ll pragmatismo è una caratteristica costante della gestione politica del mondo, e lo è in modo crescente man mano che i secoli passano.
Di per sé, la real politik è buona cosa, a meno che non sconfini nel cinismo esasperato, sua malattia degenerativa.
Dico ciò perché nello stravolgimento, salutare ma molto impegnativo, delle vecchie categorie politiche, i simboli tornano ad assumere un significato ideale di grande importanza. Punti di riferimento cruciali, in genere partoriti da chi sa offrire contributi filosofici o artistici di livello superiore.
Ecco perché l’opera di Bruno Catalano, artista marsigliese originario del Marocco che non conoscevo, mi ha folgorato emergendo dal web, grande magazzino che tutto mescola senza riguardi e senza tanti scrupoli.
Catalano ha cinquantacinque anni, e per trenta ha fatto semplicemente il marinaio. Conosce le città, direbbe Francesco De Gregori. A giudicare dalle sculture mozzafiato, che ha iniziato a creare negli anni novanta, conosce anche l’uomo, i suoi limiti, la sua sofferenza.
L’uomo di Bruno Catalano è un viaggiatore, non certo un turista. Ha molti punti di contatto col migrante, a giudicare dalla sua valigia vecchio stile, dal suo sguardo determinato ma perso nel vuoto, dall’evanescenza della sua figura interrotta, incompleta come l’anima di chi è costretto a portare con sé pochi ricordi e a lasciare spazio a nuove esperienze. Viene da pensare, esperienze non sempre felici, laceranti, forse. Ma necessarie.
Ho postato immediatamente su Facebook, bisognoso di condividerla, l’immagine di quest’uomo-mare, che cambia prospettiva e significato allo spostarsi anche minimo del punto di vista dell’osservatore: nel giro di ventiquattr’ore il turbamento suscitato è stato tale da indurre più di 160 persone a cliccare ‘mi piace’ su quell’immagine. E il flusso continua.
Difficile non collegare questo plebiscito emozionale al vuoto che si è insinuato, strisciando pian piano, nel profondo delle nostre anime.
E’ immediato identificare, nei viaggiatori interrotti di Catalano, il diseredato costretto a lasciare casa sua, i suoi affetti. Ancor di più, è facile, immediato per tutti identificare noi stessi. Ognuno di noi viaggia in direzione ignota, ognuno di noi sente con chiarezza di essere mancante di qualcosa, dentro. Qualcosa che ci è stato strappato in un momento imprecisato della vita, mentre magari eravamo impegnati in qualcosa che ritenevamo importante e che , forse , tanto importante poi non era.
I viaggiatori di Bruno Catalano, les voyageurs, sono attraversati dalla vita, la attraversano.
Sono simboli, metafore che l’arte ci porge con discrezione, nel momento del bisogno. Quando è strettamente necessario.