mercoledì, 22 Marzo
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Elkann, Salvini, giornali e sovranisti: incubo di un giorno di principio inverno

Se fossi uno degli stellini di lotta e di ‘sgoverno’, attualmente immeritatamente al potere in questo Paese, parlerei di operazione oscura e grigia’ a proposito dell’accordo raggiunto tra Cir ed Exor sulla cessione del controllo del gruppo, dalla finanziaria della famiglia De Benedetti alla galassia Agnelli, il gruppo guidato da John Elkann -la Cir dei De Benedetti vende il 43,7% di Gedi alla Exor degli Agnelli per 102,4 milioni, poi reinvestirà per avere il 5% del gruppo-, così da conquistare, il gruppo ex FIAT, l’impresa editoriale più innovativa del nostro Paese, almeno fino all’arrivo di Urbano Cairo a ‘Il Corriere’.

Non sono uno stellino, non odio gli imprenditori che guadagnano, ma nascondersi la grandissima diffidenza verso un gruppo come questo che, dopo avere spogliato l’Italia dell’unica grande impresa di cui disponeva -forse anche giustamente, vista l’asfissia cui era stata costretta-, ora, proprio mentre fa un altro e decisivo passo per diventare ancora più grande e definitivamente incontrollabile dall’Italia (non dalla Francia né dagli USA, vedrete), si getta in una operazione tanto dubbia quanto incomprensibile, quanto ‘piccola’.

Uno dei più grandi gruppi automobilistici del mondo non ha certo bisogno della GEDI percoprire le proprie attività; nel bene o nel male questo gruppo opera sostanzialmente solo in Italia, e FCA non ha certo bisogno di una sorta di nuova ‘La Stampa’ per dire che tutto va bene madama la marchesa.

Ripeto, non si capisce il perché. E il comunicato anodino e evasivo di Elkann e soci è appunto evasivo e anodino, non dice nulla, non dice perché; dice che vuole rilanciarlo, appunto, perché? L’unica cosa che si affretta a dire (e questo aumenta il dubbio e il sospetto) è che non interferirà con i giornalisti, anzi, dei tre punti segnalati da Elkann il terzo (dopo quello sulla ‘integrazione organizzativa’, che normalmente significa ristrutturazione, licenziamenti insomma) parla di ‘garanzia della autonomia redazionale’ per il giornalismo di qualità, che sembra una sorta di caramellina appiccicosa di zucchero, rivolta ai giornalisti … per ringalluzzirli, farli sentire apprezzati e fargli perdere di vista il tema.

Perché, ma specialmente perché ora? Eh sì, ora. Certo, ogni momento è buono, non è necessario andare a cercare retroscena più o meno oscuri, ma ‘oraè il momento in cui l’ex proprietario di GEDI spara a zero contro la gestione della medesima, alludendo alla volontà di potenziarla in termini proprio di giornalismo di qualità e di coraggio’ e, avendo minacciato di ‘mangiarsela’, viene spodestato dai figlioli. L’idea che Carlo De Benedtti sia d’accordo Elkann per poi ricomprarsela mi pare fuori della realtà.

È qui che il sospetto si approfondisce. De Benedetti ha tutti i difetti di questo mondo, ma è una persona che ha provato nei fatti di saper dirigere un gruppo attivo e vivace, che ha rappresentato e rappresenta un punto di forza del giornalismo italiano, mai come oggi schierato duramente e chiaramente contro una certa politica italiana. È un dato di fatto che oggi, nel panorama grigio e osannante di gran parte della stampa italiana (dove stampa include anche quella virtuale), il gruppo GEDI, con ‘l’Espresso’ e ‘La Repubblica’ (non a caso attaccata un giorno sì e l’altro pure da Matteo Salvini e da Dibba) e il gruppo deIl Corriere della Sera’, il primo in modo più frizzante, il secondo in modo più compassato, ma con una ‘La7’ molto attiva anche se sempre meno critica, rappresentino l’unica opposizione razionale e motivata alle svicolate sempre più rozze e autoritarie della politica italiana.

Questo, in Italia, è un passaggio delicato, molto delicato e pericoloso, molto pericoloso. Lo scontro tra una destra sostanzialmentea-democratica’, aggressiva, violenta (volevo scrivere ‘fascista’, ma poi gli ‘intellettuali’ si arrabbiano e vedi che si comprano ‘L’Indro’!), e una sinistra lontana ancora anni luce dall’avere una linea concreta e comprensibile, sta raggiungendo livelli senza precedenti; con un PD che lentamente, molto lentamente, troppo lentamente, cerca di compattarsi intorno ad una politica unitaria e chiaramente ‘di sinistra’ e un movimento degli stellini sempre più tentato dalla svolta autoritaria proposta da Salvini.

Non è un caso, non è affatto un caso, che lo scontro più frontale si giochi su un tema così lontano e incomprensibile ai più, ma si giochi durissimo proprio lì. Parlo del MESne ho parlato ieri. Come si può pensare che un animale da piazza come Salvini dedichi del tempo e una campagna così concentrica e coordinata contro una tecnicalità come il MES? che nessuno o quasi dei suoi elettori sa cosa sia, e poi con toni ridicoli -rubano ai poveri per dare ai ricchi, dice Salvini nelle piazze.
Veramente pensate e pensa Salvini che la gente ci creda o che se ne preoccupi? Veramente si può pensare che le masse sguaiate e urlanti nelle piazze di Salvini si pongano il problema di non arricchire i banchieri? Ciò che attira e smuove quelle piazze è solo l’idea che qualcun altro che non sia Salvini voglia imporci qualcosa e che qualcuno voglia riempire l’Italia di ‘migranti’. Insomma, la solita cosa: l’odio.
Ma a qual fine, dunque, Salvini si occupa di MES? Di strappare la corda finché possibile, per poi tentare il ‘colpo gobbo’: uscire dall’Europa o autonomizzarsi al punto da non esserne più influenzati, come cercano di fare Viktor Orbàn e Jarosław Kaczynski. Poco importa che quel gioco cominci a mostrare la corda, Salvini ci punta per un motivo semplicissimo che non ha nulla a che fare con gli interessi italiani: fuori o isolati dall’Europa (non ‘isolati in Europa’ come sta avvenendo oggi) si possono fare operazioni costituzionali autoritarie come in Polonia e in Ungheria e forse altrove. E poi? Ma mica penserete che uno come Salvini o Luigi Di Maio o Beppe Grillo possano guardare più lontano di domani? Eh sì, perché Di Maio e Grillo, con l’aiuto di Dibba, puntano più o meno coscientemente anche loro a questo. Solo un matto, altrimenti facendo parte del governo ora e allora, si schiererebbe come Giggino contro il MES a rischio di fare cadere il Governo.

Tornando a bomba: Elkann in tutto ciò che c’entra?
Un grande gruppo multinazionale vede come il fumo negli occhi lo Stato. Sempre e comunque. Finora si è liberato (con la piena collaborazione di Matteo Renzi e compagni) dell’Italia. Degli USA non ancora, ma ci sta provando, e più diventa grande, più di fatto ci riesce. L’Europa se assomiglia -come vorrebbero la gran parte degli europeisti- ad uno Stato rischia di diventare la palla al piede ultima ai grandi progetti industriali di una enorme multinazionale. E quindi meno Europa c’è, meglio è. E se, per indebolire l’Europa, l’Italia può servire, perché no? E se il prezzo da pagare, per noi italiani comuni, fosse di metterci tutti in divisa, perché no?
Fantasie, assurdità, direte. Io però, malpensante come sono, il dubbio, se non altro, me lo pongo.
Ma no, no, no, ….sono solo fantasie. Elkann, stanco di vivere a New York, vuole stare di più in Italia, vuole abitare a Vilar Perosa ad allevare dei bei bambini, vuole, nel tempo libero, un giocattolo da amministrare, visto che nella multinazionale avrà sempre meno da fare -è evidente che, ormai, la ‘famiglia’ è praticamente fuori- , e quindi un po’ di sana razionalizzazione e garanzia del giornalismo di qualità può servire a fargli occupare le lunghe serate invernali dinanzi al caminetto … se poi ciò potesse tornare utile al futuro amministratore delegato della multinazionale, meglio.

Giancarlo Guarino
Giancarlo Guarino
Giancarlo Guarino, ordinario, fuori ruolo, di diritto internazionale nell’Università degli Studi di Napoli Federico II, è autore di numerose pubblicazioni su diverse tematiche chiave del diritto internazionale contemporaneo (autodeterminazione, terrorismo, diritti umani, ecc.) indagate partendo dal presupposto che l’Ordinamento internazionale sia un sistema normativo complesso e non una mera sovrastruttura di regimi giuridici gli uni scollegati dagli altri.
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