detritiSi chiama Donald J. Kessler ed è un astrofisico che fino al 1996 ha lavorato per la NASA, nell’ufficio per gli effetti ambientali del Johnson Space Center. Resta sempre una figura molto attiva in tema di sviluppo e utilizzo dello spazio sostenibile per l’umanità. A lui fa riferimento una particolare psicosi legata ai danni che possono verificarsi -presumibilmente in orbite basse- dalla collisione di mezzi e apparecchiature con i detriti che orbitano senza meta in assenza di atmosfera e con una gravità ridotta: la Sindrome di Kessler.
Il problema è serio: possiamo andare a scomodare lo scienziato francese del Settecento Antoine-Laurent de Lavoisier e la formulazione della legge della conservazione della massa in chimica e poi rischiamo di perderci un po’ troppi Lettori per strada. Ma che la natura sia impassibile, non cambia e non si muove, ovvero che «Nulla si crea, nulla si distrugge, ma tutto si trasforma» è del tutto ancora valido, così che in ogni laboratorio del mondo il principio fondamentale di Lavoisier resta sempre una verità immutata. E così pure tutta la spazzatura lasciata nello spazio per incapacità di smaltimento, per disattenzioni o per pura strafottenza intimidatoria.
Secondo l’Agenzia Spaziale Europea, la presenza in orbita di rottami derivati dalle attività spaziali è stata spesso ignorata. Non abbiamo una mappatura completa, e però alla Terza Conferenza Europa ospitata in ESOC (European Space Operations Centre) a Darmstadt, è venuto fuori che i frammenti catalogati in orbita tipicamente più grandi di 20 cm, sono circa 9.000. Una stima sicuramente in difetto, ma pur sempre accettabile dalle rilevazioni radar che attraverso l’invio di un impulso di microonde verso un corpo in orbita, ne rileva l’eco e ne calcola la velocità grazie all’effetto Doppler. È così che si stima la distanza da Terra. Però, gli oggetti vaganti sono anche molto piccoli: migliaia tra 10 cm e un centimetro di lunghezza e addirittura miliardi di oggetti, tra 0,1 mm e un centimetro che vagando ad una velocità relativa di 10 km/s.
Nel caso di una collisione possono arrecare danni assai gravi. Il colpo di un revolver sulla Terra farebbe sorridere nella comparazione dei danni arrecati!
Finalmente si è preso coscienza. Nel 2007 Pechino ammise di aver effettuato un lancio sperimentale di un missile anti-satellite, pur garantendo di non volere una corsa agli armamenti nello spazio. L’azione di abbattere un vecchio satellite in disuso, ad un’altezza di 800 km. che transitava sulla provincia del Sichuan creò una massa di detriti che si diffusero mettendo in pericolo la sopravvivenza di altri oggetti funzionanti. Anche a occidente si sono compiute operazioni del genere, e chi ne ha risentito è stato sempre un ambiente che per quanto grande non è per niente infinito.
Ma questi piccoli proiettili possono essere costituiti anche da scaglie di vernice, frammenti di circuiti elettronici, frantumi di acciaio, o altro materiale in uso nelle costruzioni spaziali. Non è difficile comprenderlo: dal lancio dello Sputnik, avvenuto nell’ottobre del 1957 ad oggi, oltre 22.000 satelliti artificiali sono stati posti in orbita. Un traffico di centro cittadino in un’ora di punta!
Un’analisi sia pur grossolana afferma che circa il 22% di grossa monnezza vagante è rappresentato da satelliti ormai non più funzionanti, la maggior parte dei quali per uso militare, un ulteriore 17% è costituito da stadi propulsivi che vengono rilasciati nella fase finale di un lancio. Circa il 13% è costituito da elementi che si usano normalmente sui satelliti artificiali e che vengono eliminati oppure persi: bulloni, coperte termiche e infine, il 43% è di frammenti dovuti a circa 150 esplosioni. Materiale studiato per sopportare forti sbalzi termici, tempeste di quelle che farebbero assai male, e, soprattutto, la non esposizione all’aria li conserva a lungo intatti.
Non sono mancate anche cause accidentali come la perdita della borsa da parte di Heidemarie Stefanyshyn-Piper, ottava astronauta donna ad aver compiuto un’azione extraveicolare: nel 2008 durante un’operazione di aggiustamento di una delle tre doppie antenne solari della Stazione spaziale internazionale, le è scivolata la sacca e tutti gli attrezzi, che ora girano chi sa dove. Ma certo non sono spariti come accade durante uno scippo!
Kessler ha ipotizzato che il volume di detriti spaziali in orbita bassa intorno alla Terra è diventato così elevato da provocare reazioni a catena generate da collisioni multiple tra i detriti stessi, mettendo a rischio le telecomunicazioni, le missioni di osservazioni e tutto quanto dà servizio dallo spazio. Indubbiamente è necessario che lo space debris sia parte integrante della missione spaziale, in modo che oltre l’atmosfera terrestre vi siano opportunità e non minacce.
Dicevamo che si sta prendendo coscienza. Per cominciare si sta pensando di normare la circolazione spaziale con lo Space Traffic Management, ovvero la gestione controllata dello Spazio delimitando delle regioni in cui parcheggiare i satelliti in disuso o che attendono un intervento di manutenzione. Cosa questa che ancora non è in protocollo alle grandi case che ne gestiscono l’uso. Per questo da poco si è riunito il comitato con gli esperti delle maggiori agenzie spaziali mondiali.
In Italia, ha affermato Alberto Buzzoni, astronomo all’Inaf, «il progetto Prisma è estremamente attivo in questo campo, attraverso una rete di una cinquantina di camere, installate negli osservatori astronomici dell’Inaf, ma anche in innumerevoli stazioni private che stanno ormai coprendo l’intero territorio nazionale».
Potrebbe essere il business del futuro, perché la crescita dei lanci è esponenziale ed occuparsi dell’ambiente eserno alla Terra non sarebbe solo uno scrupolo di ecologia, ma anche un forte abbassamento dei costi assicurativi, in quanto i premi relativi ai danneggiamenti da impatto sono molto onerosi.
Speriamo di leggere presto di progetti in grado di risolvere radicalmente i problemi esposti. Sulla Terra, lo sappiamo, sono drammi sempre aperti che nessun governo o amministrazione è riuscito a superare. Ma qui, sul nostro pianeta, sappiamo che ci sono ‘Stati paralleli’ che lavorano su questo affare, e l’unica nostra speranza è che sui carichi utili i razzi lanciati oltre le Colonne d’Ercole dell’atmosfera non si esporti anche quello.
Per quanto riguarda l’aspetto politico e legale della questione, l’ESA spingerà in sede ONU per l’approvazione di un accordo che riconosca il problema dei detriti spaziali come uno dei problemi che riguardano l’umanità intera e che lo regoli di conseguenza.