sabato, 1 Aprile
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Burundi, Louis Michel chiede le dimissioni del governo

Kampala – Dura ed inequivocabile la presa di posizione sul Burundi di Louis Michel, ex Ministro degli Esteri e Vice Primo Ministro belga, attuale deputato europeo e co-Presidente della ACP-UE Joint Parliamentary Assembly, l’organo europeo che consiglia il Parlamento dell’Unione Europea sulla politica estera di Africa, Caraibi e Pacifico. «Prima del dialogo burundese dobbiamo mettere sulla tavola l’uscita di scena di questo governo che non ha rispettato gli accordi di Arusha e occupa il potere in una posizione illegale»: questo quanto pronunciato da Louis Michel durante una intervista rilasciata a RTBF (Radio Televisione Belga per la Comunità Francese) lo scorso 10 novembre.

Louis Michel, conosciuto da anni per i suoi chiari messaggi diplomatici, durante l’intervista rilasciata non lascia spazio ad interpretazioni o ambiguità. Per Michel il genocidio non è una minaccia ma una realtà. «I propositi che sono stati manifestati dalle più alte cariche cariche del governo burundese, per esempio dal presidente del Senato, molto vicino al presidente Nkurunziza e i propositi pronunciati dallo stesso Nkurunziza ricordano drammaticamente la semantica utilizzata al momento del genocidio ruandese. Il Ministro della giustizia ha risposto alle persone che sono state sloggiate illegalmente e con la forza dalle loro abitazioni, che sono state poi saccheggiate, dicendo che donerà loro delle tende. Vi immaginate un Ministro della Giustizia che dice questo? La gente vaga per le strade e si nasconde. Ci sono dei massacri ogni giorno. Il Ministro della Sicurezza Pubblica ha addirittura annunciato che sarebbe in grado di far discendere le masse hutu dalle campagne per attaccare i quartieri ribelli della capitale. Quando si esalta la violenza e si mette la popolazione contro se stessa siamo allo stadio di genocidio.  Tutte le condizioni oggi sono riunite per attivare il genocidio in Burundi».

La capacità di mobilitare le masse hutu delle campagne per il genocidio in realtà sembra non esistere, visto il fallito tentativo di iniziarlo registrato tra il 5 e il 7 settembre 2015. Le masse contadine si sentono tradite dal CNDD-FDD in quanto i dieci anni di potere di Nkurunziza hanno peggiorato drammaticamente le loro condizioni di vita ed è comparsa l’insufficienza alimentare. Michel analizza l’attuale natura del potere nel piccolo Paese africano: «Siamo dinnanzi alla deriva di una follia dei governanti. Anzi credo che lo stadio di follia sia stato già superato. Quando un Capo di Stato dichiara di essere stato incaricato da Dio a guidare il Paese significa che siamo in una situazione irrazionale dove tutto è permesso e giustificabile. Se analizziamo come dirige il Paese si comprende. In realtà non governa. Va a piantare degli alberi nei villaggi, va a giocare a calcio con dei giovani del suo villaggio per rendersi popolare nelle regioni rurali».

Interrogato sui rischi che la crisi politica burundese e i costanti tentativi di spostare lo scontro sul piano etnico siano fattori che possono compromettere la pace regionale, Michel non usa mezzi termini per spiegare la situazione esplosiva. «L’intervento di Kagame contro il rischio di genocidio non è casuale. È consapevole che c’è un rischio di contaminazione della questione etnica nel suo proprio Paese». In effetti dopo un lungo silenzio in questi giorni si sta assistendo ad una escalation diplomatica del governo ruandese. Dopo le accuse del presidente Paul Kagame rivolte al pastore Nkurunziza, reo di massacrare il suo popolo, il Ministro degli Esteri Louise Mushikiwabo in una intervista rilasciata al quotidiano tedesco ‘Die Tageszeitung’ dichiara che il gruppo terroristico FLDR, che attualmente detiene di fatto il potere in Burundi, è una minaccia regionale. Mushikiwabo informa di possedere prove inconfutabili della presenza delle FDLR in Burundi. Prove che sarebbero state fornite da alti ufficiali militari di questo gruppo terroristico che dallo scorso settembre hanno disertato dal Congo e dal Burundi consegnando alle autorità ruandesi documenti compromettenti. Secondo alcuni esperti regionali l’improvvisa attività diplomatica di Kigali è simile a quella attuata nei confronti dello Zaire (attuale Congo) nel 1995 e potrebbe preannunciare eventi inaspettati.

Nella intervista Louis Michel risulta estremamente critico verso l’Unione Europea, che, secondo lo statista belga, pronuncia discorsi che «non sono all’altezza delle nostre ambizioni. Non abbiamo alcuna capacità reale di intervenire in Burundi e proteggere la popolazione dai massacri». Michel prende le distanze su due punti cardine della tardiva operazione di contenimento del rischio di genocidio in fase di attuazione da parte della Comunità Internazionale: l’intervento di una forza di pace nel Paese per impedire o fermare il genocidio e la ripresa dei dialoghi di pace, del resto mai iniziati seriamente.

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