Negli ultimi giorni, la tensione nel Donbass è salita alle stelle. I separatisti hanno accusato l’esercito di Kiev di aver bombardato almeno quattro volte in 24 ore le regioni da loro occupate, ovvero la Repubblica Popolare di Doneck (DNR) e la Repubblica Popolare di Lugansk (LNR), con armi pesanti. Le autorità dell’Ucraina negano e parlano di ‘operazioni false flag’ del Cremlino che potrebbero essere utilizzate per giustificare un’azione militare.
Scontri e scaramucce sono la quotidianità lungo la linea del fronte, dove il cessate il fuoco raggiunto sette anni fa e monitorato dall’OSCE viene regolarmente violato. Però questa volta c’è qualcosa di assolutamente inedito. Ieri, venerdì 18 febbraio, i leader separatisti nell’Ucraina orientale hanno ordinato una ‘evacuazione‘ di massa di civili verso la Russia, poco prima dell’esplosione di un’autobomba.
Poche ore dopo, il Presidente russo Vladimir Putin ha ordinato al governo russo di organizzare il necessario per ospitare e nutrire le persone che lasciano due autoproclamate repubbliche separatiste dell’Ucraina orientale, quelli che il Cremlino ha subito definito i ‘rifugiati del Donbass‘. Putin ha anche ordinato che a tutte le persone che si rifugiano in Russia dal Donbass siano assegnati 10.000 rubli (129 dollari).
Secondo Stati Uniti e Ucraina questi fatti depongono a favore di una imminente invasione dell’Ucraina da parte della Russia, con il Donbass, ovvero con la difesa dei cittadini di etnia russa dall’agressione ucraina, quale pretesto.
Sara Meger, Docente di Relazioni Internazionali, Scuola di Scienze Sociali e Politiche, Faulty of Arts, dell’Università di Melbourne, è tra coloro che sostengono che è improbabile che la Russia invada l’Ucraina perché sta già riuscendo nei suoi obiettivi, mantenendo l’Ucraina instabile e costringendo gli Stati Uniti a prendere sul serio i suoi problemi di sicurezza.
«Molti sostengono che i movimenti secessionisti della Repubblica popolare di Donetsk e della Repubblica popolare di Lugansk, che hanno provocato un conflitto armato in Ucraina che dura ormai da otto anni, agiscano per volere della Russia e facciano parte di una più grande ambizione della Russia di impadronirsi del territorio ucraino.
Tuttavia, è più corretto affermare che questi movimenti separatisti indipendenti ricevono sostegno materiale dalla Russia perché il conflitto in Ucraina frustra ulteriormente gli sforzi dell’Ucraina per integrarsi più strettamente con l’Europa, la cui prospettiva è vista dalla Russia come una minaccia alla sicurezza», afferma Meger.
«Dato che la maggior parte di queste condizioni è rimasta sostanzialmente invariata negli ultimi otto anni, cosa c’è di diverso ora nell’intensificare le tensioni? Per comprendere la situazione attuale, dobbiamo pensare al rapporto storico tra Russia e Ucraina».
«Russia e Ucraina condividono da tempo una stretta relazione, basata su nozioni di fraternità nate dalla condivisione di religione, storia e politica. A Kiev, un arco in titanio alto 50 metri noto come l’Arco dell’amicizia popolare commemora storicamente il rapporto tra i due Stati.
Tuttavia, dalla rivoluzione Euromaidan», le manifestazioni pro-Europa iniziate a fine 2013, «gli ucraini si sono attivamente allontanati dalla Russia e dal loro passato comunista. Ciò ha comportato sia azioni simboliche come la promessa del governo ucraino di smantellare l’Arco dell’Amicizia, sia lo spostamento strategico della politica estera del Paese dall’orientamento precedentemente orientale dell’Ucraina verso l’Europa e le speranze di integrazione europea.
La convinzione che l’Europa detenesse la soluzione ai problemi economici e sociali ucraini che si erano aggravati dall’indipendenza è stata la ragione della rivoluzione Euromaidan del 2014.
La Russia non ha risposto passivamente al riorientamento dell’Ucraina verso l’Europa.
Immediatamente dopo la rimozione di Yanukovich, percepito dalla maggior parte dei cittadini di Kiev e dell’Ucraina occidentale come sotto il controllo del loro ‘fratello maggiore’, la Russia ha annesso la penisola di Crimea e ha sostenuto i movimenti separatisti emersi nelle regioni orientali dell’Ucraina.
Nonostante si sia orientata verso ovest dal 2014, la fratellanza Ucraina-Russia è stata nuovamente messa a dura prova dalle manovre elettorali post-Biden del governo del Presidente Volodymyr Zelenskyi per ridurre l”influenza russa‘ nella politica della Nazione.
Dopo aver vinto le elezioni presidenziali del 2019 con una campagna di ‘cambiamento’ e una piattaforma populista di dissociazione dai partiti e dalle forze politiche consolidate nel Paese, Zelenskyi è stato da allora accusato di assecondare l’estrema destra nel Paese.
Questo potrebbe essere alla base della decisione del suo governo, nel 2021, di prendere di mira il politico amico del Cremlino Victor Medvedchuk e la sua organizzazione politica ‘Ukraine Choice’.Accusato di sostenere il terrorismo per presunto finanziamento di separatisti a Donetsk e Luhansk, Medvedchuk è stato inserito nell’elenco delle sanzioni ucraine e successivamente agli arresti domiciliari.
Solo pochi giorni dopo Putin iniziò a mobilitare le forze armate al confine con l’Ucraina.
Da allora la formazione militare è cresciuta fino a raggiungere oltre 100.000 soldati ammassati vicino al confine orientale dell’Ucraina, integrati con un arsenale di artiglieria pesante, carri armati e missili balistici. E finora, questo è stato sufficiente per ottenere ciò che Mosca desidera».
Questa sorta di ‘assedio’, «ha avuto un grave impatto sull’economia ucraina. E ha anche costretto le potenze occidentali a impegnarsi seriamente con la Russia per discutere le questioni della sicurezza europea e le loro preoccupazioni riguardo all’espansione militare occidentale.
Mentre la Russia ha certamente un interesse acquisito nel mantenere l’Ucraina sufficientemente instabile da impedire che diventi più integrata economicamente e militarmente in Europa, le affermazioni secondo cui stanno pianificando un’invasione imminente sono esagerate.
Più probabilmente, vedremo la continua pressione da parte di Mosca sotto forma di potenziamento militare al confine con l’Ucraina, ulteriore uso di giochi di guerra e altre forme di pressione come mezzo per costringere le potenze occidentali a negoziare sulla limitazione delle capacità militari occidentali nell’est Europa».