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Covid-19 in USA: cosa non ha funzionato, oltre a Trump

Se i sondaggi sono affidabili, e molto probabile che il 46° Presidente degli Stati Uniti non sia Donald Trump al suo secondo mandato, come era, invece, prevedibile fino a non molti mesi fa. Se così sarà, la non rielezione, sostengono gran parte degli analisti, sarà da attribuire principalmente al coronavirus Covid-19, o meglio, a come la sua Amministrazione non ha saputo gestire il problema, e a come lui stesso non ha né voluto,né saputo affrontare il problema, e, a come,anzi, lo ha nascosto prima e ignorato, minimizzato poi.
Tanto che gli Stati Uniti in pochi mesi di pandemia hanno dovuto contare oltre 210.000 morti e
oltre 7 milioni di casi, e gli USA sono tra i Paesi industrializzati con la più alta percentuale di malati, e il tasso di infezione giornaliero è nuovamente in aumento, mentre il Presidente continua, pur essendo stato colpito dal virus, a minimizzare il problema. L’orizzonte di soluzione del problema è dato da tutti gli scienziati a fine 2021.

Il prestigioso think tank. americano Council on Foreign Relations (CFR), due giorni fa, il 7 ottobre, ha pubblicato un rapporto dal titoloPreparing for the Next Pandemic: Lessons from COVID-19frutto del lavoro di una task force indipendente bipartisan sponsorizzata dal CFR, che ha avuto l’incarico di analizzare e definire che cosa è «andato storto nella prima risposta degli Stati Uniti» e nella risposta «globale alla pandemia e cosa si può fare per garantire che la nazione e il mondo siano meglio preparati quando il prossimo virus colpirà, come inevitabilmente succederà», scrive della presentazione del documento Stewart M. Patrick, codirettore di questa task force.

Il gruppo di lavoro ha concluso con una affermazione netta: «Gli Stati Uniti devono finalmente tradurre la loro retorica di vecchia data sulla preparazione alla pandemia in azioni concrete».

Retorica di vecchia data’, e questo, al netto dei comportamenti del Presidente, è il vero problema, degli Stati Uniti, ma non solo. Dal 2000, ovvero da 20 anni, quando il Presidente era Bill Clinton -era il suo ultimo anno di Amministrazione, si sarebbero poi succeduti George W. Bush, Barack Obama, e infine Trump- svariate Amministrazioni e svariate commissioni indipendenti definiscono«le malattie infettive come una minaccia per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti e internazionale», ma in due decenni nessun investimento adeguato alla portata della minaccia è stato fatto.
«Gli Stati Uniti spendono più di 700 miliardi di dollari all’anno per la difesa nazionale e solo una miseria per la sicurezza sanitaria degli Stati Uniti e globale, eppure nel 2020 è stato un microbo piuttosto che un avversario militare straniero a mettere in ginocchio gli Stati Uniti», chiosa Stewart M. Patrick.
Una cosa è certa: il report è durissimo e colpisce chirurgicamente le responsabilità americane ai diversi livelli, a partire da quelle del Presidente, tanto se gli americani leggessero questo report di certo i sondaggi schizzerebbero a picco per Trump.

«Le pandemie possono sembrare spuntate dal nulla, ma non sono né casuali né particolarmente rare. Negli ultimi decenni sono emerse più di quaranta gravi malattie infettive. La maggior parte sono zoonotici, essendo passati da ospiti animali a ospiti umani. Nel nostro mondo interconnesso, i pericolosi agenti patogeni che circolano ovunque sono una minaccia ovunque. Alcuni descrivono COVID-19 come una crisi che capita una volta in un secolo, ma la scienza non fornisce motivi per tale ottimismo, soprattutto perché nuove malattie stanno comparendo a un ritmo più veloce. La prossima pandemia potrebbe essere dietro l’angolo e rivelarsi molto più mortale. Un nuovo virus influenzale potrebbe uccidere decine di milioni in tutto il mondo, infliggendo una catastrofe economica. Queste poste in gioco rendono imperativo distillare lezioni dagli Stati Uniti disorganizzati e dalla risposta globale all’emergenza attuale», scrive Stewart M. Patrick.

Se è vero che le pandemie possono essere inevitabili, «non c’era nulla di preordinato sulla performance degli Stati Uniti nell’affrontare COVID-19, che la Task Force ritiene ‘profondamente imperfetta’. La Nazione e i suoi leader avrebbero potuto e dovuto fare meglio. Il Presidente Trump si è giustamente lamentato della menzogna e dell’opacità della Cina nei primi giorni dell’epidemia di Wuhan, così come dell’obbedienza dell’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) nei confronti di Pechino e dei suoi ritardi nel dichiarare l’epidemia un’emergenza sanitaria pubblica globale. Tuttavia, altri Paesi» nella stessa situazione «hanno gestito la pandemia in modo più efficace. La differenza si riduce alla preparazione e alla disponibilità a eseguire i piani esistenti». E qui la Corea del Sud viene citata come esempio virtuoso.

Nel definire ‘cosa è andato stortonegli Stati Uniti, Stewart M. Patrick afferma che i motivi «del fallimento degli Stati Uniti sono molteplici. Al di là della compiacenza di lunga data, comprendono sottoinvestimenti, ignoranza, confusione, cattiva comunicazione e, in mancanza di una parola migliore, insensibilità. Negli ultimi due decenni, i finanziamenti statunitensi per la maggior parte dei sistemi sanitari statali e locali, anche per la preparazione alle pandemie, sono diminuiti, lasciando molti ospedali e personale sanitario sovraccarichi e sopraffatti durante le crisi. Una volta che la pandemia ha colpito, i leader eletti e i funzionari della sanità pubblica si sono spesso trovati a muoversi alla cieca, perché gli Stati Uniti non hanno mai sviluppato un sistema completo e nazionale di test, tracciamento e isolamento. In mancanza di informazioni tempestive sulla prevalenza della malattia e sul tasso di trasmissione, alcuni governatori e sindaci sono ricorsi a misure brusche come la chiusura economica totale, piuttosto che a risposte calibrate sulle condizioni locali».

«La confusione regnava anche quando si trattava di ruoli e responsabilità all’interno del sistema federale degli Stati Uniti. Il Presidente, i governatori e i sindaci hanno discusso su chi doveva guidare la risposta alla pandemia, nonché sull’accesso ai farmaci e alle attrezzature essenziali nello Strategic National Stockpile (SNS)». «In aggiunta all’incertezza, i leader eletti, incluso il Presidente Trump, non sono riusciti a fornire ai cittadini statunitensi una guida chiara e coerente, fondata sulla scienza, sui pericoli posti dal COVID-19 e sulle precauzioni di buon senso che dovrebbero prendere per proteggere se stessi e le loro comunità. Le comunicazioni sul rischio sono state troppo spesso politicizzate e l’Amministrazione non è riuscita a difendere alcuni dei principali esperti e istituzioni mediche della nazione, inclusi i Centers for Disease Control and Prevention (CDC), da attacchi di parte».
«La cosa più preoccupante è che gli Stati Uniti hanno trascurato di proteggere adeguatamente alcuni dei suoi cittadini più vulnerabili, inclusi i residenti delle case di cura e i ‘lavoratori essenziali’, questi ultimi provenienti in modo sproporzionato dalle comunità afroamericane, latine, native americane e a basso reddito della nazione. COVID-19 ha messo in luce le forti disuguaglianze della società nell’accesso a un’assistenza sanitaria di qualità, con evidenti differenze nei tassi di infezione e mortalità».

Ma molto èandato storto’ anche a livello globale. «Le pandemie, ovviamente, sono per definizione globali e possono essere sconfitte solo attraverso la cooperazione internazionale. Sfortunatamente, la risposta multilaterale a COVID-19 è stata caotica e casuale quanto quella nazionale statunitense» .

«Parte della spiegazione risiede nell’autorità e nelle risorse inadeguate dell’OMS, che ostacolano la sua leadership nelle emergenze sanitarie globali. Dall’inizio di questa pandemia, i governi nazionali non hanno rispettato il Regolamento sanitario internazionale (International Health RegulationsIHR), un trattato internazionale vincolante che obbliga le Nazioni a costruire capacità di base per rilevare e rispondere alle emergenze sanitarie pubbliche globali e a segnalare all’OMS eventuali focolai gravi così come le restrizioni commerciali e di viaggio che impongono. Incapace di far rispettare questi obblighi, l’OMS è effettivamente disarmata, il che spiega il suo atteggiamento deferente nei confronti di Stati membri come la Cina. Inoltre, dispone di risorse insufficienti e si sforza di adempiere a un mandato in continua espansione, anche per la risposta alle pandemie, con un budget irrisorio solo la metà di quello del New York Presbyterian Hospital».

«Al di là dell’OMS, la cooperazione multilaterale sulla pandemia è spesso mancata»: chiusura di confini, accaparramento di attrezzature mediche e competizione anziché cooperazione per sviluppare e garantire l’accesso preferenziale a vaccini e terapie funzionanti. «L’ostacolo più preoccupante alla cooperazione in caso di pandemia è stata la velenosa e crescente competizione geopolitica tra gli Stati Uniti e la Cina».
Durante la Guerra Fredda, afferma Stewart M. Patrick, «gli Stati Uniti e l’Unione Sovietica sono riusciti a mettere da parte le loro differenze per cooperare sulla poliomielite e l’eradicazione del vaiolo. Nel 2020, la rivalità strategica tra Washington e Pechino ha spesso portato a una brusca battuta d’arresto non solo all’interno dell’OMS, ma anche nel Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, nel G20 e persino nel G7».

Evidenziati gli errori, la task force CFR offre consigli su come gli Stati Uniti e il mondo possono ottenere risultati migliori in futuro.
«In patria, gli Stati Uniti devono affrontare la preparazione alla pandemia con la stessa serietà di intenti che dedicano alla difesa nazionale. La Task Force chiede alla Casa Bianca di designare un alto funzionario per coordinare le agenzie statunitensi coinvolte nella sicurezza sanitaria globale e al Dipartimento di Stato di designare un funzionario a livello di ambasciatore per collaborare in modo più efficace con il Dipartimento della salute per una risposta diplomatica alle emergenze sanitarie pubbliche globali. Allo stesso tempo, il ramo esecutivo dovrebbe richiedere e il Congresso fondi appropriati per un budget globale per la sicurezza sanitaria che sia commisurato alle minacce pandemiche che la nazione deve affrontare. Per garantire che la Nazione abbia una consapevolezza situazionale aggiornata, gli Stati Uniti devono sviluppare immediatamente e finanziare adeguatamente una strategia nazionale coerente per supportare i test e il tracciamento dei contatti da parte di Stati e località, in linea con la guida CDC. Il governo deve anche ripristinare la fiducia in quell’agenzia, la cui reputazione un tempo eccezionale è stata offuscata». Il tutto senza dimenticare che tutti i funzionari, compreso il Presidente e i governatori statali, devono sentirsi chiamati a fornire comunicazioni scientifiche al popolo americano.

«Per eliminare la debilitante confusione nella risposta alla pandemia degli Stati Uniti, il governo degli Stati Uniti dovrebbe anche rivedere i rispettivi ruoli e responsabilità delle autorità federali, statali, locali». Governo e Congresso dovrebbero garantire che il SNS disponga di risorse e scorte adeguate e specificare i termini che regolano l’accesso ai suoi contenuti. «In una crisi pandemica estesa, il sistema SNS dovrebbe avere il potere di agire come agente centrale per gli acquisti per conto dei governi statali per medicinali e materiali essenziali. Allo stesso tempo, gli Stati Uniti dovrebbero adottare misure per diversificare le proprie catene di fornitura globali di forniture mediche critiche e DPI, per migliorare la loro resilienza e affidabilità, senza distorcere indebitamente il commercio global». L’invito è poi per l’equità sanitaria e per redigere piani di emergenza per le comunità che potrebbero essere più colpite dalle pandemie.

«All’estero, la task force sostiene la continua adesione degli Stati Uniti all’OMS, sostenendo che non esiste alcun sostituto multilaterale per promuovere gli interessi degli Stati Uniti nell’attuale pandemia o nella prossima. Allo stesso tempo, gli Stati Uniti dovrebbero promuovere riforme per rafforzare quell’organismo. Due priorità includono l‘aumento dei contributi degli Stati membri, incluso per il Programma di emergenza sanitaria dell’OMS, e l’istituzione di una conferenza di revisione periodica per l’IHR, per esplorare modi per migliorare la conformità a questi obblighi del trattato, facilitare la condivisione delle informazioni e aumentare la trasparenza e l’indipendenza di il Comitato di emergenza dell’OMS. Oltre all’OMS, la task force raccomanda un nuovo quadro per la cooperazione multilaterale per affrontare le più ampie dimensioni economiche, politiche e di sicurezza delle pandemie ».
Il rapporto chiede alle Nazioni Unite di istituire un coordinatore permanente della sicurezza sanitaria globale, che riferisca direttamente al segretario generale, per garantire una risposta unificata in tutto il sistema delle Nazioni Unite. «Parallelamente, gli Stati Uniti dovrebbero guidare la creazione di un Comitato di coordinamento per la sicurezza sanitaria, una coalizione permanente di Nazioni che la pensano allo stesso modo, nonché rappresentanti del settore privato e senza scopo di lucro, che possano armonizzare le politiche commerciali sulle forniture mediche essenziali, aumentare l’accesso condiviso a vaccini e contromisure e collaborare con le istituzioni finanziarie internazionali e le Nazioni Unite per ridurre le turbolenze politiche ed economiche legate alla pandemia».

Allo stesso tempo, gli Stati Uniti dovrebbero collaborare con altri governi e partner della società civile per costruire un sistema globale di sorveglianza epidemica «che sia meno dipendente dalla trasparenza e dall’auto-segnalazione delle Nazioni direttamente colpite, come la Cina in questo caso. Questa rete volontaria e internazionale di sorveglianza sentinella dovrebbe incentivare le strutture sanitarie di tutto il mondo a condividere regolarmente i dati di ricovero, utilizzando informazioni anonime sui pazienti, per identificare tendenze insolite. Sarebbe collegato alle agenzie di sanità pubblica nelle Nazioni partecipanti (incluso il CDC negli Stati Uniti), che utilizzerebbero tali dati per informare le attività di preparazione e risposta».

Infine, gli Stati Uniti dovrebbero supportare meccanismi multilaterali per «sviluppare, produrre, allocare e fornire vaccini, terapie e diagnostica COVID-19 in modo globalmente equo e coerente con le esigenze di salute pubblica, piuttosto che cercare di accumularli per sé».

Il commento finale di Stewart M. Patrick è un avvertimento non soltanto per gli Stati Uniti: «Mentre il canto delle sirene del nazionalismo dei vaccini esercita un potente fascino, dobbiamo resistere a questa tentazione. Qualsiasi sforzo per bloccare l’accesso preferenziale ai medicinali salvavita per i cittadini statunitensi genererà rabbia e risentimento globali. È anche probabile che si ritorcerà contro, se non in questa pandemia, quindi nella prossima, perché man mano che l’innovazione farmaceutica e le capacità di produzione si diffondono ad altri Paesi, sono sicuri che ricambieranno il favore. Quando si tratta di malattie pandemiche, siamo davvero tutti coinvolti in questo insieme, a livello globale e nazionale».

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