Ormai sembra sempre più uno scontro frontale quello tra Spagna e Catalogna. Carles Puigdemont ha deciso infatti di non parlare domani alle 17 davanti al Senato spagnolo. Per tutta risposta Mariano Rajoy ha fatto sapere che l’attivazione dell’articolo 155 della Costituzione e il commissariamento della Catalogna sono «l’unica risposta possibile» alla sfida indipendentista del presidente catalano.
Nel frattempo la coalizione indipendentista Junts Pel Si (JpS) che appoggia Puigdemont chiede che la repubblica catalana sia proclamata durante la sessione del Parlament di domani e venerdì, stando a un documento interno citato dalla stampa di Barcellona. Ma rimane il fatto che Puigdemont è diviso fra repubblica e elezioni anticipate.
Che la situazione in Spagna sia calda lo dimostra anche la decisione della città di Girona di dichiarare ‘persona non grata’ re Felipe VI di Borbone dopo le dure prese di posizione sulla crisi della Catalogna e il commissariamento annunciato dal premier Rajoy. E’ stato dichiarato persona non grata anche il prefetto spagnolo in Catalogna Enric Millò.
Negli Usa fa discutere l’intervista alla ‘CNN‘ dell’ex numero uno dell’intelligence James Clapper, durante la quale si è detto preoccupato per lo scoppio di «una possibile guerra mondiale» e ha criticato l’atteggiamento del presidente americano Donald Trump che, secondo lui, rischia di provocare una inevitabile reazione da parte del regime di Kim Jong-un.
Intanto Trump ha varato l’atteso decreto con cui riammette l’ingresso dei rifugiati negli Stati Uniti. Vengono però inseriti dei criteri di selezione molto più stringenti rispetto al passato. Controlli ancor più duri per i cittadini di undici Paesi. I nuovi controlli comprendono la raccolta di ulteriori informazioni sulla propria vita e la propria famiglia, lo scambio di informazioni tra le varie agenzie federali, l’invio di agenti anti-frode all’estero per verifiche sul posto.
Ma nel Paese si discute anche sulle rivelazioni del ‘New York Times‘, secondo cui durante la campagna elettorale, Hillary Clinton e il partito democratico pagarono per realizzare una parte del dossier sui presunti legami tra Donald Trump e il suo entourage da una parte e la Russia dall’altra. Il quotidiano in particolare cita il portavoce di uno studio legale che lo scorso anno assunse a Washington alcuni ‘investigatori privati’ per raccogliere informazioni per conto dell’ex first lady, allora candidata alla Casa Bianca. Ma la Clinton smentisce: «Sciocchezze».
Sale la tensione in Kenya. La Corte suprema ha dichiarato che non può esaminare un ricorso sul rinvio delle elezioni presidenziali di domani per mancanza di quorum di giudici presenti. Il ricorso era stato presentato da tre cittadini, tra cui un attivista per i diritti umani, sostenendo che non è stato fatto abbastanza per assicurare che il processo elettorale sia libero, corretto e credibile. Lo stesso presidente dello Iecb, Wafula Chebukati, ha ammesso pubblicamente di non poter garantire un’elezione credibile.
«Non partecipate in alcun modo alle elezioni della vergogna», ha detto il leader dell’opposizione Raila Odinga, in un comizio tenuto all’Uhuru Park di Nairobi. Nell’esortare i suoi sostenitori ancora una volta a non inscenare manifestazioni di piazza, Odinga ha avvertito che il governo ha dislocato la polizia per uccidere: «Siamo consapevoli che il regime sanguinario sta sfruttando ogni occasione per massacrare la nostra gente». E ha annunciato che la coalizione formata dai principali partiti dell’opposizione socialdemocratica al presidente in carica Uhuru Kenyatta si trasformerà in un movimento di resistenza.
In Cina, Xi Jinping ha presentato il nuovo Comitato permanente del Politburo del Partito Comunista. Durante il suo discorso ha affermato: «Nuovi obiettivi e nuovi compiti, e dobbiamo coordinarci per portarli a termine. Dobbiamo avere un nuovo stile e, cosa più importante, nuove realizzazioni. La conferma a segretario generale notte non solo è un’approvazione del mio lavoro, ma anche un incoraggiamento che mi sprona ad andare avanti».