Mosca è determinata a cementificare lo stato della Crimea, annessa alla Federazione Russa tre anni fa, con un’opera monumentale e dall’alto valore simbolico: i russi sono al lavoro per costruire un ponte che unirà la penisola ucraina al ‘continente’ eurasiatico.
La piccola penisola, abitata per la maggior parte da cittadini etnicamente e culturalmente russi, si espresse, con un referendum stravinto dalla maggioranza filorussa, a favore della secessione da Kiev, in preda al colpo di stato, e per l’annessione alla Federazione Russa.
La Crimea di oggi sembra avere, più che mai, l’aspetto di una provincia Russa. La popolazione sembra essere particolarmente entusiasta. «La Crimea è finalmente tornata a casa», dice una donna intervistata dalla ‘BBC‘, «abbiamo cambiato le nostre leggi e i nostri documenti.. tutto è cambiato. La nostra anima è russa».
Anche i pochi cittadini che un tempo avevano espresso simpatia per Kiev e per le autorità ucraine ora, dopo tre anni, accettano il potere di Mosca. «[i russi] ci stavano aspettando, sono felici di averci con loro. Gli ucraini no, ci odiano. Pensano che tutti qui in Crimea siano traditori, anche quelli che si opposero ai russi… sono considerati traditori per non aver abbandonato il Paese quando le truppe di Mosca arrivarono qui», testimonia Svetlana.
La Casa Bianca continua intanto a volere che Mosca restituisca la piccola penisola a Kiev. La maggior parte dei cittadini della Crimea sono felici di tornare a far parte della Russia, ma non tutti. Le organizzazioni dei tatari, che si erano opposti al referendum, sono ora fuori legge, e alcuni gruppi di attivisti per i diritti umani condannano il ‘clima di tensione’ che le autorità russe avrebbero portato.