sabato, 1 Aprile
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Congo: Kabila, Tshisekedi, ‘patto tra gentiluomini’ ben conosciuto dal Vaticano

Riprendiamo la seconda parte della intervista rilasciataci a Kampala da un politico congolese vicino alla Presidenza prima di recarsi assieme alla moglie e ai figli in Kenya, Paese scelto per l’esilio volontario. La fonte ha chiesto l’anonimato in quanto teme che il regime possa rifarsi sui suoi parenti e sui parenti della moglie rimasti in Congo a causa delle rivelazioni da lui fatte.  

Nella prima parte dell’intervista la fonte ci ha spiegato nei minimi dettagli come si è giunti all’accordo tra il dittatore Joseph Kabila e i due oppositori Félix Tshisekedi e Vital Kamerhe, e quali spazi di manovra hanno i due futuri leader del Congo rispetto alla famiglia Kabila. E’ stato  anche sottolineato il ruolo fondamentale del clan dei Mobutisti’, una lobby occulta che agisce dietro le quinte, formata da ex uomini di Governo del dittatore Mobutu Sese Seko, che dal gennaio 2001 consigliano Kabila e di fatto sono il vero potere nel Paese.

Nella seconda parte dell’intervista la nostra fonte, chiarisce i motivi della scelta fatta dalla Conferenza Episcopale congolese e dal Vaticano riguardo la grottesca vittoria virtuale di Félix Tshisekedi, e analizza le ripercussioni nazionali, regionali e internazionali di questo ‘patto tra gentiluomini’ dal futuro molto incerto.

 

La Chiesa Cattolica, fin dal 1996 ha combattuto in prima linea contro il regime di Kabila. Come ha reagito a questa sorpresa dell’ultima ora?

In questi ultimi due anni, dal rinvio delle elezioni -previste nel dicembre 2016- in poi, la Chiesa Cattolica ha tentato di cavalcare l’ondata di proteste popolari contro il terzo mandato e i vari trucchi escogitati dal rais per rimanere alla presidenza, cercando di imporsi come un contro potere. Il culmine delle proteste si è verificato tra il 2017 e i primi mesi del 2018. Il regime ha risposto con una violenza inaudita che ha colpito direttamente la Chiesa Cattolica, uccidendo anche dei religiosi e bruciando delle chiese. Questo ha portato ad una totale rottura tra Kabila e  Papa Francesco. Tuttavia, la tattica di repressione totale è risultata efficace. Dal gennaio 2018, la Chiesa Cattolica ha rinunciato a portare avanti le proteste popolari per evitare bagni di sangue. Da quanto non ha più offerto la sua organizzazione e autorevolezza morale le proteste si sono immediatamente sgonfiate.
Formando e coordinando i 40.000 osservatori elettorali, la Chiesa Cattolica ha reso un grande servizio al Paese, assicurando il monitoraggio delle elezioni. Sul numero di osservatori ho notato che il vostro giornale ha fatto confusione, affermando che la CENCO ha organizzato 60.000 osservatori. Questo è il numero totale degli osservatori presenti in almeno il 75% dei seggi nazionali. 40.000 erano coordinati dalla CENCO e 20.000 coordinati dalla società civile, dal partito al Governo e dai partiti di opposizione.  Occorre, però, sottolineare che solo la CENCO è riuscita a garantire una copertura capillare dei seggi nel Paese. I risultati che possiede la Conferenza Episcopale Nazionale del Congo, danno per vincitore Martin Fayulu, cioè corrispondono alla realtà delle urne e ai dati a disposizione della commissione elettorale. Eppure, dinnanzi alla sorpresa ideata da Kabila la Chiesa Cattolica ha gettato la spugna, assumendo toni prudenti e assai ambigui.  Donatien Nshole, segretario e portavoce della CENCO, ha affermato che i risultati forniti dalla CENI sono molto diversi da quelli raccolti dagli osservatori cattolici, eppure afferma di aver preso atto della pubblicazione dei risultati provvisori delle elezioni presidenziali che non corrispondono alla verità, accettando la nomina di Félix Tshisekedi alla Presidenza. Il tutto è stato presentato come un’occasione per aprire la strada alla via dell’alternanza ai vertici dello Stato. Sia i vescovi congolesi che il Vaticano sono consapevoli che non esiste alcuna alternanza politica in Congo, visto che Tshisekedi ricoprirà il ruolo che precedentemente era stato destinato a Ramazani, ovvero il Presidente fantoccio al servizio della famiglia Kabila. Nonostante questa presa di coscienza e l’accenno del complotto tra Kabila e i due oppositori, su ‘Vaticano News’ la diplomazia della Santa Sede ha preferito ingoiare il rospo piuttosto che incoraggiare nuove proteste popolari. Questa scelta è obbligata, in quanto il Vaticano ha imparato dai precedenti errori del 1996 e 1998. Nel 1996 ha combattuto strenuamente contro il dittatore Mobutu Sese Seko attraverso la creazione della Conferenza Nazionale, che doveva garantire il passaggio dalla dittatura alla democrazia. Gli sforzi sono risultati inutili. Mobutu si è impadronito della Conferenza Nazionale, utilizzandola per mantenersi al potere, la Chiesa Cattolica si è, infine, vista scavalcare da una ribellione creata da Angola, Rwanda e Uganda che in poco tempo ha abbattuto il regime zairese e liberato il Paese.  Nel 1998, durante la seconda guerra panafricana, la Chiesa Cattolica ha scelto di stare dalla parte dei Kabila, combattendo duramente le truppe di occupazione ugandesi e ruandesi all’est tramite la disobbedienza civile, e pagando il prezzo di due Vescovi assassinati a Bukavu, capoluogo del Sud Kivu. Christophe Munzihirwa, assassinato nel 1996, e  Emmanuel Kataliko, avvalenato e morto in Italia nell’ottobre 2000. Questo aiuto non è stato apprezzato dalla famiglia Kabila. Una volta giunta la pace, nel 2004, e rafforzato il potere, Joseph Kabila ha fortemente limitato la Chiesa Cattolica che sperava di introdursi nel Governo, assumendo toni nettamente antagonisti. Ora, se la Chiesa Cattolica provasse a pubblicare i risultati raccolti dalla CENCO (che sono i veri risultati elettorali) rischierebbe di venir attaccata nel suo ‘core business’. Il Governo potrebbe decidere di ritirare le joint venture fatte negli anni precedenti con la Chiesa Cattolica per i settori della sanità e dell’educazione. Molti di questi accordi risalgono all’era di Mobutu, e potrebbero essere facilmente rivisti o abrogati.  La revisione degli accordi su educazione e sanità si tramuterebbe immediatamente in una perdita finanziaria colossale e una drastica diminuzione dell’influenza esercitata sulla popolazione tramite l’assistenza sociale.  Un rischio ben reale sottolineato in questi ultimi giorni dal ‘clan dei Mobutisti’ ai vertici del clero congolese, informando che il regime è pronto alle estreme conseguenze pur di mantenere il potere. Si è di fatto posta ai vescovi cattolici una scelta: preferite appoggiare questa soluzione di comodo e onorevole per tutti, oppure affrontare il caos totale e la guerra civile, dove solo il potere delle arme avrà parola? I Vescovi congolesi e il Vaticano hanno scelto di accettare la nomina di Tshisekedi, sperando di porsi dinnanzi al nuovo Governo come una istituzione morale in grado di accompagnare il Paese verso il rafforzamento della democrazia e della vera alternanza. Un desiderio che verrà brutalmente infranto, in quanto il regime di Kabila ha di fatto sconfitto la dura opposizione della Chiesa Cattolica, escludo la possibilità che la CENCO pubblichi i veri risultati delle urne che danno la vittoria a Martin Fayulu. Credo che la Chiesa Cattolica li userà come assicurazione contro il nuovo Governo controllato dalla famiglia Kabila e dai Mobutisti.  
La scelta politica adottata dal Vaticano potrebbe influenzare anche le prese di posizioni di alcuni Paesi europei come l’Italia. È una scelta obbligata per evitare un bagno di sangue, quindi, forse giusta al momento, ma sul medio termine questa scelta risulterà miope e a corto raggio, in quanto Tshisekedi non risolverà i problemi del Paese, li aggraverà. Il Congo necessità di un vero cambiamento politico, e se questo verrà ottenuto con le armi si aprirà una orribile stagione di conflitti e lutti che oltrepasseranno la dimensione di guerra civile per sconfinare nella guerra etnica. Ma la prospettiva di lutti e violenze non può far accettare la situazione attuale di un Paese in ostaggio di criminali economici che non rispettano nemmeno i diritti umani di base. Un gruppo ristretto di potenti che non supera le 30 persone.  Più si rinvia la dissoluzione totale della famiglia Kabila e del ‘clan dei Mobutisti’ e, quindi, un vero rafforzamento della democrazia in Congo, e più saranno devastanti gli effetti collaterali e diretti della dittatura di Kabila.

Che ruolo avrà Vital Kamerhe nel futuro Governo Tshisekedi?

Vital Kamerhe ufficialmente è originario della etnia Bashi, Sud Kivu. In realtà, Vital è un hutu ruandese nazionalizzato congolese. È un personaggio politico assai populista e demagogo che nutre un odio atavico verso Rwanda e Uganda. Lui può rappresentare una incognita per i rapporti già tesi con Kigali e Kampala, e rappresenta un rischio per un futuro conflitto tra Congo e Rwanda. A mio avviso potrebbero iniziare nuove pulizie etniche nei due Kivu rivolte contro le popolazioni congolese di origine Banyarwanda.

Quali relazioni si instaureranno con Angola, Rwanda e Uganda?

Al momento non si sono registrate prese di posizioni ufficiali da questi tre Paesi, che fanno parte della coalizione africana per invadere il Congo ideata nel luglio 2018 dal Segretario di Stato americano Mike Pompeo. È comprensibile. Nominando Tshisekedi Presidente, il rais li ha giocati, creando una situazione ancora più complicata. Ora i tre Paesi antagonisti non possono più appellarsi alla necessità di liberare il Paese dal regime di Kabila. Avranno ufficialmente a che fare con un nuovo Presidente e un nuovo Governo, ma di fatto saranno costretti a dialogare con il nemico di prima, Joseph Kabila.

Secondo lei quali saranno le reazioni  dei grandi esclusi dalla gara elettorale, Moise Katumbi e Jean-Pierre Bemba?

Le relazioni di Katumbi e Bemba sono già note e ben chiare. Entrambi sono uomini d’affari con fortune miliardarie, astuti politici, e dispongono di milizie armate. Sia Katumbi che Bemba hanno la possibilità di scatenare una guerra civile se supportati dalle milizie Banyarwanda del colonello Laurent Nkunda e del M23 e, ovviamente da Angola, Uganda, Rwanda e dai partner occidentali. Ma qui sta la loro debolezza. Sicuramente sono personaggi che godono di maggior stima rispetto a Kabila, soprattutto Katumbi, ma la possibilità di rovesciare Kabila con le armi è legata alla scelta che le potenze regionali e occidentali sono chiamate a prendere nelle prossime settimane: se impegnarsi in una avventura militare o accettare il colpo gobbo di Kabila.  Lo stesso ricatto fatto alla Chiesa Cattolica è stato presentato alla Comunità Internazionale. Non siete contenti del compromesso? Scatenate una guerra e vedremo l’esito. Non mi meraviglierei che la comunità internazionale e le potenze regionali scegliessero di accettare Tshisekedi come Presidente piuttosto che avventurarsi in una guerra che necessariamente deve essere lampo come quella del 1996, ma potrebbe impantanarsi e seguire le orme del secondo conflitto pan africano 1998 – 2004.

Sarà esaudita la richiesta della Unione Europea di pubblicare i processi verbali, come prevede la legge elettorale congolese, per verificare la veridicità dei risultati della CENI che danno per vincitore Félix Tshisekedi?

Sarebbe la soluzione migliore ma, credetemi, nessun processo verbale verrà pubblicato. Piuttosto li bruciano. Vi dico di più. È stato deciso che la nomina alla Presidenza di Félix Tshisekedi rimarrà basata sui risultati provvisori, come successe nel 2011 con Kabila. Una scelta obbligata, in quanto tutti comprendono che completare lo spoglio di tutti i seggi creerebbe altre difficoltà e dati contraddittori, compromettendo la vittoria virtuale di Tshisekedi.

Quali le sfide che Tsishekedi dovrà affrontare? Riuscirà a trasformare il Congo in un Paese democratico, avviando uno sviluppo economico inclusivo e neutralizzando i 140 gruppi militari presenti all’est del Paese?

Stiamo scherzando? Félix Tshisekedi non avrà alcun margine di manovra o libera decisione. Stesso dicasi per il suo socio in affari, Vital Kamerhe. Di conseguenza il nuovo Governo non avrà alcuna possibilità di rafforzare la democrazia, creare uno sviluppo inclusivo e imporre la pace e la sicurezza nelle varie province martoriate dai gruppi militari. Tutto rimarrà allo stato attuale, in quanto funzionale agli interessi della famiglia Kabila e del ‘clan dei Mobutisti’. Una classica situazione congolese dove il marcio impera e imputridisce rendendo sempre più difficile la soluzione.  

Cosa mi dice della dichiarazione di indipendenza della ricca provincia del Katanga?

La dichiarazione di indipendenza fatta dal Katanga è una cosa seria. Dinnanzi a questo golpe elettorale la determinazione dei katanghesi di conquistare l’indipendenza si rafforzerà, creando i presupposti ideali per una rivolta armata. Credo che il Katanga sarà il primo problema immediato che dovrà affrontare il Governo Thsisekedi – Kabila.

Quali chance ha Martin Fayulu di far annullare il risultato elettorale fornito dalla CENI presso la Corte Costituzionale?

Martin Fayulu non ha alcuna speranza. La Corte Costituzionale difficilmente si pronuncerà contro Kabila, in quanto composta da suoi uomini fidatissimi. La sola speranza di Fayulu è che le potenze regionali e occidentali decidano di intervenire militarmente, creando una ribellione armata di comodo. in collaborazione con Katumbi e Bemba. Una ribellione che, se capace di scacciare il regime, dovrà riconoscere Fayulu come Presidente sulla base dei veri risultati elettorali per assicurarsi una legittimità giuridica e internazionale. Ma la soluzione militare, come ho detto prima, non è scontata dopo il diabolico gioco di prestigio di Kabila.

Apparentemente Kabila è riuscito a mantenere il potere con uno stratagemma che nessuno pensava fosse possibile. Il Congo si appresta a ritornare alla normalità saccheggiato dalla famiglia Kabila o prevede altre sorprese?

Il ‘clan dei Mobutisti’ ha dimostrato un notevole savoir-faire per rimanere ancorato al potere, ingannare il popolo e mettere sotto scacco il Vaticano e la Comunità Internazionale. Questa lobby occulta è il vero ‘grande burattinaio’ responsabile di tutti i crimini e sofferenze inflitte alla popolazione. Kabila è un loro burattino, dedito alla bella vita e abuso di droghe. Tshisekedi si appresta a diventare un Kabila in minore. Nell’immediato ci sono solo due rischi. La guerra di indipendenza del Katanga e lo sterminio dei Nande. I katanghesi sono favorevoli all’indipendenza e alcune potenze occidentali, come il Belgio, potrebbero appoggiare la guerra contro Kinshasa per creare la Repubblica del Katanga. I belgi lo hanno già fatto negli anni Sessanta. Costatando l’instabilità politica post indipendenza Bruxelles aveva tentato di salvare la zona più ricca attraverso l’indipendenza. Questa scelta si può ripetere ora.  Voglio farvi notare che dalla esclusione al voto delle città di Beni, Bunia, Butembo e Lubero fino ad oggi, sono stati uccisi 1000 civili Nande. Lo sterminio di questa etnia originaria dell’Uganda continua. Sotto il nuovo Governo sarà destinata a peggiorare. Vi è un preciso piano di costringere i Nande a fuggire in massa dal Congo per occupare le loro terre e città da parte di hutu ruandesi, sotto il controllo dei miliziani FDLR, responsabili del genocidio ruandese del 1994. Si vuole creare una Hutuland sotto il controllo di questi terroristi. Un patto siglato con Kabila che verrà mantenuto, soprattutto considerando i legami di Vital Kamerhe con le FDLR e il suo estremismo HutuPower. Per il movimento armato di liberazione supportato dalle potenze regionali e occidentali pongo le mie riserve, almeno per l’immediato futuro.

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