Bangkok – La Cina in crisi. Sembra un hashtag di quelli che solo fino a pochissimo tempo fa lo si sarebbe potuto ritenere alquanto improbabile. Ma si sa, la Madre di tutte le Crisi ha chiesto un nuovo sacrificio sul suo altare globale e la Cina pare sia entrata in una specie di tunnel economico/finanziario i cui esisti non sono necessariamente fastosi e luminosi nel breve termine.
Chiariamoci, la crisi cinese non è una crisi strutturale né definitiva, checché dipingano i media occidentali che molto superficialmente si aspettavano che con una Cina in crisi ne potessero trarre vantaggio i Paesi dell’Occidente. Qui se qualche vantaggio la concorrenza sta riscuotendo lo si ravvede solo tra i Paesi emergenti proprio dell’area asiatica. In ogni caso, scendendo nel dettaglio, come sempre accade, anche le coloriture della crisi cinese assumono un ben altro aspetto, tant’è vero che i pianificatori cinesi stanno individuando le soluzioni da introdurre per contrastare la crisi e magari anche andare più al fondo della questione. Infatti, la Cina comunista in casa e liberista sulle piazze internazionali sta per diventare in breve anch’essa una fotografia sbiadita nella oleografia internazionale nei confronti dell’Impero di Mezzo.
Se si ponessero a confronto le cifre, i media italiani recentemente abituatisi in modo alquanto frettoloso a parlare di crisi cinese dovrebbero riscontrare che l’economia italiana forse segnalerà un mezzo punto percentuale di incremento del proprio PIL mentre in Cina si sta discutendo se il PIL cinese sarà del 7 o del 6,5 per cento di incremento annuo. Se poi si considerasse la base statistica più ampia, ovvero i “valori” dei fondamentali economici tra una Nazione qual è l’Italia e la vastità del territorio, delle coltivazioni e dell’apparato industriale cinese, ebbene parlare di “crisi cinese” potrebbe – nei fatti – essere una valutazione alquanto fuori luogo. Cosa alquanto simile pure se si confrontasse l’incremento “medio” dell’Unione Europea rispetto a quello della Cina. Oltretutto, la vera novità della Cina contemporanea è la disponibilità insospettata fino a poco tempo fa, di rivedere profondamente i propri canoni d’azione in economia e finanza come variamente dimostrato negli ultimi tempi scegliendo – ad esempio – di sostenere gli Stati Uniti acquistato titoli di debito pubblico USA, il che è stato di reale sostegno per gli Stati Uniti d’America che stanno pian pianino riguadagnano posizioni e vertici mondiali che si temeva potessero andare perduti proprio a favore della Cina. Oppure come accaduto con l’altro grande gigante asiatico competitor d’area e globale, ovvero l’India, con la quale talvolta si collabora e talvolta si va in competizione mentre la stessa india oscilla tra fare business con la Cina oppure con l’altro competitor globale “classico” cioè gli USA (da cui la definizione – nel caso indiano – di “swing power”).