lunedì, 20 Marzo
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Dall'Udc stop al monopartitismo di Renzi

“Da un bipolarismo coatto si è passati a un monopartitismo imperfetto, con il Pd di Matteo Renzi a farla da padrone e Matteo Salvini e Beppe Grillo a presidiare le ali estreme”. E’ questa, in sintesi, l’analisi politica dell’Italia ai tempi delle riforme, o del tentativo di condurle in porto, sfornata – in esclusiva per ‘L’Indro’ – da Gianpiero D’Alia, presidente nazionale dell’Udc, deputato di Area Popolare, presidente della Bicamerale per le questioni regionali e Ministro della Pubblica amministrazione e della Semplificazione nell’esecutivo targato Enrico Letta. Il parlamentare siciliano vede l’Unione di Centro in prima linea al fine di organizzare una nuova offerta politica che aggreghi tutti quei soggetti che, a livello continentale, si riconoscono nel Partito Popolare Europeo.

Proprio le recenti Quirinarie, definite come propedeutiche al processo di riforma del Paese, hanno fatto registrare, al momento di avanzare le candidature, il ritorno dei partiti di Area Popolare, Udc e Nuovo Centrodestra, al fianco di Forza Italia, alla ricerca di un presidente super partes.

L’elezione di Sergio Mattarella, tuttavia, per alcuni, potrebbe costituire una garanzia solo per la stabilità del Partito Democratico. La storia dell’ex democristiano, in effetti, sembrerebbe segnata da una chiara scelta di campo. Dimessosi, nel 1990, dal Governo guidato da Giulio Andreotti, in contrapposizione alla legge Mammì, nel 1993, in piena Tangentopoli, pone la questione morale all’assemblea costituente della Dc, incassando le contestazioni di Pierferdinando Casini e Clemente Mastella. Nello stesso anno, è relatore della riforma bipolarista, passata non a caso alla storia come Mattarellum. Ministro della Difesa e vice premier nel governo di Massimo D’Alema, nel 1999, dopo le elezioni europee, osteggia l’ingresso di Fi nel Ppe e si schiera a favore della legge sulla par condicio.

Onorevole D’Alia, Mattarella potrà essere davvero l’arbitro del cambiamento, o le sue trascorse frizioni con Berlusconi possono costituire un deterrente?

Mattarella farà benissimo il Presidente della Repubblica e sarà molto amato dagli italiani. Sono anche certo che sarà una garanzia di imparzialità per tutte le forze politiche, in un periodo particolare visto l’impegno sulle riforme istituzionali. E’ chiaro che questa fase richiede da parte di tutte le forze politiche un supplemento di responsabilità e dialogo.

Proprio l’elezione del nuovo presidente della Repubblica ha fatto decadere il patto Nazzareno, riportando Forza Italia all’opposizione. Quali nuovi scenari rischiano di spalancarsi, considerato la recrudescenza del feeling con la Lega Nord? Esiste il rischio di elezioni anticipate? L’Udc dove intende collocarsi? Vuole continuare al fianco del Pd di Renzi o riprendere definitivamente la vecchia via, magari alle prossime elezioni, dopo avere approvato le riforme?

Quello che mi preoccupa di più è il passaggio da un bipolarismo coatto a un monopartitismo imperfetto, dove il Pd di Renzi diventa l’unico partito e lascia Salvini e Grillo a presidiare le aree estreme. Per tale motivo i moderati devono necessariamente riprendere l’iniziativa per organizzare una nuova offerta politica. Senza dubbio l’Udc sarà in prima linea per favorire la ricomposizione di tutti quei soggetti che in Europa si riconoscono nel Ppe.

Da Mario Monti in poi, le forze moderate tendono, chi più, chi meno, a coalizzarsi a sostegno del Governo. Le spinte centrifughe del dopo Tangentopoli sembrano in via di esaurimento. A fare opposizione a un grande centro, coeso o meno che sia, sono i partiti di destra e sinistra, sempre più deboli, e i movimenti della cosiddetta anti politica. Non sembra esattamente un modello bipolarista. La legge elettorale non dovrebbe tenerne conto?

Il bipolarismo in Italia è crollato con la fine dell’ultimo governo Berlusconi. Un sistema che ha bloccato il Paese per vent’anni. La nuova legge elettorale garantirà più stabilità politica e rappresentatività dei partiti in Parlamento, certamente più di quanto consentiva il Porcellum.

Si avvicinano a grandi falcate le riforme costituzionali. Come va cambiato il Senato? E’ giusto prevedere cariche non elettive ed estendere l’immunità parlamentare ai rappresentanti delle Regioni che siederanno a Palazzo Madama? Il bicameralismo imperfetto è sufficiente o i processi decisionali vanno rivisti a tutti i livelli?

Il bicameralismo perfetto è nato in un periodo particolare per l’Italia. Uscivamo da una guerra logorante e da una dittatura. Ha assicurato la nostra organizzazione dello Stato e ha funzionato per decenni. Adesso probabilmente è arrivato il momento di sganciarsi. Con due Camere con gli stessi poteri, i processi legislativi sono diventati troppo lenti con il rischio, spesso, di insabbiarsi durante l’iter parlamentare. D’altra parte in moltissimi Paesi il potere legislativo è affidato a una sola Camera e dimostra di funzionare.

E le Province? Solo il vero cancro della spesa pubblica? La Sicilia farà bene ad allinearsi alla legge Delrio o ad assecondare l’incerta “rivoluzione” Crocetta che al momento ha prodotto solo un anno e mezzo di commissariamento degli enti intermedi e tanti problemi nell’erogazione di servizi importanti?

Penso semplicemente che le Province sono state soppresse dalla nuova riforma costituzionale e devono quindi essere superate in Sicilia come nel resto d’Italia.

La situazione per molti italiani è davvero critica, se non già drammatica o, peggio, tragica. La sua gravità è pienamente avvertita nei palazzi? L’Ocse denuncia da anni l’estinzione del ceto medio, l’allargamento della forbice tra ricchi e poveri e una mobilità sociale tra le più basse d’Europa. Ci sarà davvero un cambio di passo capace di dare respiro alle fasce più deboli? Se sì, quando?

La politica non deve solo percepire il malessere sociale ma deve agire, anche perché gli italiani ormai hanno dato fondo agli ultimi risparmi. Non si può perdere ancora tempo. Serve un pacchetto di norme tutte indirizzate al ceto medio, con quei tagli fiscali indispensabili per far risalire proprio questa parte di italiani sopra la soglia di povertà.

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