Il Brasile ieri è andato alle urne e, come ci si aspettava, è stato uno tsunami nella politica tradizionale brasiliana. 1 brasiliano su 5 non ha votato, quelli che hanno votato, per la gran parte hanno scelto di consegnare il Paese all’estrema destra rappresentata da Jair Bolsonaro.
Bolsonaro -in politica al Congresso da quasi trent’anni con un piccolo quasi insignificante partito, trasformato in un outsider di stampo populista sul modello di Donald Trump- andrà al ballottaggio forte del 46,04% dei voti -non è riuscito raggiungere il 50% che gli avrebbe permesso di evitare il ballottaggio, risultato sul quale aveva creduto nelle ultime ore precedenti al voto-, sfidando una sinistra agguerrita rappresentata da Fernando Haddad, del Partito dei Lavoratori (PT), al 29,74%.
Il dato di queste ore è che il Paese è più diviso, oltre che dal punto di vista ideologico, anche dal punto di vista territoriale, tra un Nord-Est chiaramente di sinistra contro il resto del Paese più conservatore, e che, secondo gli analisti, il ballottaggio non sarà una passeggiata per Bolsonaro, l’esito non è per nulla scontato.
Il dato del voto di ieri è che in Brasile sta accadendo qualcosa di molto simile a quanto accaduto negli Stati Uniti nel 2016 e che sta accadendo in Europa in questi ultimi mesi. Per dirla con il politologo Fernando Schüler, è stata una tornata elettorale dirompente, che ha rovesciato gran parte dell’élite politica. L’uomo comune ha spazzato il sistema politico tradizionale. I social network hanno fatto il grande debutto nelle elezioni brasiliane, superando la portata della radio e della televisione.
Bolsonaro ha parlato di «problemi delle urne elettroniche». «Sono certo che se non ci fossero stati, avremmo avuto il nome del Presidente della Repubblica stasera», ha detto ieri il 63enne candidato in un video su Facebook. «Non possiamo rimanere in silenzio, chiederemo soluzioni al Tribunale supremo elettorale (TSE)», ha aggiunto. Se i suoi sostenitori hanno protestato contro il TSE a Brasilia al grido di ‘Brogli, brogli!’, l’ex capitano dell’Esercito non si è spinto così lontano. «Dobbiamo rimanere mobilitati, mancano tre settimane al secondo turno», ha detto.
Tra i sostenitori del 55enne Haddad, ex sindaco di San Paolo che ha sostituito l’ex Presidente incarcerato Luiz Inacio Lula da Silva nella competizione, grande sollievo nel vedere il candidato qualificato per il secondo turno. «Vogliamo unire i democratici di questo Paese», ha detto Haddad. «Vogliamo un grande progetto per il Brasile, profondamente democratico, ispirato alla ricerca instancabile della giustizia sociale».
Bolsonaro dovrà affrontare una fiera resistenza da parte di una grande parte dell’elettorato brasiliano che non sopporta le sue uscite contro donne, gay e poveri, né la sua spregiudicata nostalgia per la brutale dittatura militare che regnò in Brasile tra il 1964 e il 1985. Alcuni elettori -in particolare donne- sono andati a votare portando cartelli ‘Non Lui’ ai seggi elettorali.
Pare difficile al momento che Haddad possa vincere al secondo turno, ma non è impossibile, secondo alcuni analisti. Molti giovani stanno votando per Bolsonaro -una generazione che non ha conosciuto la dittatura. Anche i brasiliani più abbienti si sono schierati con Bolsonaro soprattutto perché stanchi della criminalità che attanaglia il Paese, Bolsonaro promette di potenziare le forze di Polizia e allentare le leggi sulle armi per i ‘buoni’ cittadini –buoni cittadini alcuni dei quali andati in cabina elettorale con la pistola. Hanno fatto presa anche le sue promesse di contrastare la corruzione e tagliare il debito pubblico attraverso le privatizzazioni.
Secondo alcune letture a caldo del risultato elettorale, la vittoria (per quanto ancora parziale) di Bolsonaro rappresenta soltanto il riemergere di un conservatorismo basato su valori radicati nell’uomo comune brasiliano, che, in questo caso, si è materializzato nel ripudio della politica tradizionale, dei partiti politici e soprattutto del Partito dei lavoratori. La società brasiliana richiede cambiamenti di comportamento e riforme; i partiti tradizionali non sono entrati in sintonia e per tanto sono stati spazzati via, primo tra tutti il PT, spezzato da anni di scandali.
Il conservatorismo brasiliano sarà molto più strutturato dopo queste elezioni, secondo Fernando Schüler, presto sarà un gruppo politico molto simile a quello che oggi rappresenta il Partito Repubblicano negli Stati Uniti. Il movimento della base è simile, sempre secondo Schüler, all’American Tea Party, per il quale è falso che dopo questo voto si sia sull’orlo del fascismo o che ci siano rischi per la democrazia, una lettura che deriverebbe dall’incapacità degli intellettuali di capire l’uomo comune. «Il pensiero medio della classe operaia brasiliana è la credenza nel merito individuale. Non gli piace il politicamente corretto».
I brasiliani più poveri, che hanno beneficiato maggiormente del periodo di massimo splendore del Paese durante il periodo in cui Lula è rimasto in carica, dal 2003 al 2010, puntano su Haddad.
Il risultato è un elettorato molto diviso. Chi alla fine vincerà la presidenza nell’ottava economia più grande del mondo si troverà alle prese con il masso rappresentato dall’ostilità ideologica della componente perdente ‘avversaria’.