Il Gran Mufti d’Egitto, Shawki Allam, in una fatwa ufficiale dello scorso 1 gennaio ha definito il bitcoin come illegale secondo i precetti dell’Islam. Oltre al Gran Mufti, anche il Governo egiziano vede nel bitcoin un pericolo per l’economia del Paese. Non a caso, a metà dicembre l’Egyptian Financial Supervisory Authority – EFSA – ha bandito in Egitto la circolazione della criptovaluta, anche se non sono stati forniti ulteriori dettagli in merito alla normativa. Dello stesso parere sembra essere anche il Dar Al-Iftaa, una delle maggiori istituzioni religiose in Egitto, secondo la quale il bitcoin potrebbe essere dannoso per la sicurezza sociale ed economica del Paese. Ha aggiunto, poi, il consigliere del gran Mufti, Magdy Ashour, che la moneta è usata direttamente per finanziare i terroristi.
La rivolta del 2011 in Egitto, che ha portato la caduta dell’ex-Presidente Hosni Mubarak, ha avuto enormi conseguenze non solo sulla sfera sociale e politica, ma anche sull’economia del Paese. Infatti, la rivoluzione egiziana ha spaventato numerosi turisti e investitori stranieri, comportando una scarsa presenza di dollari e restrizioni sui trasferimenti bancari per gli egiziani. L’incertezza del mercato e le difficoltà per raggiungere mercati stranieri hanno, quindi, reso il bitcoin uno strumento attraente e utile per raggirare le restrizioni esistenti.
Ma il Paese nordafricano sembra non essere l’unico a opporsi al bitcoin. Infatti, secondo quanto riportano numerose fonti internazionali, anche un Ministro saudita ha recentemente annunciato che la valuta è proibita nel Paese, riconoscendola come forma di denaro crittografica vaga e che garantisce l’anonimato ai truffatori.
Ma che cosa si intende quando si parla di finanza islamica? La base del sistema finanziario islamico è il Corano, ovvero uno dei Testi sui cui si fonda l’Islam. L’intero sistema finanziario si regge su 5 pilastri fondamentali: la ‘zakat’- la carità o elemosina -, la ‘riba’ – il divieto d’interesse -, gli ‘halal’- investimenti leciti – , il ‘gharar’ – investimenti non rischiosi – , e il ‘maysir’ – investimenti non speculativi. La finanza islamica cerca di perseguire dei principi di giustizia ed equità, e si basa sulla trasparenza e la tracciabilità dei capitali. Bisogna, inoltre, considerare che mentre per la finanza convenzionale occidentale gli investimenti socialmente responsabili sono aleatori, per quella islamica questi sono un obbligo. Il sistema bancario islamico costituisce, quindi, un’alternativa importante a quello convenzionale, ma cosa succede quando incontra il bitcoin?
Ne abbiamo parlato con Rony Hamaui, che ha ricoperto numerosi incarichi presso il gruppo Intesa Sanpaolo, nonché responsabile del Servizio studi della Banca Commerciale Italiana e docente di economia e finanza presso numerosi atenei, come l’Università Bocconi e l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano.
Bitcoin e finanza Islamica sono compatibili?
Come quella occidentale, anche la finanza islamica non è affatto unanime a riguardo. C’è una corrente di pensiero che vede il bitcoin come una criptovaluta compatibile con la finanza islamica, mentre ne esiste una seconda che non lo ritiene tale. Questa divisione è molto simile a quanto sta succedendo in Occidente, dove vi sono anche li pareri opposti sul bitcoin. Oltre ciò, la divisione in merito alla finanza islamica è simile allo scenario generale interno al mondo islamico, dove risulta alquanto difficile trovare un accordo tra le diverse correnti di pensiero. Si può, dunque, asserire che ci troviamo in una situazione conflittuale, dove diverse scuole la pensano in maniera abbastanza diversa, e questo è il dato fondamentale. La finanza islamica non ha affatto una linea univoca sulla criptomoneta, come del resto anche la finanza occidentale. Questa divisione è ancor più accentuata nell’Islam, un mondo dove non c’è un’autorità centrale – paragonabile alla Chiesa e al Papa per intenderci -, ma esistono diverse scuole, e trovare un accordo tra queste è molto difficile. Lo stesso vale anche per la finanza islamica più tradizionale. Ad esempio, in merito al ‘suquq’ – un tipo di asset standard nella finanza islamica-, ogni settimana c’è una discussione a riguardo. Questo è un aspetto intrinseco alla finanza islamica e, molto più generale, all’Islam, e il bitcoin non fa eccezioni da questo punto di vista.
Perchè alcuni pensano che il bitcoin sia compatibile con la finanza islamica?
Cerchiamo di fare un’analisi molto semplice. Chi ritiene compatibili bitcoin e finanza islamica sostiene che non ci sono delle obiezioni sostanziali riguardo l’uso della criptovaluta. Secondo questa corrente di pensiero, il bitcoin non paga interessi, rispettando quindi la ‘riba’, uno dei pilastri della finanza islamica. Inoltre, chi lo ritiene compatibile riconosce la moneta come trasparente, e sostiene che non vi è alcuna controindicazione, anzi la moneta in analisi sarebbe molto vicina al principio di finanza islamica. Secondo questa prima corrente, quindi, si preferisce il bitcoin alle monete emesse dalle banche centrali o dalle altre entità pubbliche, dal momento che su queste è molto più facile pagare un interesse.
Perchè altri, invece, vedrebbero il bitcoin come incompatibile con la finanza islamica?
Chi sostiene che il bitcoin sia assolutamente contrario alla finanza islamica vede la criptomoneta come un’attività speculativa, e quindi che va contro al ‘gharar’, uno dei pilastri della finanza islamica. Secondo questa corrente di pensiero, il bitcoin è visto come un gioco d’azzardo, e quindi non è permesso toccarlo, ed è quanto di più illecito ci sia. Secondo i sostenitori di questa tesi, basterebbe guardare i prezzi delle attività del bitcoin per rendersi conto immediatamente di come sia contrario a qualsiasi principio della finanza islamica. Quest’ultima, infatti, esige la certezza dei contratti e non ammette speculazioni.
Qual è stata la reazione dei Paesi del MENA al bitcoin? La criptovaluta ha avuto lo stesso successo che in Occidente?
Anche in questo caso è possibile riscontrare delle similitudini con il mondo occidentale. Il bitcoin ha avuto molto successo soprattutto in Asia, più che nei Paesi occidentali, e lo stesso vale per il bitcoin nel mondo islamico. La criptovaluta in analisi, infatti, ha avuto molto più successo nei Paesi asiatici a maggioranza – o minoranza – musulmana che altrove. Non esiste un prodotto di finanza islamica riguardo al bitcoin. Sono stati fatti molti studi a riguardo, ma non esiste ancora nessuno che abbia bollato il bitcoin come prodotto di finanza islamica.
Qual è l’ammontare economico del bitcoin in circolazione nei Paesi arabi? C’è una stima ufficiale?
Assolutamente no. Non c’è neanche nei Paesi occidentali, è difficilissimo. Si sa, più o meno, che in alcuni Paesi la sua circolazione è maggiore, ma nel dettaglio ancora non è possibile fare una stima. L’unico dato che abbiamo è che nei Paesi arabi la criptomoneta non è molta diffusa, al contrario dei Paesi islamici asiatici, e quindi Indonesia, Malesia etc…