Kampala – In queste due ultime settimane in Burundi si è assistito ad un rafforzamento del regime razziale. Gli obiettivi sono impedire che i giovani si uniscano alla ribellione armata all’interno del Paese e privare alla opposizione ogni mezzo per contrastare il regime: dai media ai partiti politici. Tra martedì 15 e mercoledì 16 settembre si sono verificate delle mega retate della polizia coadiuvata dai terroristi ruandesi delle FDRL, presso le città di Gitega e nella provincia di Karuzi, che hanno portato all’arresto di centinaia di giovani sospettati di nutrire simpatie per l’opposizione. Non si conosce il luogo di detenzione e le sorti di questi giovani. Anche nei pressi di Makamba, sud del paese, la polizia e terroristi hanno proceduto ad arrestare centinaia di cittadini. Gli arresti di massa che hanno assunto le dimensioni di vere e proprie deportazioni hanno investito persino il centro città della capitale Bujumbura, dove il 16 settembre tre camion della polizia sono stati riempiti di civili arrestati.
Anche in questo caso si ignora la loro destinazione e sorte. Secondo fonti attendibili le persone arrestate subirebbero dei interrogatori in cui si fa largo uso della tortura. Gli interrogatori servono per decidere il destino dei prigionieri. Parte verrebbe trasferita nei campi di concentramento istallati presso la capitale (almeno due) e parte verrebbe portata nelle vicine campagne per essere abbattuta. Su internet stanno aumentando le testimonianze fotografiche delle vittime di tortura e dei cadaveri sparsi nelle campagne. Alcuni campi di concentramento sarebbero stati allestiti in gran fretta anche nel nord, centro e sud del paese.
Gli arresti di massa sono stati giuridicamente coperti dalla Magistratura burundese. Il Procuratore Generale della Repubblica Valentin Bagorikurnda giovedì scorso ha spiccato un mandato di arresto per tutti gli organizzatori delle manifestazioni popolari contro il regime, tutti i partecipanti e gli oppositori politici. Il mandato d’arresto è stato reso noto in una conferenza stampa. Il Procuratore Generale ha annunciato di aver richiesto dei mandati di arresto internazionali contro attivisti della società civile e dei bloggers della diaspora in Europa e Canada, accusati di attività eversive tramite la diffusione di false notizie sul Paese e la raccolta di fondi destinati a finanziate le attività militari dei ‘terroristi’ che si oppongono ad un governo e ad un presidente ‘democraticamente’ eletti.
L’annuncio del Procuratore Generale è stato preceduto mercoledì 16 settembre da un annuncio del Ministro degli Interni Pascal Barandagiye durante un incontro tra la presidenza e alcuni rappresentanti di partiti politici. Tutti i partiti politici che non hanno partecipato alle elezioni o che hanno manifestato il loro dissenso al governo saranno a breve messi al bando. I loro leader e militanti considerati traditori della Patria. L’unica possibilità di evitare la messa al bando è quella di accettare a partecipare ad un imminente dialogo inter burundese contribuendo alla restaurazione della pace e dell’ordine supportando le autorità e il governo ‘eletto’.
Anche i media subiscono misure draconiane. Giovedì 17 settembre sempre il Procuratore Generale della Repubblica Valentin Bagorikunda ha annunciato l’apertura di inchieste contro media e giornalisti burundesi accusati di aver diffuso false notizie sul Paese. Le inchieste sarebbero estese anche a certi giornalisti stranieri senza specificare la loro nazionalità. «Siamo in possesso di prove inconfutabili che certi media, giornalisti burundesi e stranieri hanno attivamente partecipato ai movimenti insurrezionali contro l’ordine democratico lanciando una campagna di propaganda e notizie false con l’obiettivo di incitare la popolazione ad abbattere le istituzioni dello Stato», dichiara il Giudice Bagorikunda.
Quello che più preoccupa è la possibilità del regime di attuare queste misure di repressione verso la popolazione e queste gravi violazioni dei diritti umani in tutta impunità. Le prese di distanza da parte della Comunità Internazionale iniziano a puzzare di ‘atti di facciata’. Nessuna misura concreta è stata ancora attuata all’infuori di una vaga minaccia delle Nazioni Unite di imporre non specificate sanzioni contro il governo burundese. Le potenze regionali, anche quelle più attive nel sostegno della democrazia, sembrano ora disinteressarsi delle sorti del Burundi. Voci all’interno del National Revolutionary Mouvement (il partito al potere in Uganda) informano che il tentativo fatto da Rwanda e Tanzania di convincere il presidente Yoweri Museveni ad adottare severe misure contro il Burundi sarebbe fallito. Il governo tanzaniano è diventato silenzioso sugli avvenimenti del Paese vicino. Anche il Rwanda, paese tra i più attivi nel sostegno della democrazia burundese, sembra aver perso l’entusiasmo e la volontà iniziali. Secondo fonti burundesi i consiglieri militari ruandesi si starebbero progressivamente ritirando dal Burundi. La presenza di consiglieri militari è sempre stata negata dal governo di Kigali.
Altre fonti di informazioni si spingono oltre e parlano di un baratto politico proposto dalla Unione Europea ed accettato dal governo di Kigali durante la recente visita del Commissario Europeo per lo Sviluppo e la Cooperazione Internazionale Neven Minica. Secondo queste fonti, Minica avrebbe proposto un riconoscimento dell’Unione Europea al terzo mandato del presidente Paul Kagame in cambio di un atteggiamento più ‘rilassato’ da parte ruandese nelle questioni di pace e sicurezza regionali. Le notizie pervenute non trovano conferme a livello ufficiale. Eppure non si può che notare un strano cambiamento della posizione originaria dell’Unione Europea riguardo alla possibilità di ottenere un terzo mandato per Paul Kagame. La posizione originale, sostenuta dalla Gran Bretagna, prevedeva un netto rifiuto ad ogni revisione costituzionale anche se espressione della volontà del popolo ruandese.
Questa posizione ora sembra essersi ammorbidita. Neven Mimica nelle dichiarazioni ufficiali fatte a Kigali durante la sua visita ha fatto intravvedere la possibilità di un atteggiamento più conciliatorio dell’Unione Europea verso le tematiche politiche interne del Rwanda. «In principio l’Unione Europea è favorevole ed appoggia tutte le decisioni sovrani che sono espresse dalla volontà popolare anche se riguardano contenuti costituzionali. Desidereremo vedere un processo costituzionale e un processo elettorale condivisi da tutta la popolazione ruandese, trasparente e inclusivo. Tra i membri dell’Unione Europea vi sono punti di divergenza al riguardo ma si assicura che l’Unione Europea provvederà ad armonizzare la sua posizione» ha affermato Neven Mimica. Dopo il parere favorevole del Parlamento il governo ruandese si appresta ad indire un referendum sulla modifica costituzionale del limite massimo stabilito per i mandati presidenziali. Secondo il parere di alcuni giornalisti ugandesi la possibilità che l’Unione Europea possa accettare un terzo mandato presidenziale non sarebbe minimamente legata all’appoggio del Rwanda alle forze democratiche burundesi. Un appoggio che rimarrebbe invariato.