martedì, 28 Marzo
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Felix Tshisekedi domani Presidente del Congo, a nome e per conto di Kabila

Il giuramento del nuovo Presidente della Repubblica democratica del Congo, Felix Tshisekedi, che subentrerà al Presidente in carica Joseph Kabila, è confermato per domani, giovedì 24 gennaio, hanno riferito fonti vicine ad entrambe le parti. Il giuramento dovrebbe iniziare a mezzogiorno presso il Palazzo delle Nazioni di Kinshasa, sede dell’attuale presidenza.

Una vittoria, quella di  Tshisekedi, che alla fine ha ottenuto, ieri, anche il riconoscimento dell’Unione Africana e dell’Ue, che nelle settimane scorse sembravano pronte a non riconoscere il risultato, -che oramai è chiaro essere palesemente falso, che la Commissione elettorale ha imbastito su indicazione di Kabila e dei ‘grandi vecchi’ Mobutisti. La Comunità Internazionale ha deciso già i ben informati ci avevano preannunciato: piuttosto che rischiare bagni di sangue hanno accettato l’imbroglio di Kabila.
«Abbiamo preso atto della proclamazione da parte della Corte costituzionale, nella notte di sabato, dei risultati definitivi delle presidenziali», ha dichiarato la rappresentante della politica estera europea Federica Mogherini, a margine del primo meeting annuale Unione Africana-Unione Europea. «Il compito che spetta ora al nuovo Presidente comporta sfide importanti in diversi settori sul piano della sicurezza, sociale, economico e di governance. Pensiamo che tutto ciò richieda un Presidente capace di unire, che si impegni in un dialogo all’interno del Paese come all’estero, ovvero nella regione, in Africa ma anche con i partner internazionali del Paese».

Il golpe elettorale -che noi, in esclusiva, abbiamo raccontato intervistando un funzionario molto vicino al Presidente che ha deciso di voltare le spalle al regime e fuggire all’estero-, elaborato dal dittatore Joseph Kabila, che artificialmente offre la Presidenza ad un oppositore amante della bella vita e facile da comprare, si è imposto  come arma vincente del regime per mantenere il controllo politico e sulle risorse naturali del Paese, oggetto di una disumana rapina e commercio illegale di minerali che hanno fatto la fortuna della famiglia Kabila, del clan dei Mobutisti, che la controlla, e delle multinazionali occidentali e asiatiche, privando alla popolazione uno sviluppo economico, e creando colossali disastri ambientali nemmeno presi in considerazione.

Che Martin Fayulu sia il vero vincitore delle elezioni ormai non vi sono dubbi. I dati raccolti dagli osservatori elettorali della CENCO (Conferenza Episcopale Nazionale del Congo) e trasmessi a scelti media internazionali  -‘Radio France International’, ‘TV5 Monde’ e il ‘Financial Times’- dimostrano che Martin Fayulu ha fatto il pieno dei voti, ottenendo il 60% delle preferenze. Eppure il quinto Presidente del Congo dall’indipendenza è Félix Tshisekedi. I dati reali dimostrano che ha ottenuto meno del 20% dei voti.
A nulla sono serviti gli interventi critici di due importanti entità africane di cui il Congo è membro: SADC (Comunità per lo Sviluppo dell’Africa Australe)  e CIRGL (Conferenza Internazionale sulla Regione dei Grandi Laghi), che hanno proposto un Governo di unità nazionale inclusivo di Kabila, Tshisekedi, Fayulu. La lettera aperta indirizzata al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite dal Presidente della CENCO Marcel Utembi Tapa, datata 11 gennaio 2019, richiedente la pubblicazione da parte della Commissione Elettorale CENI dei processi verbali, e la richiesta ufficiale alle Nazioni Unite fatta da Frédéric Boyenga Bofala, giurista di fama internazionale e Presidente del partito Unione per la Repubblica Movimento Nazionale (UNIR-MN), che proponeva un secondo turno tra Tshisekedi e Fayulu, come l’opposizione di Francia e Belgio, sono state neutralizzate al Consiglio di Sicurezza da Russia e Cina.
Neutralizzata anche l’iniziativa dell’Unione Africana, che richiedeva la sospensione della proclamazione dei risultati definitivi delle elezioni e sconsigliava qualsiasi nomina presidenziale.  Una decisione presa alla unanimità, secondo il comunicato stampa pubblicato sul sito della UA. E ora anche l’Unione Africana come la UE ha dato il bene stare.
L’intenso lavoro di lobby politica del Sudafrica, e la necessità di difendere il potere ottenuto contro la volontà popolare da vari Presidenti africani, sono riusciti a neutralizzare l’iniziativa di Angola e Rwanda. La commissione UA che doveva giungere a Kinshasa per discutere della crisi elettorale,  capeggiata dal Presidente ruandese Paul Kagame, Presidente di turno presso la UA, è stata cancellata. Cane non mangia cane. La comunità africana e internazionale sembrano ora propensi ad accettare il golpe elettorale in nome di una presunta e illusoria pace in cambio del ‘business as usually’ concentrato sugli immensi giacimenti di coltan, minerali rari e idrocarburi del Paese, svenduti sul mercato internazionale da un pugno di uomini della Presidenza, associati ai terroristi ruandesi FDLR e altri gruppi armati congolesi e stranieri presenti sul territorio nazionale.

La decisione di rigettare il ricorso presentato da Martin Fayulu, presa dalla Corte Costituzionale,   stata pura formalità, visto che ogni giudice che la compone è sul libro paga della famiglia Kabila. Félix Tshisekedi sarà nominato quinto Presidente della Repubblica avrà luogo al Palazzo delle Nazioni a Kinshasa giovedì 24 gennaio. Fayulu si è proclamato vero e unico Presidente e ha incoraggiato la popolazione a scendere in piazza. Una esortazione che difficilmente sarà ascoltata. Il popolo congolese sembra essersi arreso.

Sullo sfondo di questo teatrino politico, 1,5 milioni di elettori, per la maggioranza Nande, all’Est del Congo sono stati privati del diritto di voto, in quanto bacino elettorale di Fayulu, e le proteste sono state represse nel sangue da Polizia, Esercito e milizie genocidarie operanti nella regione del Kivu e alleate al dittatore. Nel solo mese di gennaio nelle zone di Beni, Bunia, Butembo e Lubero (provincia del Nord Kivu) sono state trucidate mille persone.

La società civile, inascoltata dalla comunità internazionale, da tempo denuncia un piano di sterminio della etnia Nande teso a liberare città e terreni fertili a favore del principale alleato politico economico e militare del regime di Kinshasa: le Forze Democratiche di Liberazione del Rwanda (FDLR), autrici del olocausto ruandese del 1994. Veri e propri esperti di genocidio che ora sono stati chiamati a emulare il ‘capolavoro del 1994’, sia all’est del Congo che in Burundi. Le FDLR hanno l’obiettivo di creare una Hutuland nel Nord Kivu. All’orizzonte una guerra di indipendenza nella ricca provincia del Katanga.

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