mercoledì, 29 Marzo
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Ebola, allarme globale

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La paura per l’ebola dilaga in Europa e nel mondo. Dopo le brutte notizie dalla Spagna e un altro caso sospetto in Grecia, una francese rientrata dall’Africa è stata ricoverata a Parigi per un «probabile» contagio, salvo poi essere risultati i suoi test di controllo «negativi». Allarme sventato, ma il panico cresce comunque perché l’Onu ha dichiarato, per bocca del suo inviato in Africa occidentale David Nabarro, che «la diffusione del virus è molto rapida. I casi raddoppiano ogni tre o quattro settimane. Ebola non colpisce più solo una zona definita ma tutta la regione, e la minaccia riguarda il mondo».

Un altro paziente con i sintomi dell’epidemia, un 26enne originario del Togo, è in quarantena in una clinica di Cipro nord, la parte dell’isola turca. «Servono maggiori risorse. Nel mondo si devono mettere insieme competenze e attori diversi. Anche una positiva alleanza con i media può far crescere il livello di consapevolezza», ha dichiarato il vice Ministro agli Affari esteri italiano Lapo Pistelli, a una tavola rotonda sull’Aiuto umanitario in Europa, in corso alla Farnesina.

Oltralpe, il Premier francese Manuel Valls ha invitato a non alimentare il panico, ma le notizie istituzionali su quella che viene definita come la peggiore epidemia dai tempi dell’Aids sono allarmanti. Da fonti della Commissione europea è filtrato che, tra le possibili risposte alla diffusione del virus, Bruxelles valuta «l’impiego di militari in Africa». In merito, il servizio diplomatico Ue avrebbe inviato agli Ambasciatori dei Paesi membri una nota non ufficiale. Sei aerei militari americani sono inoltrre atterrati a Monrovia, in Liberia, epicentro dell’epidemia di Ebola, trasportando altri 100 Marines. In tutto sono circa 300 le truppe Usa nella zona dell’epidemia.

Un primo caso sospetto di ebola è sotto osservazione anche in Brasile: rientrato di recente dalla Guinea, il paziente è stato trasferito dallo Stato meridionale del Paranà in un ospedale specializzato di Rio de Janeiro, dove attende conferma di diagnosi. Il Brasile è in fibrillazione anche per l’esito del ballottaggio elettorale, in programma il 26 ottobre. La Presidente uscente del Partito dei Lavoratori Dilma Rousseff è risultata in testa al primo turno, con il 41,6%. Ma, secondo le intenzioni di voto raccolte dai sondaggisti di Ibope e Datafolha, lo sfidante di centrodestra Aecio Neves, arrivato secondo con il 33,5%, sarebbe in forte rimonta al 46%. Il risultato, stando a entrambi gli istituti demoscopici, prefigura una situazione di «pareggio tecnico»con Rousseff al 44% testa a testa con Neves, vera sorpresa delle Presidenziali. I dati si basano su un campione di 3.010 persone, sentite tra il 7 e l’8 ottobre in 205 municipalità del Brasile: il livello di affidabilità delle proiezioni è del 95%, con un margine di errore pari a due punti percentuali in più o in meno.

Tra le maggiori notizie della giornata spicca anche la vistosa assenza del leader nordcoreano Kim Jong-un dalle celebrazioni per il 69esimo anno della fondazione del Partito di Stato dei Lavoratori. Da giorni si susseguono le indiscrezioni sulla fine del dittatore, sparito dalle scene pubbliche, e sul futuro della Corea del Nord: tra le ipotesi ci sono la malattia per un infortunio e la defenestrazione dell’erede dei Kim. I media del regime non hanno segnalato alcuna visita di Jong-un al Kumsusan, il Palazzo del Sole dove sono custoditi i corpi imbalsamati del padre e del nonno: pellegrinaggio degli anniversari più importanti.

Gli anni passati, a mezzanotte il giovane leader si era recato nella vecchia sede presidenziale trasformata in un mausoleo, insieme ai più alti funzionari militari e del partito. Per l’ultima ricorrenza l’agenzia ufficiale Kcna ha invece comunicato la presenza solo di «alti funzionari». Al giallo si è aggiunto il preoccupante scambio di colpi di arma da fuoco al confine tra le due Coree: i primi colpi sarebbero partiti dai militari di Pyongyang, per abbattere dei «palloni aerostatici» lanciati da un gruppo di attivisti del Sud. Le forze di Seul avrebbero poi risposto.

Sempre in Asia, si continua a combattere in Iraq e in Siria dove i curdi di Kobane resistono all’avanzata jihadista dell’IS (Stato islamicoperdendo posizioni. Nonostante la trincea casa per casa, i terroristi sarebbero riusciti a impadronirsi del quartier generale cittadino delle forze curde di autodifesa dell’YPG. Se confermata la notizia, diramata dall’Osservatorio nazionale per i diritti umani (ONDUS) dei ribelli, è un altro passo verso la presa dell’IS di Kobane, città curdo-siriana al confine con la Turchia.

Una potente esplosione, causata da un’autobomba, è stata anche udita nei quartieri occidentali del centro sotto assedio da tre settimane. «Kobane non deve essere una nuova Srebrenica. La Turchia deve difenderla, almeno consentendo al flusso di volontari di entrare in Siria per evitare il massacro», ha esortato l’Inviato speciale delle Nazioni Unite per la Siria Staffan de Mistura. Dopo gli oltre 30 morti nelle violenze alle proteste filo-curde, il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha promesso di difendere «fino all’ultimo respiro». Ma con le ore aumentano le critiche per l’inazione di Ankara, da parte sia degli Usa sia della comunità internazionale.

Disordini, nel week-end, potrebbero riesplodere anche a Hong Kong, dove decine di migliaia di persone hanno preso a riunirsi nel quartiere dei Ministeri, in risposta all’appello degli studenti che da 13 giorni occupano il centro reclamando libere elezioni.
Il movimento Occupy Central ha indetto una nuova protesta contro il Governo dell’ex colonia britannica, che ha annullato i colloqui odierni previsti, accusando i giovani di «mancata volontà di dialogo».

Il mondo che chiede pace e democrazia festeggia, anche nelle piazze di Hong Kong, il Nobel alla pace del 2014 andato a Malala e all’attivista indiano Kailash Satyarthi. Il comitato norvegese che assegna il riconoscimento ha scelto la studentessa pachistana 17enne e Satyarthi per la lotta di entrambi «contro l’oppressione dei bambini e dei giovani e per il diritto alla loro istruzione».

Malala Yousafzai è la più giovane insignita del Nobel. «La conosco personalmente e la inviterò a lavorare con me», ha annunciato l’attivista Satyarthi da New Delhi, dove vive con la famiglia. «Continuando la tradizione di Gandhi e con grande coraggio personale ha capeggiato diverse forme di protesta e dimostrazioni, tutte pacifiche, concentrandosi sul grave sfruttamento dei minori per motivi economici», si legge su di lui nella motivazione del Nobel. Su Malala si afferma che, «nonostante la sua giovane età, ha combattuto diversi anni, nelle circostanze più pericolose, per il diritto delle bambine all’istruzione, dimostrando, con la sua lotta eroica, che anche bambini e giovani possono contribuire a cambiare la loro situazione». 

India e Pakistan si sono congratulati con gli attivisti, ma in una giornata di rapporti tesissimi tra i due Paesi. Il Premier pachistano Nawaz Sharif ha chiesto all’India di sospendere immediatamente gli attacchi lungo il confine in Kashmir «in rispetto alla santità della Linea di Controllo (LoC, la frontiera provvisoria ndr)», poiché, ha affermato, il «desiderio di pace del Pakistan non deve essere confuso per debolezza» Malala si è appellata ai premier di Pakistan e India affinché prendano parte insieme alla cerimonia di consegna dei Nobel.

 

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