«Dominique Velati, militante radicale e malata terminale, ha ottenuto il suicidio assistito in Svizzera, a Berna, ed è deceduta il 15 dicembre. Lo ha reso noto il radicale Marco Cappato autodenunciandosi per aver aiutato la donna ad ottenere l’eutanasia. Cappato ha annunciato la disobbedienza civile, contravvenendo al Codice penale italiano». Questa l’Ansa del 15 Dicembre. Il concetto di disobbedienza civile non è nuovo al Partito di Pannella, ma tantomeno al mondo circostante. Un atto che serve a preservare l’habitus democratico. Una contraddizione? No.
«Sotto un Governo che imprigiona la gente ingiustamente, il vero posto per un uomo giusto è la prigione». Con queste parole, scritte dopo aver passato una notte in prigione per essersi rifiutato di pagare le tasse in segno di protesta contro la guerra che nel 1846 gli Stati Uniti muovono al Messico, il poeta e scrittore Henry David Thoureau fonda la moderna definizione di quell’atteggiamento politico nei confronti dello Stato che prende il nome di ‘disobbedienza civile’ proprio dal suo saggio del 1859 dal titolo ‘Resistance to Civil Government’.
Secondo Gandhi la «disobbedienza civile è la violazione civile delle leggi immorali ed oppressive», chi opera attraverso questo metodo di lotta si pone «fuori legge in maniera civile» e si espone alle sanzioni previste dalle leggi, accettandone le conseguenze punitive. In questo senso, essa «è una parte del satyagraha». Gandhi riconosce in Toureau il primo teorizzatore e sperimentatore della disobbedienza civile («ha lasciato un’opera magistrale sul dovere di disobbedienza civile»), ma ritiene riduttiva la sua azione limitata all’obiezione fiscale, mentre per una vera ‘rivoluzione pacifica’, ossia non violenta, è necessario violare «tutte le leggi oppressive e immorali».
Secondo Teresa Serra, docente di Filosofia Politica alla Sapienza, ha risposto alle nostre domande sul concetto della Disobbedienza Civile come protezione dello status democratico.
Disobbedienza civile: il caso dei Radicali ha portato alla ribalta un concetto di protesta silenzioso, ma dirompente. Un qualcosa di eccezionale per la situazione di ‘passività’ italiana?
In tutta l’Europa, e soprattutto in Italia, manca una vera sensibilità democratica, è chiaro che, dove manca questo elemento, la disobbedienza civile non può attecchire. Si sviluppa solo laddove c’è un chiaro habitus democratico. Questa avviene nel momento in cui le Istituzioni dimostrano di non essere all’altezza, deve nascere con un atteggiamento di difesa della Democrazia. I Radicali sono gli unici che da sempre fanno opposizione in questo modo.
Storicamente parlando come la collochiamo?
E’ strettamente collegato all’habitus democratico ed è fondamentalmente una necessità di far sentire una propria opinione dissidente quando, in tutti i modi, questa opinione non viene ascoltata. Nel caso specifico attuale, siccome non si discute del problema dell’eutanasia, a questo punto i Radicali hanno fatto un’azione di disobbedienza ad una legge specifica. Il problema diventa se è lecito o meno non rispettare una legge. E’ come va trattata da parte dell’ordinamento una disobbedienza civile che è a difesa dell’organizzazione democratica, ma che in qualche modo va contro un diritto positivo. Il problema è nella sanzione.
In che senso?
La sanzione viene interpretata in due modi: da un punto di vista soggettivo e oggettivo. Dal punto di vista soggettivo, è chiaro che per dare più forza alla propria disobbedienza, chi disobbedisce può essere anche disposto ad accettare la sanzione. In questo caso l’accettazione della sanzione rende ancora più forte la disobbedienza. Colui che trasgredisce sa di essere andato ‘contra legem’, ma sa di averlo fatto per ragioni di difesa della Democrazia e di difesa della possibilità di aggregare opinioni. La disobbedienza civile è anche un mezzo per aggregare opinioni sul senso delle norme he bisogna modificare.
Dal punto di vista oggettivo, l’ordinamento rifiuta di non comminare la sanzione perché c’è una disattenzione alla legge, ma è anche vero che in molte Costituzioni è stato inserito il diritto alla disobbedienza civile quando l’ordinamento crea norme o prende delle decisioni politiche che non collimano con la Democrazia o con una visione generale. Non è impossibile accettare il diritto di disobbedienza civile. A questo punto andrebbe, dal punto di vista oggettivo, guardata la disobbedienza come un atto in difesa dell’ordinamento democratico, non in offesa. E quindi le sanzioni dovrebbero, secondo la mia opinione o come le Costituzioni sud americane e tedesca, avere un occhio di riguardo e trattare la disobbedienza civile come un atto di necessità.