Phnom Penh – La Cambogia rimane, tutt’ora, uno dei Paesi con il maggior numero di mine antiuomo e ordigni inesplosi al mondo. Si presume che lungo il suo territorio vi siano ancora 9000 siti da bonificare per un totale stimato tra i 4 e i 6 milioni di mine e altri ordigni depositati prima dai bombardamenti USA di fine anni 60 e poi dalla guerra civile e dal sanguinoso regime di Pol Pot e dei suoi Khmer Rossi. Circa la metà dei villaggi cambogiani ha riportato, negli anni, la presenza di mine, e la costante paura che un campo o un appezzamento di terreno possa esserne contaminato ha reso interi ettari di terra incoltivabile ed inaccessibili. II problema delle mine è considerato dalla Cambogia come una delle barriere principali al proprio sviluppo ed, infatti, l’eliminazione completa del problema rientra tra i target del Millennium Developement Goals, programma di obiettivi che il paese si è prefissato per sconfiggere la povertà.
Il CMAC (Cambodian Mine Action Centre), nato originariamente come piccolo progetto di sminamento negli anni 90, è ora la principale organizzazione nazionale che lotta per un Paese finalmente libero dalle mine. “Le comunità più colpite dal problema si trovano nelle zone più rurali, e sono spesso persone che vivono sotto la soglia di povertà”, dice Heng Ratana, direttore generale del CMAC. “La popolazione ha bisogno di terreni sicuri, quindi è nostro compito garantire dei campi coltivabili alle generazioni attuali e future”.
Nonostante le autorità cambogiane abbiano ormai due decenni di esperienza alle spalle in ambito di sminamento, per cui hanno anche aiutato, recentemente, alla bonifica di Paesi come il Sudan, continuano a dipendere fortemente dalle donazioni estere per il finanziamento delle proprie attività. Le donazioni tuttavia, non sono un flusso continuo, spesso rallentano, mettendo così a dura prova il raggiungimento degli obiettivi prefissati dal CMAC e altre ONG impiegate in opere di bonifica. “La situazione fondi continua a fluttuare. I progetti iniziano poi si bloccano, poi rincominciano, ci sono periodi di stallo per mesi e questo rende il nostro lavoro estremamente difficile da portare a termine. Abbiamo bisogno di circa 50 milioni di dollari l’anno fino al 2020 per eliminare completamente tutti i tipi di mine antiuomo ancora presenti sul territorio”, conclude Heng.
Il compito dei militari addetti allo sminamento di localizzare e disinnescare grandi quantitativi di ordigni inesplosi è un lavoro altamente rischioso; un recente report del governo ha dichiarato che dal 1979 al 2014 sono morte 19.693 persone a causa di mine e ordigni inesplosi, e ferite o amputate 44.681. Dati che fanno pensare, e che rivelano un problema ancora estremamente radicato e con il quale la società cambogiana continua, da trent’anni, a dover fare i conti.