Prima del conflitto russo-ucraino il termine Transnistria evocava qualcosa solo in quei viaggiatori estremi sempre alla ricerca di mete sconosciute o scarsamente frequentate dal turismo di massa. Il conflitto in Ucraina ha portato alla ribalta questo territorio della Moldavia (o Moldova).
La Trasnistria, o per meglio dire la Repubblica Moldava di Pridnestrovia (PMR), è una porzione di terra moldava dichiaratasi indipendente negli anni 90, stabilendo una propria amministrazione autonoma nella città di Tiraspol che è anche la capitale.
La PMR amministra la maggior parte della stretta striscia di terra tra il fiume Dnestr e il confine moldavo-ucraino, nonché alcuni terreni sull’altro lato della riva del fiume. Il 2 settembre del 1990 vi è la proclamazione della Repubblica socialista sovietica moldava di Pridnestrovie (Pridnestrovie è il nome in russo).
Per due mesi le autorità moldave non emanarono provvedimenti contro tale proclamazione, così alla fine la Transnistria divenne una delle repubbliche non riconosciute dell’URSS, come Abcasia, Ossezia del Sud, Nagorno-Karabakh, che ad oggi sono gli unici Paesi che la riconoscono come Stato indipendente.
La dichiarazione d’indipendenza non fu del tutto pacifica, anzi, si ebbero dei fatti d’armi: il primo fu uno scontro tra Governo moldavo e separatisti, il 3 novembre 1990 a Dubăsari una unità della Polizia venne inviata sul ponte del fiume Nistro per rimuovere un blocco stradale creato dagli abitanti del posto. Durante le operazioni ci fu una sparatoria e tre cittadini di locali furono uccisi; in seguito il 2 marzo 1992 inizio un conflitto locale in tre aree nei pressi del fiume Nistro, gli scontri finirono il 21 luglio sempre del 1992.
Negli stessi giorni la Moldavia diveniva membro delle Nazioni Unite e viene così internazionalmente riconosciuta il medesimo giorno che scoppiò la locale guerra. Lo stesso 21 luglio venne firmato il cessate il fuoco, dal Presidente Russo Yeltsin e dal Moldavo Snegur, venne creata una forza di peacekeeping per far rispettare il cessate il fuoco. Le forze in campo erano composte da cinque battaglioni russi, tre moldavi e due transnistriani, coordinanti dalla Joint Control Commission, ovvero una struttura comune di comando.
La Trasnistria dispone di una sua Forza Armata e di paramilitari che contano tra i 4.500 e i 7.500 soldati, suddivisi in quattro brigate di fanteria motorizzata ognuna rispettivamente con sede a Tiraspol, Bender, Rîbnița e Dubăsari (dati del 2007). Mentre la presenza russa nell’area conta circa 1.500 unita, organizzato nel Gruppo Operativo delle Forze Russe in Transnistria, basati nell’ex deposito di munizioni dismesso dell’era sovietica a Cobasna.
Fonti confidenziali riferiscono di grandi quantità di armi ed equipaggiamenti stoccati nei magazzini di tutta l’area, che se pur di era sovietica potrebbero comunque essere utilizzati ancora oggi.
Ma veniamo alle note dolenti, sul piano internazionale. Tutti guardano a questo lembo ti terra come una possibile espansione dell’attuale conflitto ucraino, laddove l’avanzata Russa dovesse allargarsi a ovest. In effetti, la distanza che divide Odessa a Tiraspol sono all’incirca cento chilometri. Il territorio della Pridnestrovia (come chiamano i russi la Trasnistria), sarebbe un secondo Donbass. In questo caso la risposta del governo centrale moldavo per cercare di continuare a tenere nei suoi confini tale lembo di terra potrebbe essere molto limitata, in quanto non è un mistero che le forze armate di Chisinau non sono né particolarmente numerose, né molto ben armate.
A inizio di maggio, infatti, in una visita ufficiale del Presidente del Consiglio Europeo Charles Michel, ha dichiarato che l’Unione europea aumenterà il suo sostegno militare alla Moldavia. In una conferenza stampa organizzata durante la visita lo stesso ha dichiarava «Abbiamo in programma quest’anno di aumentare considerevolmente il nostro sostegno alla Moldova fornendo ulteriore equipaggiamento militare alle sue forze armate».
Da canto suo la Moldavia si sta muovendo per cercare di limitare il raggio di azione delle forze e dei partiti che strizzano l’occhio a Vladimir Putin. E’ notizia del 24 maggio del fermo di Polizia per 72 ore del ex Presidente della Moldavia, Igor Dodon. Il 47enne ha guidato il Paese dal 2016 al 2020 ed è l’attuale leader del principale blocco di opposizione della Moldavia,il Partito socialista filo-Cremlino. Non è un mistero nemmeno che Dodon, nell’ottobre 2016, durante la campagna elettorale presidenziale, affermò che la Crimea, «…è un territorio della Federazione Russa». Secondo la magistratura moldava, l’ex Presidente sarebbe indagato per presunta corruzione, tradimento, arricchimento illecito e finanziamento illegale al partito. La reazione di Mosca non si è fatta attendere, il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov in una videoconferenza ha affermato «Siamo, naturalmente, allarmati dal fatto che, ancora una volta, una tale pratica e persecuzione vengano utilizzate contro coloro che sono sostenitori dello sviluppo di relazioni amichevoli e reciprocamente vantaggiose con la Federazione Russa», ma ha anche ammesso che la questione è un affare interno della Moldavia.
Dopo l’invasione russa dell’Ucraina, i rapporti tra fazioni filo-occidentale e filo-cremlino del Paese sono diventate sempre più distanti.
Nella regione autonoma, nostre fonti ucraine riferiscono, che un ruolo importantissimo nel finanziamento dei filorussi locali, ma anche delle forze di sicurezza, lo svolge la SRL Sheriff, fondata nel 1993. I settori d’impresa della ditta spaziano dai carburanti, alla televisione e dall’alimentare, all’editoria. La Sheriff pare sia uno dei finanziatori occulti della politica nazionale.
Insomma, se il conflitto ucraino si dovesse espandere a ovest, lo sbocco naturale sarebbe la Moldavia o parte di essa. Quale scenario si prospetterebbe è difficile da prevedere, ma sicuramente ci sarebbe un conflitto interno tra fazioni su posizioni diametralmente opposte, si potrebbe verificare qualcosa di molto simile a un nuovo Donbass.