati al lavoro per sistemare gli arredi interni e completare i lavori. C
Come era stato già preannunciato, molto è stato fatto, ma molto resta ancora da fare per completarne l’allestimento, compresi gli arredi e i mobili delle tante sale, che compongono il labirintico edificio, realizzato a tempo di record dallo studio di Roma dell’architetto Desideri. Il nuovo teatro è in un work in progress, sul quale pesano alcune incognite. Se finalmente si è potuta apprezzare la migliore visibilità del palcoscenico (arretrato di una ventina di metri rispetto all’iniziale collocazione) ed ammirare per la prima volta le scene realizzate per il quarto atto dell’Otello (un grande letto e pochi arredi) e per il primo della Tosca, se la buca dell’orchestra adesso può essere alzata, se la torre scenica è stata realizzata, al momento è automatizzata solo la parte alta: e allora si capisce come vi sia ancora molto da fare per dare piena funzionalità alle strutture. Certo, in questi mesi i lavori sono andati avanti notte e giorno, per realizzare oltre alla torre scenica le due grandi sale di prova ( per ballo e orchestra), la sartoria e i camerini, che mancano di arredi. E manca ancora l’ auditorium per i concerti.
L’obiettivo infatti è quello di un teatro polifunzionale. Ma occorrono nuove risorse: dai 60 ai 75 milioni di euro. Questa è l’incognita maggiore sulla quale il Ministro Franceschini, presente all’inaugurazione, ha glissato. In effetti, le risorse previste dalle legge Valore e Cultura predisposta dall’ex Ministro Bray per le Fondazioni liriche, non bastano. Lo stesso Ministro, parlando pochi giorni prima a Firenze, aveva detto: “Io devo guardare a tutte le fondazioni e 75 milioni sono pochi. Dirò che è fatta soltanto quando il Parlamento approverà l’aumento”. E il Ministro ai Beni Culturali non se l’è sentita di prendere impegni circa il trasferimento all’Agenzia del Mibac degli esuberi delle Fondazioni i crisi: 55 del Maggio, già concordati con il suo predecessore. Da parte sua l’attuale Commissario Straordinario Lorenzo Bianchi, che con molta probabilità sarà anche il Nuovo Sovrintendente, ricorda come la Fondazione sia stata la prima in Italia a presentare il proprio piano triennale al Ministero in base alla legge Valore e Cultura. E il vicesindaco Dario Nardella, candidato alla carica di primo cittadino, si dichiara “fiducioso sull’arrivo degli ultimi fondi”.
Ma quanto sono costati, fino ad oggi, i lavori per la realizzazione di questo nuovo teatro? Duecento milioni, buona parte finanziati dallo stato e parte anche dalla Regione Toscana e dal Comune, attraverso la cessione del vecchio teatro, ancora attivo per questo Maggio. Complessivamente si arriverà a 260 milioni, come minimo. Non pochi. Rispetto alle più ridotte previsioni iniziali. La storia di questo nuovo teatro, deciso dalla precedente giunta Domenici, è stata assai travagliata: segnata dai pasticci iniziali della gara d’appalto,dai rifacimenti in corsa, dalla lievitazione dei costi. Ma, si è chiesto Vittorio Sgarbi, non potevano essere utilizzati diversamente questi milioni, magari restaurando vecchi teatri da affiancare a quello storico di Corso Italia piuttosto che costruire quella che lui continua a definire una grande “scatola di scarpe”? Evidentemente no. Dal momento che l’opera era in fase di costruzione, Matteo Renzi, da Sindaco, decise di andare avanti velocemente: “Le opere non si fermano e se ci sono irregolarità si colpiscano i responsabili. Avanti dunque con rigore, e trasparenza”. E’ la sua linea, ribadita con fermezza anche di fronte allo scandalo Expo di Milano. Quanto al giudizio estetico dell’illustre critico, esso è contraddetto da quello di architetti e urbanisti, secondo i quali questo edificio ha una sua dignità stilistica e connota un territorio abbastanza anonimo, segnato dall’antica Porta al Prato, dalla stazione Leopolda (voluta dall’ultimo granduca) e dall’ingresso del Parco delle Cascine.
Non mancano altre voci critiche, su questa come su altre opere ( ad esempio il Palazzo di Giustizia disegnato molti anni fa da quel genio di Leonardo Ricci), che tuttavia danno una nuova impronta al volto della Firenze moderna che si differenzia dalla “Firenzina” di ottocentesca memoria, la quale trova ancora i suoi strenui difensori. Ma questo è un altro tema su cui converrà ritornare. Tutti concordi invece nell’apprezzare gli straordinari risultati ottenuti dal punto di vista dell’acustica. Un’ “acustica eccezionale” , secondo Nardella, che è anche un valente violinista, per la prima viola “chi ha fatto l’acustica è un mago eccezionale “ dice un orchestrale , il quale aggiunge: “ si potrà discutere dell’architettura, delle scelte estetiche ma questo edificio è un raffinato strumento musicale: è come passare da un violino made in China ad uno Stradivari”. E quel “mago” che ha fatto l’acustica è un signore biondo, gentilissimo, dalla coda di cavallo che si chiama Jurgen Reinhold della Muller BBM. E’ ovviamente soddisfatto del risultato: un’operazione tecnicamente mai sperimentata prima, che diffonde il suono dappertutto forse in modo più arioso in galleria. E i lavori sono stati portati avanti con una celerità incredibile.
Altra nota apprezzabile di cui abbiamo parlato con il direttore generale Alberto Triola, sono i due corridoi alle cui pareti possiamo ammirare i poster e le locandine che raccontano la storia del Maggio Musicale e varie gigantografie ( firmate dallo storico Foto Locchi), che mostrano celebrità come Nureyev e la Fracci, Zeffirelli e Cher, Audrey Hepburn e Salvatore Ferragamo e altri momenti della vita di questa istituzione e della città. “Si tratta – ci dice – dell’embrione di un museo del Maggio, che va ad aggiungersi agli altri musei cittadini e che dovrebbe essere visitabile al pubblico, naturalmente arricchito di altre immagini”. Quelle immagini, ad esempio, che abbiamo ammirato durante le proiezioni sulla facciata e che danno un’idea delle ricchezze che possiede il teatro, ancora sparse nei vari depositi cittadini. Altro aspetto su cui molti, addetti ai lavori e non, manifestano contrarietà, è il destino del vecchio teatro, che sarà quasi sicuramente demolito per far posto per esigenze di cassetta (è stato acquisito dalla Cassa Depositi e Prestiti che metterà l’area in vendita) ad un albergo e a edilizia residenziale (il relativo cambio di destinazione d’uso è già stato disposto dal Comune). E’ un pezzo di storia che viene cancellata e le cui origini risalgono alla seconda metà dell’Ottocento, ove nell’area di un vecchio teatro distrutto da un incendio fu realizzato nel periodo di Firenze Capitale il nuovo Politeama, che iniziò la sua programmazione con Verdi, Donizetti, Cimarosa. Dopo le interruzioni per la Grande Guerra nel ’28 il Maestro Vittorio Gui vi fondò l’Orchestra Stabile Fiorentina, l’anno successivo il teatro fu acquistato dal Comune e ne fu cambiato il nome in Teatro comunale Vittorio Emanuele II. E nel ’33, nacque il Maggio Musicale. I bombardamenti dell’ultima guerra lo danneggiarono seriamente, ma questa palazzina di stile neoclassico fu ricostruita e resa funzionale fino a pochi anni fa, quando si dovette intervenire per eliminare l’amianto dal tetto. Ma ora che il vecchio teatro è ancora lì, caldo, accogliente e funzionale (anche se la scala metallica esterna è di una bruttura incredibile) e così carico di memorie, perché distruggerlo? Non è possibile cercare altre vie, se non quella della demolizione, per salvarlo? E’ l’interrogativo che non pochi si pongono. Ma, evidentemente, non sempre si può conciliare passato e presente.
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